E se in Italia ci fosse la stessa corruzione che c’è in Germania?

Quanto aumenterebbe il reddito degli italiani? Un esperto spiega seriamente i costi della corruzione e perché è complicato calcolarli

(©Roberto Monaldo / LaPresse)
(©Roberto Monaldo / LaPresse)

Lucio Picci è professore ordinario al dipartimento di Scienze Economiche dell’Università di Bologna: ha lavorato per organizzazioni internazionali come la Commissione Europea e la Banca Mondiale e, in qualità di “esperto”, presso diverse amministrazioni del governo italiano. Attualmente è anche membro della “Commissione per la garanzia della qualità dell’informazione statistica” presso la presidenza del Consiglio dei ministri. Picci ha di recente pubblicato un articolo (citato anche dal Sole 24 Ore) sulla corruzione in Italia, calcolando quanto sarebbe il reddito annuale degli italiani se in Italia ci fosse la stessa corruzione che c’è in Germania (cioè meno). La ricerca è divisa in quattro parti: perché è difficile misurare il costo della corruzione, una stima del suo costo, la spiegazione della bufala delle cifre diffuse da molti giornali che hanno riportato che la corruzione costa al paese 60 miliardi di euro all’anno e, infine, qualche idea su come affrontare il problema.

Se in Italia ci fosse la stessa corruzione che c’è in Germania, il reddito annuale degli italiani sarebbe più alto di quasi 10 mila Euro (o 585 miliardi circa di Euro in più di reddito nazionale): è un calcolo molto approssimativo, ma trasparente nel dichiarare i suoi limiti. Esso mostra soprattutto che calcolare il costo della corruzione è difficile, e tutto sommato non così interessante.

Procedo per quattro tappe. Per primo, spiego perché non abbiamo un’idea precisa di quanta corruzione vi sia in Italia. Secondo, fornisco una stima del suo costo – più precisamente, del costo per “non essere la Germania”, dove c’è meno corruzione che da noi. Adotto una procedura con molti limiti che ognuno potrà valutare. Terzo, considero un paio di stime del costo della corruzione diffuse dai mezzi di informazione, e mostro che si tratta di “bufale”. Per ultimo, argomento che, anche senza conoscere con alcuna precisione il costo della corruzione in Italia, ne sappiamo abbastanza per convincerci che il problema è molto serio. E propongo qualche idea su come affrontarlo.

1. Perché la domanda è difficile?

Misurare il costo della corruzione è arduo per la somma di tre ostacoli. Per primo, abbiamo un’idea solo vaga di quanta corruzione vi sia. Secondo, anche se ne avessimo contezza, calcolarne il costo sarebbe comunque complicato (l’entità del fenomeno, e il suo costo, non sono la stessa cosa). Terzo, la corruzione ha dei costi non soltanto economici, e per questo difficili da quantificare.
Misurare la corruzione

I corrotti e i corruttori commettono un reato, e se interpellati sono assai restii a dichiarare i loro misfatti, anche garantendo il loro anonimato. Del resto, le “statistiche giudiziarie” (come il numero dei condannati o degli indagati per reati di corruzione) non aiutano, perché la percentuale dei condannati (o inquisiti) rispetto al totale dei rei è ignota e varia considerevolmente da paese a paese.

Per questi motivi gli indici di corruzione perlopiù si affidano alla percezione del fenomeno, misurata chiedendo a persone “informate” quale sia, secondo loro, il livello di corruzione in un certo paese. La più nota di queste misure è il Corruption Perception Index (CPI), pubblicato annualmente da Transparency International, un’organizzazione non governativa con sede a Berlino. In base ad esso (vedi qui, per il 2014 – in inglese), il livello di corruzione in Italia è tra i più alti in Europa. Al primo posto, il più virtuoso in una graduatoria di 175 paesi, troviamo la Danimarca. L’Italia occupa la 69esima posizione, a pari merito (o demerito) con Brasile, Grecia, e Senegal. La Germania, per esempio, occupa la 12esima posizione. La Banca Mondiale pubblica il Corruption Control Indicator (CCI). Userò i dati del CCI per l’anno 2006 (*) (il CPI e il CCI forniscono informazioni quasi identiche, per cui scegliere uno o l’altro fa pochissima differenza). In quell’anno, su 206 paesi considerati, la Germania occupava il 16esimo posto, e l’Italia il 61esimo. Le graduatoria di questi indici sono abbastanza costanti nel tempo, perché la corruzione è un fenomeno persistente.

Quale livello di corruzione implica una tale classifica? Per esempio, quanta corruzione in più c’è in Italia rispetto alla Germania, o alla Danimarca? La natura del CPI, o del CCI, non ci permette di saperlo. Nel 2014, l’indice CPI era pari a 92 per la Danimarca, 79 per la Germania, e 43 per l’Italia (a valori più bassi corrisponde un livello più alto di corruzione percepita). Ma non sappiamo quanta corruzione corrisponda a questi valori.

(Continua a leggere l’articolo di Lucio Picci)