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  • Giovedì 31 marzo 2016

Questo è uno scoglio o un’isola?

È la domanda a cui dovrà rispondere il tribunale dell'Aia, risolvendo una contesa territoriale tra Cina, Filippine e Taiwan

Taiping nell'arcipelago delle Spratlys, 23 marzo 2016 (SAM YEH/AFP/Getty Images)
Taiping nell'arcipelago delle Spratlys, 23 marzo 2016 (SAM YEH/AFP/Getty Images)

Mercoledì 23 marzo il governo di Taiwan ha organizzato un viaggio per giornalisti a Taiping, la più grande isola naturale delle Spratly, l’arcipelago del Mar Cinese Meridionale tra le coste del Vietnam e delle Filippine conteso da sei diversi paesi per le sue risorse naturali e per la sua posizione strategica. L’isola, rispecchiando l’incertezza sull’attribuzione di tutto l’arcipelago, ha diversi nomi – Taiping e Itu Aba sono i principali, Ba Binh e Ligao i meno utilizzati – ma la questione per cui se ne parla in questi giorni è un’altra: non è ancora stato stabilito se effettivamente sia un’isola o invece uno scoglio. Può sembrare una questione da poco, ma dalla definizione dipende anche l’attribuzione delle zone di mare circostanti a Taiping: se fosse un’isola il mare sarebbe di chi controlla l’isola, che al momento è occupata e amministrata da Taiwan ma rivendicata dalla Cina; se fosse uno scoglio il mare sarebbe invece delle Filippine, nelle cui acque territoriali si trova Taiping.

La questione sarà risolta entro la prossima estate dalla Corte permanente di arbitrato dell’Aia, a cui si è rivolto il governo delle Filippine, ed è molto importante per almeno due motivi: avrà implicazioni legali per tutti i governi che rivendicano la proprietà dell’arcipelago e sarà anche la prima decisione che potrebbe frenare le mire di espansione della Cina nel Mar Cinese Meridionale. Tutta la zona di mare compresa tra Vietnam, Malesia e Filippine è da tempo rivendicata dalla Cina, che ha aumentato la sua presenza militare nella zona e ha costruito diverse isole artificiali, alle quali verrebbe estesa la decisione del tribunale dell’Aia: se Taiping sarà definito uno scoglio, lo saranno anche le isole artificiali costruite dalla Cina, che quindi non potrebbe più rivendicare il controllo di quell’area di mare.

La questione, infine, è ulteriormente complicata dal fatto che Taiwan non è uno stato riconosciuto internazionalmente (è controllato dal governo esiliato dalla Cina dopo la rivoluzione) e non può chiedere l’arbitrato del tribunale dell’Aia: in tutto questo, quindi, si sta limitando a rivendicare il suo diritto a controllare l’isola. Taiping, in quanto scoglio, al momento si trova nell’area di sfruttamento economico delle Filippine (tratteggiata in blu nella mappa) ma se dovesse diventare un’isola otterrebbe una sua zona di sfruttamento economico, a danno delle Filippine. La zona compresa dalla linea tratteggiata rossa è invece quella rivendicata dalla Cina (e anche da Taiwan, senza che la cosa però abbia davvero un peso).

cina-mappa

In sintesi: le Filippine hanno fatto ricorso al tribunale dell’Aia per scongiurare la possibilità che la Cina rivendichi anche dal punto di vista legale il controllo del Mar Cinese Mediorientale, la Cina si oppone e vuole che le sue isole artificiali siano riconosciute come tali, Taiwan sta complicando parecchio le cose (gli Stati Uniti hanno definito “di poco aiuto” il suo atteggiamento).

Itu Aba, o Taiping
Per la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del mare alle isole riconosciute come tali è associata una zona di sfruttamento economico esclusivo fino a 200 miglia marine. La zona di sfruttamento è un’area di mare entro una certa distanza dalla costa per cui ogni stato ha dei particolari diritti, per esempio quello della pesca e dello sfruttamento delle risorse naturali, e non spetta agli scogli, cioè a quelle aree «che non si prestano all’insediamento umano e a una vita economica autonoma».

Con l’organizzazione del viaggio, il governo di Taiwan voleva dimostrare come Taiping fosse effettivamente un’isola in grado di accogliere degli insediamenti umani e non semplicemente uno scoglio come dicono invece le Filippine. I 167 agenti della Guardia costiera taiwanese che sorvegliano la zona coltivano ortaggi e allevano galline e capre. Sull’isola ci sono quattro pozzi di acqua dolce, un piccolo ospedale, dei pannelli solari, un tempio cinese, un faro, un molo e una pista d’atterraggio per gli aerei. Per gli invitati è stato preparato un pranzo a base di pollo, pesce, zucca, papaia e riso, tutti prodotti localmente, ad eccezione del riso.

Taiwan South China Sea(AP Photo/Johnson Lai)

Se il tribunale dell’Aia concludesse che Taiping è un’isola, all’isola spetterebbe anche il diritto di una zona economica esclusiva e quello alla costruzione di isole artificiali. Questo permetterebbe alla Cina stessa di ottenere una copertura legale per il riconoscimento delle isole artificiali che sta costruendo nel Mar Cinese Meridionale. Se invece il tribunale decidesse che Itu Aba è uno scoglio la Cina vedrebbe indebolita la propria posizione nella disputa e perderebbe un importante argomento per giustificare attraverso il diritto internazionale le proprie rivendicazioni.

Gli avvocati che difendono il governo delle Filippine all’Aia hanno detto che il viaggio promosso dal governo di Taiwan è stato organizzato con il solo obiettivo di fare propaganda, che la sopravvivenza a Itu Aba (come loro chiamano lo scoglio) è impossibile senza rifornimenti provenienti dall’esterno, che non si produce acqua potabile sufficiente per sostenere un’intera comunità per un periodo prolungato di tempo, che il terreno non è adatto all’agricoltura e che le autorità hanno trasportato fino a lì della terra fertile per aiutare gli ortaggi a crescere. Ying-jeou Ma, presidente di Taiwan, ha invece negato ogni accusa invitando sull’isola i cinque giudici del tribunale dell’Aia a verificare direttamente la situazione. L’ambigua posizione di Taiwan, tuttavia, sta complicando parecchio le cose e in un certo senso sta facendo il gioco della Cina, che trarrebbe vantaggio da un’eventuale decisione sfavorevole alle Filippine.

TAIWAN-PHILIPPINES-CHINA-SPRATLYS-POLITICS(Il comando della Guardia costiera taiwanese a Taiping: sull’isola c’è anche un piccolo ospedale, alcune case e una pista di decollo per piccoli aerei lunga quanto tutta l’isola/ Getty Images)

La storia delle aree contese
Tutta la questione delle aree contese è nata nel 1947, quando l’allora governo cinese – quello che oggi ha sede a Taiwan – fece alcune vaghe rivendicazioni su una serie di isole disabitate nel Mar Cinese Meridionale, alcune delle quali a migliaia di chilometri dalle coste cinesi e a poche decine da quelle di Vietnam, Filippine e Malesia. Nel 1949, con la fondazione della Repubblica Popolare Cinese guidata dai comunisti, il nuovo governo fece proprie le rivendicazioni precedenti dei nazionalisti, che però non rinunciarono alle loro una volta spostati a Taiwan. La Cina sostiene che i territori compresi nel Mar Cinese Meridionale facciano parte da duemila anni dello stato cinese, lo stesso fa Taiwan mentre i paesi che si oppongono sostengono che l’interesse della Cina si sia manifestato solo dopo la fine della Seconda guerra mondiale.

La linea a “U” – che in inglese è indicata con l’espressione “nine-dotted line” – è però in conflitto con le cosiddette “zone di sfruttamento economico esclusivo” di tutti i paesi che si affacciano sul Mar Cinese Meridionale e che avanzano a loro volta delle rivendicazioni: Filippine, Malesia, Taiwan, Brunei e Vietnam. La questione è tornata di attualità nel corso del 2014, quando il governo cinese ha cominciato la costruzione di quella che è stata soprannominata la “Grande muraglia di sabbia”, cioè l’ingrandimento di una serie di isolette e barriere coralline disabitate, propedeutico, si pensa, alla costruzione su quelle isole di strutture permanenti.