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  • Lunedì 4 aprile 2016

Gli islamisti radicali ancora in libertà dopo Parigi e Bruxelles

Il Wall Street Journal ha visto documenti giudiziari del Belgio e scrive che ci sono ancora almeno altre 22 persone coinvolte negli attacchi di Parigi e Bruxelles

Place de la Bourse a Bruxelles (KENZO TRIBOUILLARD/AFP/Getty Images)
Place de la Bourse a Bruxelles (KENZO TRIBOUILLARD/AFP/Getty Images)

Il Wall Street Journal scrive che almeno 22 islamisti radicali, coinvolti in un modo o nell’altro negli attentati di Parigi del 13 novembre 2015 e poi in quelli di Bruxelles del 22 marzo 2016, sono ancora in libertà. Molti di questi sono stati coinvolti in precedenti operazioni dello Stato Islamico (o ISIS) e quasi tutti hanno trascorso dei mesi o degli anni in Siria come combattenti.

Da una serie di interviste e atti giudiziari riservati visti dal Wall Street Journal, i sospettati farebbero parte di una vasta rete di giovani che ha sviluppato un profondo odio verso l’Occidente dopo aver aderito all’Islam radicale nel quartiere di Molenbeek, a Bruxelles. Di questa rete fanno parte diverse cellule che sarebbero diventate centrali nei piani dello Stato Islamico per colpire l’Occidente. Il Belgio era già considerato prima degli attentati il paese europeo più vulnerabile al terrorismo: negli ultimi anni dal territorio belga era partito un numero di “foreign fighters” (i combattenti stranieri che vanno a combattere il jihad in Siria e Iraq) senza eguali in Europa, se rapportato con la popolazione nazionale.

I 22 uomini su cui si stanno concentrando gli investigatori comprendono alcuni tra quelli perseguiti in contumacia lo scorso anno nel corso del più grande processo per terrorismo nella storia del Belgio (46 persone erano state accusate di lavorare come membri di un’organizzazione per inviare combattenti in Siria) e altri legati alla preparazione di un attentato, poi sventato, sempre lo scorso anno contro alcune stazioni di polizia del paese.

I due membri più influenti della rete erano Khalid Zerkani, un “predicatore” di origine marocchina considerato uno dei reclutatori più prolifici d’Europa verso la Siria, e Abdelhamid Abaaoud, l’uomo considerato l’organizzatore degli attacchi di Parigi e Saint-Denis. Zerkani è già stato condannato in Belgio ed è in attesa di giudizio in un secondo processo, Abaaoud è stato ucciso il 19 novembre a Saint-Denis durante un’operazione di polizia. Quelli ancora in libertà sono diventati un obiettivo fondamentale per gli investigatori: «Almeno sappiamo chi sono», ha detto un funzionario delle forze di polizia del Belgio. Il Wall Street Journal, ha ricostruito le storie di alcune di queste persone.

Sospetti

Tra i fuggitivi ci sarebbe Sami Zarrouk, 32 anni, di origine tunisina, che ha vissuto anche a Molenbeek. Qualche anno fa Zarrouk aveva minacciato di portare con sé la moglie in Afghanistan e aveva dimostrato l’intenzione di diventare un attentatore suicida. Quando i genitori di lei si sono opposti, lui è partito da solo per la Siria unendosi allo Stato Islamico. «Considero Sami un pericolo per la società», ha detto il suocero di Zarrouk durante gli interrogatori le cui trascrizioni sono state viste dal Wall Street Journal. Zarrouk ha partecipato «assiduamente» alle riunioni guidate da Zerkani alla moschea Luqman di Bruxelles e in alcuni appartamenti di Molenbeek, secondo i documenti depositati da un tribunale belga lo scorso luglio nel processo contro Zerkani, Abaaoud e Zarrouk per reati di terrorismo. Zarrouk ha lasciato la propria casa nel luglio del 2013, dicendo alla moglie che sarebbe andato in Tunisia per visitare la famiglia: aveva preso un aereo per Roma e poi per Istanbul e dopo qualche settimana aveva telefonato alla moglie dicendole di prendersi cura di sé e del loro figlio. A dicembre, secondo i documenti, il suocero di Zarrouk aveva ricevuto un messaggio da un numero di cellulare siriano in cui si diceva: «Dillo a Leila, divorzio da lei». Il Belgio ha emesso un mandato di arresto internazionale contro Zarrouk nel febbraio del 2015.

Le autorità dicono poi di essere particolarmente preoccupate per le persone legate a Abaaoud. Una di queste sarebbe Noureddine Abraimi, 29 anni, originario di Molenbeek che ha lasciato la moglie incinta e tre bambini per unirsi allo Stato Islamico in Siria verso la fine del 2014. Nel gennaio del 2015 la polizia belga ha fatto irruzione nella sua casa, sospettando che stesse fornendo supporto logistico per un attacco poi sventato che Abaaoud stava organizzando contro la polizia belga. Giorni prima, due persone legate a Abaaoud erano state uccise in una sparatoria con la polizia a Verviers, vicino a Liegi, nel sud-est del paese e vicino al confine con la Germania. Il Belgio aveva emesso dei mandati di arresto contro Abraimi e otto dei suoi presunti complici. Uno dei fratelli di Abraimi, durante un’intervista, aveva detto che Noureddine era «andato in guerra»: «Gli ho scritto su Facebook che non c’era bisogno di abbandonare quattro bambini per una guerra che non ha nulla a che fare con lui». Noureddine Abraimi ha risposto che non poteva vivere tra «gli infedeli». Un altro dei fratelli di Noureddine Abraimi, Lazez, è stato arrestato dopo gli attacchi di Parigi dello scorso novembre con l’accusa di aver aiutato uno dei presunti attentatori, Salah Abdeslam, a fuggire. L’avvocato di Lazez Abraimi ha detto che non c’è però alcuna prova concreta che giustificasse la detenzione del suo cliente e pensa che verrà rilasciato a fine mese.

Un altro stretto collaboratore di Abaaoud è Yoni Mayne, un belga di 25 anni originario del Mali che ha partecipato alle riunioni di Zerkani, sempre secondo i documenti del tribunale. Sua madre ha raccontato alle autorità come il figlio si fosse radicalizzato, come a un certo punto avesse cominciato a farsi crescere la barba e vestirsi con abiti tradizionali: «Un giorno ha minacciato di uccidermi, perché ero il diavolo» ha detto. Nel gennaio del 2014, Mayne ha accompagnato Abaaoud in Siria: quello stesso anno un giornale jihadista aveva pubblicato la foto di un corpo dicendo che era di Mayne e che era morto, ma ci sono molti dubbi sull’autenticità di quella notizia. I funzionari belgi ritengono che la sua morte sia stata una messa in scena e i servizi segreti francesi hanno recentemente fatto circolare un bollettino sollecitando gli agenti alla ricerca di Mayne e di altri sospetti terroristi.