• Moda
  • Giovedì 21 aprile 2016

I vestiti stropicciati di Issey Miyake

Con tessuti naturali, poliestere e tantissima carta plissettata e impermeabile

di Enrico Matzeu – @enricomatzeu

Issey Miyake circondato da modelle dopo la sfilata deilla sua collezione alla Settimana della moda di Parigi, ottobre 1993 
(AP Photo/Lionel Cironneau)
Issey Miyake circondato da modelle dopo la sfilata deilla sua collezione alla Settimana della moda di Parigi, ottobre 1993 (AP Photo/Lionel Cironneau)

Issey Miyake è tra gli stilisti più importanti del Novecento, famoso soprattutto per la ricerca sui materiali, l’impiego della carta come tessuto e la capacità di unire materiali e tecnologie nuove con le tecniche artigianali più tradizionali, come spiega sul Guardian la giornalista di moda Tamsin Blanchard. I suoi abiti sono sempre realizzati con tessuti naturali, con la carta – ne ha progettate anche di impermeabili e cucibili – e con il poliestere. Il suo stile è molto vicino alla tradizione del costume giapponese, sia nell’uso delle forme che dei colori, che è però riuscito a rinnovare profondamente. Quest’anno Miyake festeggia 45 anni di attività, e per l’occasione il National Art Centre di Tokyo gli ha dedicato una mostra, inaugurata il 16 marzo, che ripercorre il suo lavoro e i suoi abiti.

Issey Miyake è nato nel 1938 a Hiroshima, la città su cui nel 1945 gli americani lanciarono la bomba atomica durante la Seconda guerra mondiale: a causa delle radiazioni cammina ancora oggi zoppicando leggermente. Dopo aver studiato disegno grafico alla Tama Art University di Tokyo, andò a Parigi per studiare moda e lavorò con lo stilista Hubert de Givenchy. Nel 1970 fondò la sua casa di moda, il Miyake Design Studio; ha sempre lavorato tra Tokyo e Parigi.

Gli abiti di Miyake, anche se sfilano seguendo i calendari delle tradizionali settimane della moda, non sono quasi mai stagionali, possono essere indossati sia dagli uomini che dalle donne, e sono caratterizzati da praticità e funzionalità. Anche per questo hanno prezzi abbastanza accessibili o comunque mediamente meno cari degli altri abiti firmati. Miyake è considerato un precursore della moda sostenibile, che oggi molte aziende praticano soprattutto per un ritorno di immagine. Al Guardian ha detto: «a Parigi chiamiamo le persone che fanno i vestiti couturier. Loro creano nuovi oggetti da indossare, ma il lavoro dello stilista è fare qualcosa che funzioni anche nella vita reale».

Miyake lavora molto sulla consistenza del tessuto, preferendo quelli stropicciati e ripiegati, e utilizza molto la tecnica del plissé, le piccole pieghe ravvicinate che danno ai vestiti l’effetto fisarmonica. Il suo vestito più famoso si chiama A-POC, l’acronimo di “a piece of clothing” (un pezzo di vestiario): realizzato nel 1999, più che un abito è stata una vera e propria installazione e un’innovazione dal punto di vista tessile. È un lungo pezzo di tessuto, filato senza bisogno di essere cucito né tagliato, indossato contemporaneamente da decine di modelle sulla passerella.

Negli anni Issey Miyake ha avuto anche un grosso successo di vendite: oggi ha 133 negozi in Giappone e 91 nel resto del mondo. Ha otto linee di abbigliamento e borse, oltre agli orologi e ai profumi. Nel 1994 Miyake ha lasciato la direzione creativa della linea uomo al suo assistente Naoki Takizawa – che è anche direttore creativo del marchio giapponese di vestiti low cost Uniqlo – e nel 1999 anche di quella femminile, che dal 2011 è disegnata da Yoshiyuki Miyamae. Miyake continua a supervisionare tutte le collezioni, ma si dedica a tempo pieno al laboratorio dove progetta nuovi tessuti e nuove tecniche di lavorazione. Il suo braccio destro è da sempre Midori Kitamura, che ha iniziato a lavorare con lui come modella e che oggi è la presidente della sua azienda.