Chi è Chiara Appendino, il nuovo sindaco di Torino

Da tempo i giornali la definiscono una "grillina anomala": ha 31 anni, ha studiato alla Bocconi e ha lavorato anche alla Juventus

(ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)
(ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)

Chiara Appendino del Movimento 5 Stelle è diventata il nuovo sindaco di Torino, dopo aver vinto il ballottaggio delle amministrative contro il candidato del Partito Democratico – e sindaco uscente – Piero Fassino. La vittoria di Appendino è arrivata a sorpresa, diversamente da quella di Virginia Raggi a Roma, ampiamente prevista dai sondaggi. Appendino al ballottaggio ha ottenuto il 54,56 per cento dei voti, Fassino il 45,44 per cento.

Chiara Appendino ha 31 anni, è laureata in Economia all’università Bocconi di Milano e ha cominciato a fare politica nel 2010. L’anno successivo è stata eletta in consiglio comunale (prima, tra le altre cose, si era occupata per due anni e mezzo di pianificazione finanziaria nella Juventus). Repubblica l’ha definita una «grillina anomala, pacata nei toni e attenta a non fare false promesse elettorali». Viene considerata piuttosto indipendente dagli organi direttivi del Movimento 5 Stelle: per esempio non ha firmato il “contratto” che vincola Virginia Raggi e gli altri consiglieri comunali eletti a Roma allo staff del M5S. In passato Chiara Appendino ha detto di sentirsi «totalmente» a suo agio e «integrata nel Movimento», ma anche di seguire poco le dinamiche nazionali del M5S: «Mi occupo del territorio e del bene della mia città».

La Stampa ha scritto che durante gli anni da consigliera, Appendino ha dato molto fastidio a Fassino: «Nessuno più di lei è stato mai, di fatto, gratificato da Fassino del ruolo di vero oppositore, come se lui in fondo le riconoscesse da anni uno status e, nonostante tutto, ne avesse considerazione». Appendino è considerata molto popolare tra gli imprenditori della città. L’Espresso ha scritto che «quello di Chiara è il mondo della buona borghesia imprenditoriale torinese», anche perché suo padre è stato per trent’anni dirigente e ora è vicepresidente esecutivo di Prima Industrie, un’azienda che si occupa di macchinari laser e il cui presidente è Gianfranco Carbonato, che guida Confindustria Piemonte. Appendino è sposata con un giovane imprenditore con cui pochi mesi fa ha avuto un figlio (ha iniziato incinta la campagna elettorale e ha partorito lo scorso 19 gennaio). Oggi, oltre a fare politica, lavora nell’azienda di famiglia.

Durante la campagna elettorale, Appendino ha preso posizioni nette su diverse questioni. Per esempio si è detta contraria alla TAV (il collegamento ferroviario Torino-Lione), per motivi sia ambientali che economici: «Conti alla mano, i costi sono nettamente superiori ai benefici. Le ingenti risorse necessarie per la realizzazione dovrebbero essere utilizzate per tante piccole opere utili alla collettività». Non è stato un caso che il lancio della sua candidatura – avvenuto a settembre alla Falchera, il quartiere simbolo operaio di Torino – era stato sostenuto da Laura Castelli, storica militante No TAV piemontese. Appendino si è anche detta favorevole all’approvazione del reddito di cittadinanza, un sussidio universale e non condizionato: in altre parole lo ricevono tutti quanti, per un tempo indefinito e indipendentemente dalla loro ricchezza o da altri redditi che percepiscono.

Sulla questione dei rom, Appendino ha parlato della chiusura dei campi e ha proposto la chiusura del Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Corso Brunelleschi, cioè uno di quei centri in cui vengono trattenuti gli stranieri verso cui è stato deciso un provvedimento di espulsione o respingimento: secondo Appendino, queste misure andrebbero però accompagnate da un lavoro di reinserimento scolastico per i bambini e da percorsi socio-lavorativi per gli adulti. Ha anche proposto il pagamento della sosta per i sinti itineranti (quelli che in senso dispregiativo vengono definiti “zingari”).