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  • Mercoledì 30 dicembre 2015

Tutti contro tutti in Afghanistan

Il governo afghano e gli americani stanno cercando di fermare i talebani; nel frattempo i talebani, il governo afghano e gli americani combattono l’ISIS – e poi c'è al Qaida

Sardar Mohammad, un comandante afghano della polizia di frontiera. (Sudarsan Raghavan/The Washington Post)
Sardar Mohammad, un comandante afghano della polizia di frontiera. (Sudarsan Raghavan/The Washington Post)

Negli ultimi mesi la situazione in Afghanistan si è molto complicata a causa della contemporanea avanzata dei talebani, del rafforzamento di al Qaida e della creazione di una nuova provincia dello Stato Islamico (o ISIS). I funzionari afghani e occidentali per il momento si stanno occupando soprattutto di fermare i talebani, il gruppo di fondamentalisti islamisti che ha governato l’Afghanistan dal 1994 al 2001 e che oggi è presente in circa il 30 per cento dei distretti afghani (un’estensione territoriale che non si vedeva dal 2001, cioè dalla destituzione del regime talebano provocata dall’invasione americana). I recenti attacchi dei talebani sono stati descritti come “improvvisi” e “inaspettati” da diversi giornali internazionali e secondo il New York Times sono legati a una lotta di potere interna al gruppo cominciata dopo l’annuncio della morte del Mullah Omar, storico leader talebano e uno dei terroristi più ricercati al mondo.

afghanistan-mappaLa presenza dei talebani e dell’ISIS in Afghanistan in una mappa del Washington Post

Il New York Times ha raccontato di aver visto una lettera scritta dai leader religiosi dei talebani – che vivono a Quetta, in Pakistan – e la cui autenticità è stata confermata da diversi comandanti del gruppo. La lettera, datata 7 dicembre, parla di una forte rivalità tra il Mullah Mansour – nominato capo dei talebani dopo l’annuncio della morte del Mullah Omar, il 29 luglio del 2015 – e il suo più grande rivale, il Mullah Qaymun Zakir, ex detenuto di Guantanamo e comandante talebano. Da luglio Mansour ha cominciato a consolidare il suo potere con ogni mezzo: tra le altre cose ha impiegato centinaia di combattenti per uccidere un suo comandante rivale. In uno dei passaggi più significativi della lettera, ha scritto il New York Times, i leader religiosi talebani rifiutano di dare legittimità religiosa alla leadership del Mullah Mansour, condannandolo per gli attacchi contro i suoi avversari interni al gruppo.

Nel tentativo di consolidare il suo potere, Mansour ha anche lanciato una serie di attacchi nella provincia di Helmand, considerata molto importante per diverse ragioni: è stata definita dal capo dell’intelligence afghana come “il più grande strumento di reclutamento per i talebani” e “la sua prima fonte di guadagno”, grazie soprattutto al traffico di oppio che avviene lungo il confine che la provincia di Helmand condivide con il Pakistan. In questa zona è anche presente la diga di Kajaki, che fornisce elettricità a Helmand e a Kandahar, dove si trovava la base dei talebani. Tra gli altri, a Helmand stanno combattendo anche le forze fedeli a Zakir, che stanno facendo pressione su uno dei fronti militari aperti con i soldati afghani.

Mentre il governo afghano con l’aiuto degli americani sta cercando di fermare l’avanzata dei talebani, sia i talebani che il governo afghano e gli americani hanno cominciato a combattere contro l’ISIS in diverse province dell’Afghanistan, tra cui Nangarhar, Farah, Helmand e Zabul. L’ISIS aveva annunciato nel gennaio del 2015 la nascita di una sua nuova provincia chiamata “Khorasan”, come il nome antico per indicare la zona che include l’Afghanistan, una parte del Pakistan, dell’Iran e dell’Asia Centrale. Da aprile i talebani hanno cominciato ad attaccare l’ISIS con forze speciali – più di mille uomini, meglio equipaggiati e addestrati dei combattenti regolari talebani – per difendere la loro supremazia nell’insurgency della regione. Non è chiaro quanto siano estesi i combattimenti tra i due gruppi, ma secondo BBC i talebani sono riusciti a eliminare quasi completamente l’ISIS dal sud e dall’ovest dell’Afghanistan.

La situazione è resa ancora più complicata dalla presenza di al Qaida, organizzazione terroristica alleata dei talebani (anche se da qualche mese si parla di diversi talebani che hanno giurato fedeltà all’ISIS, invece che ad al Qaida). In particolare prima dell’intervento americano del 2001, i talebani avevano offerto protezione ai leader di al Qaida, che avevano creato la loro base proprio in Afghanistan. Riguardo al recente rafforzamento di al Qaida, il New York Times ha scritto:

La portata della resilienza letale di al Qaida in Afghanistan sembra avere preso di sorpresa i funzionari americani e afghani. Fino a questo autunno i funzionari americani si erano concentrati principalmente nel colpire gli ultimi leader di al Qaida nascosti lungo l’aspro confine montagnoso con il Pakistan. […] A ottobre i commando militari afghani e americani hanno attaccato un campo di addestramento di al Qaida nel sud del paese, che secondo i funzionari militari era uno dei più grandi mai scoperti. L’assalto, che è durato parecchi giorni, ha colpito due aree usate per l’addestramento – una estesa su 70 chilometri quadrati – dotate anche di fortificazioni e tunnel elaborati. Circa 200 combattenti sono stati uccisi, hanno detto i funzionari americani.

Il generale statunitense John Campbell, comandante delle forze americane in Afghanistan, ha detto che il campo di addestramento attaccato a ottobre era stato usato da un nuovo gruppo affiliato ad al Qaida, “al Qaida nel subcontinente indiano” (AQIS). La nascita del gruppo era stata annunciata a settembre del 2014 dal capo di al Qaida, Ayman al Zawahiri, principalmente in risposta alla crescita dell’ISIS nell’area. Funzionari dell’amministrazione americana hanno confermato l’esistenza di altri campi o basi di al Qaida in Afghanistan, di cui però non si conosce l’esatta collocazione. In generale la situazione dell’Afghanistan è considerata molto seria dall’amministrazione americana: un rapporto di due settimane fa del dipartimento di Stato (PDF) parlava di una situazione di sicurezza in deterioramento, con un significativo aumento degli attacchi provocati da gruppi insurrezionalisti.