Il metodo per vincere a Scarabeo

È quello che usano i nigeriani, che sono fortissimi, e non è scontato: comporre parole più corte, fare meno i fenomeni

(Orlando /Three Lions/Getty Images)
(Orlando /Three Lions/Getty Images)

La Nigeria è il paese più popoloso dell’Africa: ha più di 180 milioni di abitanti che parlano più di 500 lingue diverse. Molti di loro giocano a calcio, ma la nazionale nigeriana non è fortissima: in compenso la Nigeria va fortissimo a Scrabble, il gioco inglese a cui si ispira l’italiano Scarabeo. La Nigeria – in cui si parla una sorta di inglese semplificato da alcuni chiamato broken english – è lo stato al mondo con più giocatori tra i 200 migliori campioni di Scrabble, ed è anche lo stato di Wellington Jighere, il campione mondiale in carica di Scrabble, che nel novembre 2015 ha battuto in finale il britannico Lewis Mackay.

scarabeoWellington Jighere, col trofeo vinto nel 2015 (PIUS UTOMI EKPEI/AFP/Getty Images)

Jighere – che ha 33 anni – e gli altri forti giocatori nigeriani stanno cambiando il modo in cui si gioca a Scrabble, facendo qualcosa di apparentemente sbagliato che però funziona. Un po’ come quando il saltatore in alto Dick Fosbury si mise a saltare con la schiena rivolta verso l’asticella. Della rivoluzione dei giocatori di Scrabble nigeriani ha parlato anche il Wall Street Journal, ed è tanto semplice quanto controintuitiva: si basa sul comporre parole più corte, anche a costo di fare meno punti di quanti se ne potrebbero fare nella migliore delle soluzioni possibili.

Breve premessa per quei due che non hanno mai giocato a Scarabeo

Lo Scrabble è un gioco da tavolo in cui diversi giocatori devono disporre lettere su una scacchiera, con l’obiettivo di formare parole di senso compiuto. Alcune caselle della scacchiera permettono di fare punti extra e le lettere da usare si pescano di volta in volta da un sacchettino. Anche le lettere valgono punti: una A, facile da usare, vale poco; una Z vale di più. Lo scopo è fare più punti dell’avversario usando le giuste lettere nei giusti posti. Il principio di base è che ogni nuova parola che si mette sulla scacchiera deve incastrarsi con tutte le altre, senza che ci sia mai un insieme di lettere che non formino una parola di senso compiuto.

Lo Scrabble (un marchio di proprietà della Hasbro, commercializzato fuori dagli Stati Uniti dalla Mattel) ha una scacchiera di 15 caselle per 15; di volta in volta i giocatori hanno sette lettere a disposizione. Nello Scarabeo – il cui creatore fu accusato di violazione di diritto d’autore e poi prosciolto – la scacchiera è invece di 17 per 17 e le lettere a disposizione sono otto per ogni turno. Cambia anche il sistema dei punteggi ma, in sintesi, saper giocare a Scarabeo vuol dire saper giocare a Scrabble. Lo scopo è sempre lo stesso: trovare parole di senso compiute – il più lunghe e complesse possibile, in teoria – partendo da un mucchio di lettere a caso.

Scrabble non è un gioco

Jighere ha detto al Wall Street Journal che Scrabble non è un gioco, almeno non nel suo paese: «La Nigeria è uno di quei posti in cui lo Scrabble è visto come uno sport». Quindi i nigeriani si sono messi a studiare per bene la giusta tattica per vincere, sfruttando anche i dati analitici forniti dai computer che, spiega il Wall Street Journal, hanno mostrato «i rischi nascosti dietro alle parole lunghe». Sono soprattutto due: le parole lunghe danno più possibilità agli avversarsi di attaccarsi alle lettere lasciate libere, per creare le loro parole; le parole lunghe costringono i giocatori a usare del tutto o quasi le lettere a loro disposizione e pescarne di nuove.

Un giocatore che ha appena usato tutte le sue lettere non sa con cosa avrà a che fare nel turno successivo. Il rischio è che a una giocata da tanti punti ne segua una sfortunata, resa difficile da lettere che si incastrano male tra di loro. Anche perché «dopo milioni di partite simulate al computer, gli strateghi dello Scrabble hanno capito che le mani sfortunate capitano più spesso di quanto si pensasse». In più la scacchiera dello Scrabble è fatta in modo tale che anche con parole corte si possano sfruttare tante caselle che danno punti extra, raddoppiando o triplicando il valore della lettera o della parola sotto la quale quelle caselle si trovano.

In pratica i nigeriani, e adesso quasi tutti gli altri, hanno capito che si deve fare un po’ come a scacchi e pensare alle mosse future, oltre che a quelle presenti. Fare tantissimi punti in una mano spesso vuol dire rischiare di farne pochi in quella dopo. Meglio distribuire equamente i punti, pensare più a lungo termine e portare a casa il risultato con costanza, senza cercare strappi o grandi giocate: una parolina dopo l’altra. Servono saggezza e capacità di gestione della partita, più che creatività nel trovare la parola da tantissimi punti: fare i fenomeni è controproducente. Stefan Fatsis, autore del libro Word Freak: Heartbreak, Triumph, Genius and Obsession in the World of Competitive Scrabble Players, ha detto: «La domanda da porsi quando si gioca a Scarabeo è: “cosa farebbe un robot?”».

Jighere ha detto: «Avevamo un complesso d’inferiorità. Quegli altri [i britannici] sono più padroni della lingua, conoscono così tante parole». Jighere quindi gioca sulla difensiva e prima ancora di pensare a fare tanti punti pensa a farne fare pochi all’avversario. Un esempio: nella finale del novembre 2015 sulla scacchiera c’era una S, a cui Jighere attaccò le lettere REPAIR, facendo 30 punti. Avrebbe potuto fare anche formare la parola PEREIRAS, che gli sarebbe valsa 86 punti. Decise di no, per tenersi la E per la fase successiva, evitando di metterla a disposizione dell’avversario. La partita si può rivedere qui sotto: