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  • Giovedì 28 gennaio 2016

La Svezia è diventata più dura con i rifugiati?

Uno dei paesi storicamente più accoglienti ha deciso nuovi controlli e stima di accettare molte meno richieste di asilo del solito

Alcuni migranti si "registrano" a una moschea di Stoccolma (AFP PHOTO / JONATHAN NACKSTRAND)
Alcuni migranti si "registrano" a una moschea di Stoccolma (AFP PHOTO / JONATHAN NACKSTRAND)

Durante un’intervista con il giornale svedese Dagens Industri, il ministro degli Interni svedese Anders Ygeman ha detto che sulle circa 163mila persone che nel 2015 hanno chiesto asilo in Svezia ne verranno respinte circa 60mila, «anche se il numero può salire fino a 80mila». Significa che secondo il governo la percentuale di domande accettate sarà compresa fra il 51 e il 64 per cento, a seconda delle due stime: è una cifra molto inferiore a quella del 2014, cioè l’anno precedente all’inizio dell’enorme flusso di migranti provenienti dal Medio Oriente, durante il quale la Svezia aveva accettato il 77 per cento delle richieste (che però erano state la metà del 2015: circa 81mila).

Dopo la diffusione della stima di Ygeman, il suo portavoce ha precisato che le cifre si riferiscono all’attuale tasso di approvazione delle richieste e «che ovviamente in futuro potrà cambiare», e lo stesso Ygeman ha scritto su Twitter che non ha preso una posizione su quante persone o meno possano effettivamente avere diritto all’asilo, dato che «la decisione spetta alle autorità e ai tribunali». Le dichiarazioni di Ygeman sono solo l’ultimo passaggio di una serie di dichiarazioni e misure che di fatto hanno cambiato l’atteggiamento della Svezia nei confronti dei richiedenti asilo: all’inizio di gennaio, dopo l’introduzione di maggiori controlli ai documenti di chi arriva in Svezia, il governo svedese ha detto in un comunicato che «la situazione odierna, in cui un gran numero di persone sta entrando nel paese in un lasso di tempo relativamente breve, pone un serio rischio all’ordine pubblico e alla sicurezza nazionale».

La Svezia è uno dei paesi che negli ultimi anni è stato più interessato dall’arrivo di richiedenti asilo: è uno dei paesi col più alto PIL pro capite in Europa, ha un numero relativamente basso di abitanti – 9,5 milioni – in relazione al suo territorio, e storicamente è considerato molto accogliente. Nel 2013 il governo svedese aveva detto che avrebbe garantito ospitalità a tutti i richiedenti asilo siriani che fossero entrati nel proprio territorio. Anche per queste ragioni molti dei migranti che questa estate hanno percorso la cosiddetta “rotta Balcanica” dalla Grecia all’Europa occidentale avevano come obbiettivo fare richiesta di asilo in Svezia. Il risultato è che quest’anno il numero di richieste di asilo arrivate in Svezia è il più alto in Europa, se rapportato al numero di abitanti.

Già in estate erano circolati articoli e rapporti molto allarmati sulle capacità della Svezia di gestire un flusso così grande di persone: a novembre la Migrationsverket – l’agenzia governativa per i migranti, che il Guardian aveva definito «gravemente a corto di personale» – aveva avvisato di aver esaurito lo spazio disponibile per ospitare i migranti, e che in generale stava avendo molte difficoltà a gestire i propri centri di accoglienza. Pochi giorni fa si è tornati a parlare della complicata situazione di questi centri quando un giovane richiedente asilo ha ucciso a coltellate una 22enne dipendente del centro accoglienza di Mölndal, una città nel sud della Svezia vicino a Göteborg. Il ragazzo sospettato dell’omicidio ha fra i 14 e i 17 anni ed è arrivato in Svezia non accompagnato da adulti.

Il primo ministro svedese Stefan Löfven ha commentato l’episodio spiegando che «molti giovani che arrivano in Svezia hanno alle spalle esperienze traumatiche, e non esiste una soluzione facile», anche se ha ammesso che «molta gente è preoccupata che ci saranno ulteriori episodi di violenza, dato che sono arrivati da noi moltissimi bambini e ragazzi». La preoccupazione di Löfven è stata in qualche modo confermata dalla polizia svedese: il suo portavoce Thomas Fuxborg ha detto che «questo genere di episodi sta diventando sempre più comune», mentre il commissario nazionale Dan Eliasson ha spiegato che «siamo obbligati a rispondere a molti reclami nei centri di accoglienza per richiedenti asilo. In alcuni posti, questo significa sottrarre risorse alla polizia. Sei mesi fa cose del genere non capitavano». Secondo la Migrationsverket il numero di violenze e minacce registrate nei centri di accoglienza era di 148 nel 2014, mentre nel 2015 è arrivato a 322. Nel 2015, inoltre, circa una ventina di centri di accoglienza è stato distrutto o parzialmente danneggiato da incendi dolosi a opera di persone esterne.

Non è ancora chiaro se il tasso di approvazione delle richieste di asilo aumenterà o diminuirà, nei prossimi mesi: dato che le cifre sono ancora incerte, non è noto nemmeno quante richieste siano arrivate da persone che arrivano da contesti di guerra e quante dai cosiddetti “migranti economici”, che cioè arrivano da paesi poveri ma stabili. Nel frattempo, il Guardian ha scritto che «il numero degli ingressi è calato drasticamente» da quando sono stati introdotti maggiori controlli all’inizio di gennaio.