• Italia
  • Giovedì 22 dicembre 2016

Le élite sono necessarie

Lo spiega lo storico Giovanni Orsina: altrimenti si finisce come il M5S, inadatto a governare e «sotto il ferreo controllo di un’oligarchia ristrettissima»

Beppe Grillo e Davide Casaleggio
(ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)
Beppe Grillo e Davide Casaleggio (ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)

Sulla Stampa di oggi lo storico e politologo Giovanni Orsina analizza i molti problemi della giunta di Virginia Raggi a Roma, spiegando che mostrano una debolezza strutturale del Movimento 5 Stelle, il partito con cui Raggi è stata eletta: il principio secondo cui bisogna fare a meno delle élite, cioè le “classi dirigenti” della società. Orsina spiega invece che la presenza di una élite «è condizione necessaria – ancorché non sufficiente – di un’azione politica e amministrativa minimamente sensata», e per offrire una direzione alla società. Lo si è visto diverse volte nel corso della storia e più di recente nel caso di Roma, dice Orsina, dove un meccanismo di selezione “dal basso” ha prodotto una classe dirigente molto divisa e almeno per il momento inadatta a governare. Tutto questo all’interno di un partito, che mentre rivendica l’assenza di una classe dirigente, «rimane sotto il ferreo controllo di un’oligarchia ristrettissima [Beppe Grillo e le persone a lui vicine] della cui compatibilità con un assetto democratico è lecito dubitare molto seriamente».

La spiegazione migliore della catastrofe del Movimento Cinque Stelle al Comune di Roma ce l’ha data quasi cent’anni fa il grande filosofo spagnolo José Ortega y Gasset. «È un errore madornale», scriveva Ortega nel 1922, saltare dal fallimento di un’élite alla conclusione che si possa fare del tutto a meno di qualsiasi élite, in virtù magari di «teorie politiche e storiche che presentano come ideale una società esente di aristocrazia». «Poiché questo è positivamente impossibile», concludeva il filosofo, «la nazione accelera la sua parabola di decadenza».

L’ascesa del Movimento 5 stelle è il frutto della convinzione, condivisa da tanti nostri concittadini, che non una, ma almeno tre classi politiche abbiano fallito: i partitocrati, gli imprenditori e i tecnocrati. Si potrebbe discutere a lungo dell’entità di questi fallimenti, e ancor più di quanto equanimi siano stati gli italiani nel pronunciare il proprio verdetto. O quanto invece non abbiano sfogato nella condanna la propria insoddisfazione per una congiuntura storica della quale, in realtà, quelle classi politiche sono responsabili soltanto in parte. Equanime o iniquo che sia, a ogni modo, è evidente che un pezzo importante del Paese di quelle tre classi politiche non vuole più sentir parlare.

Miracolato da questo triplice fallimento, il Movimento non s’è preso la responsabilità di presentare all’Italia una nuova élite, ma ha proposto – appunto – «una società esente di aristocrazia». L’accelerare della «parabola di decadenza» della sventurata città di Roma, trovatasi non senza demeriti a far da cavia alla miracolosa panacea grillina, mette oggi in piena luce fino che punto questa medicina sia non soltanto inutile, ma dannosa.

– Dal blog di Luca Sofri: “La gente come noi”

(Continua a leggere sulla Stampa)