Sergio Parisse e il problema del rugby italiano

«Alcuni ragazzi hanno imparato più un mese nel Sei Nazioni che due anni col club. Bisogna farsi qualche domanda», ha detto il capitano della nazionale dopo l'ennesima sconfitta dell'Italia

(Michael Steele/Getty Images)
(Michael Steele/Getty Images)

Il 12 marzo l’Italia ha perso 58 a 15 contro l’Irlanda la sua quarta partita del Sei Nazioni 2016, giocando piuttosto male: l’ultima vittoria della nazionale italiana al torneo risale a più più di un anno fa, nel febbraio 2015 contro la Scozia. Sergio Parisse – il capitano della nazionale italiana di rugby e uno dei più forti giocatori al mondo – ha provato a spiegare ieri dove sta il problema del rugby italiano. Secondo Parisse e secondo molti altri commentatori è una questione di mancanza di esperienza internazionale: le squadre italiane di club sono gestite male, il livello nazionale è molto basso e i giocatori non hanno praticamente mai la possibilità di misurarsi con degli avversari forti come quelli che incontrano al Sei Nazioni. Parisse ha detto:

Alcuni ragazzi hanno imparato più un mese nel Sei Nazioni che due anni col club. Bisogna farsi qualche domanda.

Parisse ha poi spiegato che secondo lui bisogna mettere i giovani nella condizione di giocare partite importanti ma ha anche detto che è tutto il movimento del rugby italiano che deve provare a cambiare strada e fare le cose in maniera diversa.

Un’involuzione? Sì, se si vede il risultato. C’è un cambio generazionale, sono tanti i ragazzi che muovono i loro primi passi: non è una scusa o un alibi. Questa è la realtà, bisogna restare positivi e aiutarli a crescere per il futuro. C’è da capire che si può sempre migliorare e come movimento dobbiamo renderci conto che bisogna cambiare strada e vedere se le cose finora fatte ci hanno dato risultati o no.

L’Italia partecipa al Sei Nazioni dal 2000: da allora ha giocato 84 partite e ne ha vinte solo 12. Dal 2000 l’Italia è arrivata ultima in 10 edizioni e per cinque volte non ha vinto nemmeno una partita.

La popolarità del rugby in Italia, dal 2000 a oggi, è sicuramente aumentata; è aumentato anche il numero di praticanti e iscritti ai club. La federazione (FIR) ha un bilancio annuale tra i 40 e i 50 milioni di euro e altri contributi vengono versati ogni anno dagli organi internazionali per favorire lo sviluppo dello sport. Negli ultimi anni il rugby italiano è diventato più ricco e popolare. Secondo alcuni esperti quello che finora è mancato è stato però lo sviluppo delle retrovie, cioè dei club e dei settori giovanili, che paragonati a quelli delle cinque federazioni europee più importanti sono ancora più indietro di quanto lo sia la nazionale nel Sei Nazioni.