I giochini per allenare la mente servono davvero?

Non c'è nessuno studio scientifico affidabile che lo dimostri: forse ci rendono semplicemente migliori a fare certi tipi di operazioni

Negli ultimi anni, con l’aumento della popolarità delle neuroscienze, sono diventati sempre più comuni i giochi e i test per fare ginnastica mentale, anche chiamata allenamento cognitivo: l’idea è che si possano potenziare le proprie capacità mentali eseguendo compiti specifici, come calcoli semplici nel minor tempo possibile o esercizi di memoria. Giochi simili si possono scaricare sugli smartphone (ce ne sono anche sul sito dell’edizione italiana di Wired) e alcune delle aziende che li progettano sostengono che usarli serva a contrastare l’invecchiamento del cervello e l’insorgere di forme di demenza. Le prove sull’efficacia di questi giochi però non sembrano così convincenti, stando a un articolo di revisione di 400 studi sull’argomento fatti fino al 2015 pubblicato nel numero di ottobre della rivista scientifica Psychological Science in the Public Interest con il titolo Do “Brain-Training” Programs Work?, cioè “I programmi per allenare la mente funzionano?”.

Secondo l’articolo, realizzato da sette psicologi americani e britannici, nessuno di quei 400 studi è stato realizzato seguendo metodi scientifici rigorosi quando si trattava di mettere a confronto persone che avevano usato i giochi di allenamento cognitivo e persone che non lo avevano fatto. Alcuni studi avevano fatto test su troppe poche persone per essere affidabili oppure sono stati realizzati usando metodi statistici discutibili; in alcuni casi le attività alternative scelte per i gruppi di controllo – quelli che nei test scientifici non usano ad esempio i medicinali di cui si vuole testare l’efficacia, ma dei placebo – non avevano nulla a che fare con i giochi di cui si voleva testare l’efficacia, e quindi non potevano essere considerati placebo adeguati.

Un’altra critica fatta agli studi riguarda sempre l’effetto placebo, ma in questo caso quello che le persone che hanno partecipato ai test potrebbero aver subito pensando che facendo allenamento cognitivo avrebbero migliorato le proprie abilità: e quindi una sorta di miglioramento auto-indotto non derivante dai giochini e dagli esercizi per la mente. Secondo gli autori di Do “Brain-Training” Programs Work? per dimostrare che un gioco di ginnastica mentale è efficace bisogna avere un gruppo di controllo che faccia un’attività simile a quella fatta dal gruppo sottoposto al gioco da testare, in modo che i partecipanti allo studio non capiscano chi fa parte del gruppo di controllo e chi no. Spesso poi i risultati degli studi si basavano su autovalutazioni delle persone che vi avevano partecipato, quindi non potevano essere considerati il prodotto di misurazioni obiettive.

L’articolo di Psychological Science in the Public Interest è stato criticato dai neuroscienziati che lavorano per Posit Science, una delle aziende i cui prodotti erano testati negli studi analizzati. Secondo l’amministratore delegato dell’azienda Henry Mahncke sotto lo studio c’è il pregiudizio degli psicologi nei confronti delle neuroscienze. Mahncke ha detto al Wall Street Journal: «Negli ultimi 30 anni i neuroscienziati hanno scoperto che la plasticità del cervello esiste. Possiamo riorganizzarne la struttura e le funzioni». Do “Brain-Training” Programs Work? dice anche che nel 2013 sono stati spesi 322 milioni di dollari (cioè circa 292 milioni di euro) in programmi per la ginnastica mentale prodotti da aziende come Posit Science. Una di queste è Lumos Lab – il cui gioco Lumosity si può scaricare sia per dispostivi iOS che Android – che lo scorso gennaio ha dovuto pagare una multa di 2 milioni di dollari, cioè 1,8 milioni di euro, alla Federal Trade Commission, l’agenzia federale degli Stati Uniti che si occupa della difesa dei consumatori, per «pubblicità ingannevole dei benefici del proprio programma» di ginnastica mentale. Lumos Lab sosteneva che l’uso di Lumosity proteggesse dai danni provocati al cervello dall’invecchiamento, cosa che non è stata dimostrata scientificamente.

Lo studio più lungo sui risultati dell’uso dei giochi per l’allenamento cognitivo è stato finanziato dal governo degli Stati Uniti ed è durato 10 anni: si chiama “Active” e 2.800 persone anziane hanno partecipato. Secondo questo studio, che aveva un gruppo di controllo, i partecipanti allo studio sono migliorati in attività quotidiane come la guida e la preparazione di pasti. I risultati di “Active” sono stati presentati all’ultima Alzheimer’s Association International Conference, lo scorso luglio, e dicono che un programma per rendere più veloci le operazioni mentali che ora è prodotto da Posit Science può servire a bloccare il rischio di sviluppare la demenza. “Active” non è però stato incluso nell’analisi di Do “Brain-Training” Programs Work? perché non è stato pubblicato in una rivista scientifica in cui esperti indipendenti verificano il risultato degli studi, cioè quelle soggette al sistema di peer review. A prescindere da questo i risultati dello studio del governo statunitense si basano su autovalutazioni dei partecipanti, ha spiegato al Wall Street Journal lo psicologo Daniel Simons, il primo firmatario dell’articolo di Psychological Science in the Public Interest.

Il Wall Street Journal ha chiesto una terza opinione sull’argomento allo psichiatra Murali Doraiswamy, direttore del programma sui disturbi cognitivi della Duke University, nel North Carolina. Doraiswamy ha detto al WSJ che l’articolo di Simons e colleghi è valido perché gli studi sugli esercizi di ginnastica mentale hanno dato risultati contrastanti. In particolare non ci sono prove del fatto che facendo un certo esercizio con un gioco di allenamento cognitivo ci siano effetti positivi su attività quotidiane, si sa solo che continuando a fare lo stesso esercizio si migliora. C’è però un’eccezione: la coordinazione tra occhi e mani si può migliorare usando giochi di simulazione. In generale, secondo Doraiswamy, negli Stati Uniti servirebbe un’agenzia governativa in grado di valutare l’efficacia degli studi su questi giochi, un analogo di quella che esiste per i farmaci. La Duke University e la Columbia comunque stanno lavorando a una ricerca che metterà a confronto l’utilizzo dei giochi di ginnastica mentale con i cruciverba, per valutare quanto siano efficaci nel prevenire la demenza.