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  • Sabato 30 maggio 2015

Cosa faranno gli Obama, dopo

Tra meno di due anni lasceranno la Casa Bianca, relativamente giovani: dovranno decidere che vita costruirsi, racconta il Washington Post

di Krissah Thompson - Washington Post

Barack e Michelle Obama, il 7 marzo 2014 (BRENDAN SMIALOWSKI/AFP/Getty Images)
Barack e Michelle Obama, il 7 marzo 2014 (BRENDAN SMIALOWSKI/AFP/Getty Images)

Tra 21 mesi, il 20 gennaio 2017, si insedierà il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. Da quel momento Barack Obama diventerà un ex presidente: con sua moglie Michelle Obama dovrà quindi lasciare la Casa Bianca di Washington ed entrambi dovranno decidere a cosa dedicarsi nel loro futuro. Sarà un momento molto particolare per la vita di entrambi: un momento in cui si sono trovati, prima di loro, molti altri presidenti, facendo scelte molto diverse tra loro. Alcuni giorni fa Barack Obama – intervistato da David Letterman – ha dato una prima risposta: “potremmo giocare insieme a domino”, ha detto, con tono malinconico. “Oppure potremmo anche andare a berci un caffè e stare lì a parlare del più e del meno”.

Cose di questo tipo le dicono tutti i presidenti, prima che finisca il loro mandato. E tutti, tutte le volte, sembrano sorridere pensando a quanto sarà bello andarsene da Washington, rilassarsi e lasciare in mano a qualcun altro i destini del mondo. Ma gli anni in cui un ex presidente poteva – insieme con sua moglie – fare un passo indietro dal palcoscenico mondiale e ritirarsi a vita privata sono distanti, superati. Così come chi li ha preceduti alla Casa Bianca, anche Barack e Michelle Obama stanno infatti dedicando sempre più tempo a preparare la strada per quello che saranno le loro vite una volta che Barack Obama sarà diventato l’ex presidente degli Stati Uniti. Gli Obama prenderanno una strada che porterà verso una carriera molto pubblica, molto attiva e – considerando la loro giovane età – molto lunga.

Per prima cosa Barack Obama ha deciso, martedì 12 maggio, che la sua fondazione finanzierà una biblioteca presidenziale – la Barack Obama Presidential Library – che sarà istituita a Chicago (è una prassi consolidata che gli ex presidenti fondino una biblioteca a loro intitolata). Obama recentemente ha dato anche altre indicazioni su quello che sarà la loro vita dopo il 20 gennaio 2017, giorno in cui si terrà la cerimonia d’insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti:

Tornerò a fare quello che facevo prima: trovare il modo migliore per aiutare le persone, aiutare i giovani a ottenere una buona istruzione, aiutare chi ne ha bisogno a trovare un lavoro, aiutare e favorire la crescita economica delle aree e dei quartieri meno ricchi delle nostre città. È proprio questo il tipo di lavoro che voglio fare.

La Obama Foundation, creata nel 2014 da Barack e Michelle, ha sede a Chicago, la città dove lei è nata e cresciuta e dove lui ha iniziato la sua carriera politica. A differenza di altri presidenti, Obama ha già detto che lui e Michelle resteranno probabilmente a Washington fino a quando Sasha – la loro figlia minore, che ora ha 13 anni – avrà finito la scuola superiore. Si dice poi, ma per ora non c’è nulla di sicuro, che gli Obama potrebbero vivere alcuni anni a New York.

Barack Obama ha annunciato pochi giorni fa che da My Brother’s Keeper – un programma da lui avviato per aiutare i giovani ragazzi neri – nascerà un’organizzazione nonprofit indipendente che, raccogliendo finanziamenti da aziende e privati, perseguirà lo stesso scopo. La campagna Let’s Move – promossa da Michelle Obama per combattere l’obesità infantile – è già, a sua volta, affiliata con un’associazione indipendente dalla Casa Bianca. Barack e Michelle Obama hanno anche da poco iniziato – insieme al governo giapponese – una campagna per promuovere e migliorare l’istruzione femminile in tutto il mondo. Ognuno di questi programmi potrà diventare parte della loro vita dal 2017. Dai primi mesi del 2017, per la precisione: Barack Obama ha detto infatti, sempre a David Letterman, che la sua idea è prendersi un solo mese di pausa, un volta terminato il suo incarico alla Casa Bianca.

Su cosa faranno Michelle e Barack una volta che lui non sarà più presidente si è espresso anche Burton Kaufman, autore del libro The Post Presidency: From Washington to Clinton (“Dopo la presidenza: da Washington a Clinton”): «Un tempo i presidenti morivano poco dopo aver terminato il loro mandato». I quattro presidenti Teddy Roosevelt, Calvin Coolidge, Dwight D. Eisenhower, Lyndon B. Johnson non vissero per più di un decennio oltre la fine del loro mandato. E Ronald Reagan, che soffriva di Alzheimer, si ritirò a vita privata in California. «Quello che fanno invece gli ex presidenti più recenti», ha spiegato Kaufman, «è fare un mucchio di soldi». Questo succede però solo da alcuni decenni. George Washington dopo la presidenza tornò a vivere nella sua piantagione, e così fece anche Thomas Jefferson, che, dopo il suo mandato, riuscì anche a finanziare la costruzione dell’Università della Virginia. Sia Jefferson che Washington, spiega Kaufman, continuarono a occuparsi di politica, ma in misura molto minore rispetto a prima.

Un ex presidente, John Quincy Adams, scelse invece subito dopo la fine del suo mandato (nel 1829) di candidarsi al Congresso: nel 1830 fu eletto e vi restò fino alla sua morte, nel 1848. Anche l’ex presidente Andrew Jackson rimase politicamente molto attivo, ma con un solo obiettivo: impedire al suo successore Martin Van Buren (presidente dal 1837 al 1841) di rivincere le elezioni nel 1844. Jackson scelse infatti di sostenere apertamente un altro candidato, James Polk, che poi vinse e diventò presidente. Un altro ex presidente, Benjamin Harrison, provò a ricandidarsi dopo la fine del suo primo mandato, non fu rieletto e decise allora di tornare a fare l’avvocato, con gli immaginabili timori di chi se lo trovava di fronte durante una causa. Grover Cleveland – che fu il 22esimo e il 24esimo presidente degli Stati Uniti – scrisse, durante gli ultimi anni del suo secondo mandato, una lettera molto ironica a un amico:

E cosa ce ne dovremmo fare di questi ex presidenti? A volte penso dovremmo fare come propone Henry Watterson (un giornalista del tempo, ndr): bisognerebbe prendere gli ex presidenti, portarli da qualche parte all’aperto e sparargli.

Ad alcuni presidenti sono stati assegnati negli anni ruoli di rappresentanza, incarichi di consulenza, spesso con ruoli informali. Da alcuni decenni però il principale interesse degli ex presidenti è lasciare un’eredità, lasciare un segno nella storia degli Stati Uniti. E per farlo – spiega Julia Zelizer, professoressa di storia all’università di Princeton – devono raccogliere molti soldi. Il momento migliore per farlo è quando ancora sono presidenti in carica. Una cosa che, naturalmente, anche se fatta con le migliori intenzioni, lascia delle perplessità.

Mark Updergrove – autore di Second Acts: Presidential Lives and Legacies After the White House (“Atto secondo: le vite degli ex presidenti dopo la Casa Bianca”) – ha spiegato che “un presidente oggi può, grazie a un paio di discorsi, mettere da parte molti più soldi di quanti Harry Truman potesse immaginare di guadagnare in molti anni”. Truman, per esempio, riteneva che accettare soldi da società private in veste di ex presidente avrebbe macchiato e rovinato la sua presidenza.

La questione della raccolta di soldi da parte di presidenti o ex presidenti è tornata molto attuale in questi ultimi giorni, in cui si è molto parlato della Clinton Foundation, la fondazione di Bill, Hillary e Chelsea Clinton. Negli anni successivi alla sua presidenza Bill Clinton ha infatti raccolto molti soldi, ma la provenienza di quei soldi ha creato alcuni problemi alla campagna presidenziale di sua moglie, Hillary Clinton. A dare il via a queste pratiche di raccolta fondi da parte degli ex presidenti è stato, spiega Kaufman, Jimmy Carter, che terminò il suo mandato nel 1981. Grazie anche al Carter Center – un’organizzazione non governativa da lui creata – l’ex presidente Carter è riuscito a restare molto influente, vincendo nel 2002 il Premio Nobel per la pace.

Barack Obama, che in passato è stato professore di diritto costituzionale, ha già detto che ama insegnare. Potrebbe quindi fare come fece William Howard Taft, che dopo aver lasciato la Casa Bianca divenne professore di diritto a Yale, per poi diventare membro della Corte Suprema. Ci sono invece molti dubbi su cosa deciderà di fare Michelle Obama, la prima first lady ad avere degli account social, tutti molto seguiti. È molto improbabile che Michelle Obama non cercherà di sfruttare questo seguito, solo non si sa ancora in che modo lo farà. Sceglierà di fare come Eleanor Roosevelt, che divenne delegata alle Nazioni Unite, o farà come Betty Ford, che creò un centro per aiutare a guarire dall’alcolismo?

“Una volta eliminate tutte le limitazioni dovute alla sicurezza e allo status di first lady, Michelle Obama avrà davanti a sé grandi possibilità di movimento”, ha spiegato Carl Sferrazza Anthony, uno storico della National First Ladies’ Library. L’anno scorso Michelle Obama ha incontrato la first lady che l’ha preceduta: Laura Bush, moglie dell’ex presidente George W. Bush, la quale – negli ultimi anni – è stata molto più presente del marito, e ha spiegato:

Quando sono tornata a casa dopo la fine della presidenza Bush non mi sono resa conto di quanto fossi sotto stress durante gli anni vissuti alla Casa Bianca. I primi giorni dopo la fine della presidenza mi capitava spesso di pensare a cosa avrei dovuto fare il giorno dopo, e dopo un profondo respiro mi rispondevo: “non ho nulla da fare domani”. Era piacevole, ma allo stesso modo era importante poter lavorare sulle tematiche per noi più importanti, ed è questo che faremo per il resto della nostra vita.

La popolarità degli ex presidenti e delle loro mogli non svanisce nel tempo, e sta a loro decidere come usare quella popolarità, ha spiegato Katherine Jellison, professoressa dell’università dell’Ohio, che si è spesso occupata delle vite delle first lady statunitensi: «Saranno sempre delle celebrità, ma restando sotto i riflettori si sottopongono anche a molte possibili critiche».

I funzionari della Casa Bianca non parlano per ora del futuro degli Obama. Preferiscono mantenere la concentrazione – e l’attenzione dei media – sui 21 mesi di presidenza che Obama ha ancora davanti a sé. Ma ciò che rende così importante gli anni dopo la presidenza è il fatto che sono ormai diventato un virtuale “secondo tempo” nella vita di ogni presidente, ha detto Brandon Rottinghaus, professore di scienze politiche all’università di Houston, in Texas: “è qualcosa che dipende direttamente da quello che vorrebbero aver potuto fare durante la loro presidenza”. Gli Obama per esempio sono sempre stati molto attenti al tema della salute e avranno poco più di cinquant’anni al termine mandato di Barack Obama: proprio sul tema della salute potrebbero incentrarsi, per i prossimi decenni, le attività di entrambi. Qualunque sarà la scelta che faranno, il miglior saluto da rivolgere a Barack e Michelle Obama il giorno in cui lasceranno la Casa Bianca sarà però di certo un “a presto”, non un “addio”.

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