• Sport
  • Domenica 30 agosto 2015

Zero medaglie

Cioè quante ne ha vinte la nazionale italiana ai Mondiali di atletica leggera appena conclusi: era successo solamente un'altra volta nella storia

Il saltista italiano Gianmarco Tamberi (Patrick Smith/Getty Images)
Il saltista italiano Gianmarco Tamberi (Patrick Smith/Getty Images)

Si sono appena conclusi i Mondiali di atletica leggera, che si organizzano dal 1983 e che dal 1991 si disputano ogni due anni. Quest’anno l’edizione dei Mondiali si è tenuta a Pechino ed era iniziata il 23 agosto. Il medagliere è stato vinto un po’ a sorpresa dal Kenya, un paese molto forte sul mezzofondo ma storicamente scarso in altre discipline. Il Kenya ha concluso vincendo 7 ori – di cui uno persino nel giavellotto, con Julius Yego – 6 argenti e 3 bronzi. Al secondo posto c’è la Giamaica con 7 ori, 2 argenti e 3 bronzi, mentre al terzo ci sono gli Stati Uniti, con 6 ori, 6 argenti e 6 bronzi. In tutto, sono andati a medaglia 43 paesi del mondo. Fra questi, però, non c’è l’Italia.

La nazionale italiana di atletica leggera ha convocato per i Mondiali di Pechino 33 atleti: 14 uomini e 19 donne. Nessuno di loro ha vinto una medaglia: l’unica altra volta che è successo nella storia dei Mondiali era stato nel 2009 a Berlino, nell’edizione in cui Usain Bolt fece registrare l’attuale record del mondo sia sui 100 sia sui 200 metri. Storicamente, in Europa, l’Italia ha sempre ottenuto buoni risultati nell’atletica leggera. Da alcuni anni, però, si sono fatti sempre più rari. Per l’Italia, l’edizione più di successo dei Mondiali di atletica è stata quella di Roma 1987, in cui furono vinte due medaglie d’oro – con Francesco Panetta nei 3000 siepi e Maurizio Damilano nella 20 chilometri marcia – due d’argento e una di bronzo. L’ultima edizione di successo è stata quella di Siviglia 1999, dove la nazionale vinse due ori – con Fabrizio Mori nella 400 ostacoli e Ivano Brugnetti nella 50 chilometri marcia – e due argenti. Nel 2013, agli ultimi Mondiali in Russia, l’Italia ha vinto solamente un argento con Valeria Straneo nella maratona. Anche in occasione degli Europei, i risultati sono stati appena migliori.

In questa edizione erano solamente cinque gli atleti italiani con concrete speranze di medaglie. Elisa Rigaudo, Eleonora Giorgi e Antonella Parmisano nella 20 chilometri marcia, Daniele Meucci nella maratona e Gianmarco Tamberi nel salto in alto. Meucci, campione europeo in carica, è arrivato ottavo anche a causa di un problema fisico al trentesimo chilometro. Il miglior italiano in gara è risultato il 41enne Ruggero Pertile, che ha concluso al quarto posto (che è anche il miglior risultato di un italiano a Pechino). Rigaudo e Giorgi sono state squalificate per passo irregolare a pochi chilometri dall’arrivo, quando si stavano giocando il terzo posto (Parmisano ha finito la gara al quinto posto). Tamberi, che pochi mesi fa aveva fatto registrare il nuovo record italiano a 2 metri e 37 centimetri, è stato eliminato a 2.29 ed è finito ottavo. Complessivamente, anche dagli altri atleti non sono arrivati grandi risultati: molti sono stati eliminati nei turni preliminari, e una sola atleta ha fatto registrare un nuovo record personale: è stata la 23enne Gloria Hooper, che nelle semifinali dei 200 ha corso in 22 secondi e 92 centesimi.

Da anni non sono chiarissimi i motivi per cui l’Italia vada così male. Durante l’ultimo giorno di gare a Pechino, il presidente della federazione di atletica Alfio Giomi ha detto che secondo i numeri sono stati i peggiori Mondiali nella storia dell’Italia, e ha spiegato che alle Olimpiadi del prossimo anno l’atletica presenterà una squadra “molto ristretta”. Giomi ha anche elencato tre possibili rimedi per migliorare le prestazioni future.

«Potenziare il settore tecnico attraverso un’ulteriore ricerca di advisor [cioè gli allenatori degli allenatori]: in Italia sono difficili da individuare, più facile rivolgersi all’estero. In seconda battuta chiarire con gli atleti e le società quel che ci aspettiamo da loro. Il 20-23 ottobre, proprio in prospettiva olimpica, ci sarà un incontro mirato. In terzo luogo, approfondire col Coni gli aspetti biomedici, biomeccanici e di ricerca.»