• Moda
  • Mercoledì 23 settembre 2015

La moda è importante, capito? Sicuri che avete capito?

Vera Montanari riflette sui complessi di inferiorità culturale di un mondo culturalmente potentissimo, mentre iniziano le sfilate milanesi

di Vera Montanari – @VeraMontanari

Il pubblico in attesa della sfilata di Givenchy a New York, 11 settembre 2015 (Frazer Harrison/Getty Images)
Il pubblico in attesa della sfilata di Givenchy a New York, 11 settembre 2015 (Frazer Harrison/Getty Images)

«La moda è una cosa seria».
Come dicono gli americani: se avessi un nichelino per ogni volta che ho sentito questa frase, sarei ricca. Ieri ho letto l’editoriale di uno dei tanti mensili femminili: il direttore, una signora intelligente e competente che conosco da molti anni, si sforzava per l’ennesima volta di spiegare alle sue lettrici perché, appunto, la moda vada considerata una cosa seria. Perché è business, perché è arte, perché influenza i comportamenti di acquisto, perché fa girare l’economia…

Leggevo e pensavo: ma che bisogno c’è di agitarsi tanto? Lo sanno tutti che la moda non è un gioco da ragazzi. Cioè, è anche un gioco, per fortuna, un bel gioco, che ci diverte e ci coinvolge, però è anche business, cultura, lavoro, ricerca… Si sa, c’è bisogno di insistere tanto? Invece è come se gli operatori della moda sentissero continuamente il bisogno di giustificarsi, non so di quale colpa. O meglio, è come se sentissero il dovere di raddrizzare una stortura, di eliminare un equivoco. Che secondo me, se c’è mai stato, non c’è più, ma tant’è. E poi quale può mai essere questo equivoco, o questa colpa? Quello di far parte di un mondo sfavillante e, all’apparenza, un po’ vanesio? E capirai, non sarà di certo l’unico.

L’editoriale della mia amica mi ha fatto venire in mente l’ultima volta che ho visto Miuccia Prada, qualche anno fa. Eravamo ad un pranzo e lei si lamentava di come ancora la moda fosse sottovalutata nel nostro paese, di come non le fosse riconosciuto il giusto ruolo. Era così convinta e così arrabbiata che mi ha fatto sbottare: «Ma dai, non è vero, anche il portinaio di casa mia sa quanto conta la moda in Italia!». Ma non l’ho convinta, né io né il portinaio di casa mia. 

Fatto sta che oggi, sul Corriere della Sera, c’è un articolo che spiega ancora la dura vita delle modelle. Per una settimana a Milano sfileranno sulle passerelle degli stilisti presentando le loro proposte per la prossima primavera-estate, ma il giornale sente il bisogno di spiegare di nuovo che il loro è un lavoraccio perché devono correre da una sfilata all’altra senza soste, camminando su tacchi che sono trampoli e sfidano le leggi di gravità, mangiando, se va bene, due foglie di insalata, con la faccia coperta da un cerone, trattate (questo lo dico io) come dei manichini su cui appendere dei vestiti. Insomma che anche il lavoro della modella è una cosa seria (come la moda, per chi non lo avesse capito) e il mito va sfatato.
Che noia.

Vera Montanari è giornalista ed è stata, tra le altre cose, direttore di Marie Claire, Gioia e Grazia