Apple ha creato quasi due milioni di posti di lavoro negli Stati Uniti?

Lo hanno scritto tutti, riprendendo un comunicato dell'azienda: ma non è esattamente come suona, a fare i conti togliendo baristi e idraulici

di Todd C. Frankel - Washington Post

(PAUL FAITH/AFP/Getty Images)
(PAUL FAITH/AFP/Getty Images)

Mercoledì 6 gennaio, Apple ha annunciato di “aver creato e sostenuto 1,9 milioni di posti di lavoro negli Stati Uniti”. L’azienda ha inoltre rivelato di aver registrato una stagione festiva da record, con oltre 1,1 miliardi di dollari di introiti derivanti da acquisti di app e in-app in sole due settimane. Queste cifre sbalorditive sono state prontamente e ampiamente riportate dalla stampa.
A differenza del dato relativo alla vendita di app, tuttavia, i numeri di Apple in termini di posti di lavoro sono un po’ vaghi. Apple ha davvero creato e sostenuto 1,9 milioni di posti di lavoro negli Stati Uniti?

Sì e no. La cifra è reale, ma va presa in considerazione con una nota a margine che potrebbe gettare un’ombra sull’indiscutibile forza della recente ascesa di Apple come grande azienda che assume direttamente migliaia di lavoratori: o perlomeno ridimensionarla. Secondo il comunicato “nel corso degli anni, Apple ha stimolato un’incredibile crescita di posti di lavoro e creato nuove produzioni. I nostri prodotti e le nostre innovazioni hanno infatti portato alla creazione di quasi 2 milioni di posti di lavoro negli Stati Uniti – dai nostri ingegneri e rivenditori ai fornitori, produttori e sviluppatori di app.”

Non si tratta però di 1,9 milioni di posti di lavoro presso Apple, e neanche di lavori nel settore tecnologico sostenuti da Apple, per esempio attraverso le app sviluppate per i sistemi operativi dei suoi iPhone o iPad.
La cifra comprende infatti anche il cosiddetto effetto spillover e i posti di lavoro indiretti. Come le posizioni nel settore marketing o risorse umane nelle aziende che sviluppano app, per esempio. Ma anche le persone impiegate all’interno della catena di approvvigionamento statunitense di Apple, o i lavoratori edili che lavorano alla costruzione del nuovo campus della sede dell’azienda. Fanno tutti parte degli 1,9 milioni.

La cosa forse più strana è che il dato di Apple prende in considerazione anche molti idraulici e dipendenti di Chipotle (una catena di ristoranti messicani negli Stati Uniti) e persino gli addetti alle consegne a domicilio dei ristoranti. Ma anche sarti, dipendenti delle lavanderie e insegnanti. La giustificazione è che questi posti di lavoro non esisterebbero senza gli stipendi derivanti da Apple o dal suo app store. Tuttavia, è improbabile che qualcuno possa associare il lavoro di un meccanico all’impatto dell’app store di Apple.

Questo fenomeno è noto come moltiplicatore economico ed è spesso usato per calcolare l’effetto a catena innescato da un nuovo posto di lavoro o progetto. Quando si ottiene un nuovo lavoro, si può aver bisogno di compare vestiti nuovi (occupazione nel settore del commercio al dettaglio!), o pranzare fuori più spesso (occupazione nella ristorazione!). Questo è l’effetto spillover, che però è difficile da quantificare (quante volte esattamente il nuovo dipendente ha pranzato fuori?). Il moltiplicatore economico rappresenta quindi una stima, e varia a seconda degli studi.
Gli 1,9 milioni di posti di lavoro di Apple si dividono quindi in due grandi bacini: 500.000 sono riferiti ad Apple e 1,4 milioni derivati dal suo app store. Cominciamo da questi.

Il dato proviene da una ricerca esterna condotta da Michael Mandel, responsabile della strategia economica al Progressive Policy Institute. Mandel studia quella che definisce “l’economia delle app” dal 2012. In un’intervista, ha spiegato nel dettaglio come ha ottenuto il dato e ha anche pubblicato un post sull’argomento sulla piattaforma Medium.
Con i suoi calcoli Mandel ha scoperto che 553.334 posti di lavoro principali associati alle app si sono tradotti in 1,66 milioni di lavori nell’economia delle app – comprendenti lavori principali, indiretti e da spillover.
Gli ultimi risultati dello studio di Mandel, pubblicati mercoledì 6 gennaio, mostrano che il dato è raddoppiato rispetto al 2013. L’economia delle app sta vivendo un boom economico.

Lo studio indica che l’87% dei 1,66 milioni di posti di lavoro (1,4 milioni) è riconducibile al sistema iOS di Apple. È questo il dato riportato nel comunicato stampa di Apple come “attribuibile alla comunità di creatori di app, ingegneri del software e imprenditori che sviluppano app, ma anche a lavori non tecnologici sostenuti direttamente o indirettamente grazie all’economia delle app”.

Apple non ha nascosto nulla ed è stata trasparente. Ma i posti di lavoro di cui si è presa il merito potranno avere senso per gli economisti, però chi legge le notizie difficilmente li metterebbe in relazione con le app dell’azienda.
Degli 1,4 milioni di posti di lavoro legati alle app dichiarati da Apple, un terzo sono insomma lavori principali (481.400) e due terzi lavori indiretti o da spillover (962.800).

Anche gli altri 500.000 posti di lavoro che fanno parte degli 1,9 milioni vantati da Apple comprendono lavori indiretti. Il dato proviene da un’azienda esterna che ha analizzato la spesa di Apple e gli acquisti dai fornitori.
Un dato è però incontestabile: oggi Apple ha 76.000 dipendenti negli Stati Uniti, il 15% in più rispetto ai 66.000 dell’anno scorso.
Se da una parte Apple conta più di 30.000 dipendenti nei suoi eleganti Apple store, quasi tutta la crescita registrata in termini di occupazione è avvenuta al di fuori del settore del commercio al dettaglio: nel 2015, Apple ha aperto soltanto 3 nuovi negozi negli Stati Uniti, per un totale di 268.

Quindi è vero che Apple ha creato e sostenuto 1,9 milioni di posti di lavoro. Ma non nel modo in cui la maggior parte delle persone penserebbe a lavori associati ad Apple. Si potrebbe trattare di baristi, dottori o agenti di polizia. Anche loro contano come membri inconsapevoli dell’economia delle app di iOS.
L’elemento più degno di nota è l’enorme dimensione della vera forza lavoro di Apple, i 76.000. Neanche lontanamente vicino ai 2 milioni, ma comunque niente male.

©The Washington Post 2016