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  • Venerdì 21 ottobre 2016

L’attacco dello Stato Islamico a Kirkuk

I miliziani dell'ISIS hanno attaccato vari edifici, ma sono stati largamente respinti nella città curda a circa due ore di auto da Mosul

(Rudaw TV via AP)
(Rudaw TV via AP)

Nelle prime ore di venerdì 21 ottobre un gruppo di miliziani dello Stato Islamico ha attaccato alcuni edifici di Kirkuk, la città irachena a maggioranza curda a 170 chilometri di distanza da Mosul, dove da alcuni giorni una coalizione internazionale ha iniziato un esteso attacco per liberare la città dal controllo dello Stato Islamico (o ISIS). L’attacco a Kirkuk era inatteso ma è stato in gran parte respinto, anche se ancora nel primo pomeriggio alcune strade sono controllate dai cecchini dello Stato Islamico, e sembra che alcuni miliziani abbiano preso alcune famiglie locali in ostaggio. Da stamattina in città è attivo un coprifuoco. Non è ancora chiaro se nell’attacco a Kirkuk siano morti civili o membri delle forze di sicurezza della città, mentre una fonte del Post ha raccontato che almeno 13 miliziani dello Stato Islamico sono morti dopo gli scontri con la polizia e i peshmerga, l’esercito del Kurdistan Iracheno.

L’attacco a Kirkuk è importante per almeno tre ragioni. Indica probabilmente che lo Stato Islamico vuole simbolicamente distogliere l’attenzione da Mosul e dimostrare di muoversi con una certa libertà anche nei territori che non controlla direttamente; e mostra un certo problema demografico e sociale a Kirkuk, che di recente ha accolto migliaia di profughi arabi della zona accusati da alcuni di simpatizzare per lo Stato Islamico. A meno di 60 chilometri di distanza da Kirkuk è inoltre situata Hawijia, una città saldamente controllata dallo Stato Islamico e da tempo obbiettivo dei peshmerga, e che probabilmente sarà attaccata dai peshmerga nei prossimi giorni anche per una forma di ritorsione per l’attacco di oggi.

L’attacco è iniziato intorno alle 3 di mattina: in diverse zone della città sono esplose autobombe e i miliziani dello Stato Islamico hanno attaccato diversi edifici fra cui il palazzo del governatore e una vecchia caserma di polizia, rimasti occupati per alcune ore. Associated Press ha scritto che diversi testimoni hanno raccontato di sparatorie ed esplosioni in città. Alcuni funzionari di sicurezza contattati dal Wall Street Journal hanno raccontato che sono state attaccate anche pattuglie di polizia e checkpoint. In una offensiva separata, tre miliziani hanno attaccato la centrale elettrica di Dibis, a 30 chilometri a nord di Kirkuk. Il sindaco di Dibis ha riferito ad Agence France-Presse che alla centrale elettrica sono morte 16 persone: 12 fra funzionari e ingegneri iracheni e 4 tecnici iraniani.

Parlando con l’agenzia di stampa curda Rudaw a metà mattinata, il capo della polizia di Kirkuk ha spiegato che gli agenti mantengono ora il controllo di tutti gli edifici della città. Il governatore della città ha consigliato agli abitanti di non scendere in strada per permettere che vengano catturati i miliziani dello Stato Islamico.

Kirkuk è una città dalla storia molto particolare e storicamente legata ai curdi iracheni. Durante il regime di Saddam Hussein, i curdi furono perseguitati e la città colonizzata a forza con iracheni di etnia araba. Dopo la caduta di Saddam e l’espansione dello Stato Islamico, la città è tornata a essere abitata in maggioranza da curdi, che attualmente compongono circa il 60 per cento della popolazione cittadina di 1 milione e 300mila abitanti.

Da tempo però circola fra i curdi una certa diffidenza nei confronti degli abitanti dei quartieri arabi, accusati di simpatizzare con lo Stato Islamico. Stamattina il capo della polizia di Kirkuk ha legittimato questi sospetti spiegando che i miliziani che hanno attaccato la città potrebbero essere stati aiutati da alcuni abitanti. Di recente la preoccupazione dei curdi è aumentata per via dell’arrivo di almeno 600mila profughi arabi provenienti dalle vicine zone di guerra, che al posto di essere ospitati in campi profughi alla periferia della città sono stati collocati nel centro, creando di fatto un problema demografico. La questione è ulteriormente complicata dal fatto che il 20 per cento degli abitanti della città è di etnia turkmena, quindi legata alla Turchia, e a sua volta divisa fra sciiti e sunniti.

Al momento a Kirkuk sono arrivate diverse forze curde da città vicine come Sulaymaniyya, segno che l’attacco dello Stato Islamico è stato probabilmente più ingente di quanto si pensasse all’inizio. Non è chiaro se il futuro attacco ad Hawijia – che si è trasformata in una specie di avamposto militare – inizierà proprio da Kirkuk o da altre città curde dei dintorni.