Gli sbarchi dei migranti sono davvero un pericolo?

Carlo Bonini chiarisce un po' di cose dopo l'arresto di ieri a Milano per l'attentato al museo del Bardo, e lo fa usando dati, statistiche e dichiarazioni di intelligence e polizia

Una barca di migranti verso Lampedusa (Lapresse)
Una barca di migranti verso Lampedusa (Lapresse)

Dopo l’arresto – in provincia di Milano – di un uomo sospettato di essere coinvolto nell’attentato al Museo del Bardo, a Tunisi, compiuto da due estremisti islamisti lo scorso 18 marzo e dopo la notizia che quello stesso uomo, Abdel Majid Touil, nel febbraio del 2015 era arrivato a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento (Sicilia) su un barcone di immigrati, diversi esponenti politici sono tornati a evocare l’ipotesi che l’ISIS o altri gruppi estremisti utilizzino i barconi dei migranti per trasportare miliziani in Europa. Che quindi i flussi di migranti via mare vadano collegati all’attività di proselitismo jihadista o alla pianificazione di atti violenti e che si debba agire con una conseguente adeguata politica contro l’immigrazione.

Carlo Bonini, su Repubblica di oggi, torna su questa argomentazione smontandola e chiarendo un po’ di cose. E lo fa usando dati, statistiche e dichiarazioni di intelligence e polizia:

Cosa racconta davvero la storia di Abdel Majid Touil? O, detta altrimenti: cosa prova la circostanza che questo giovane marocchino accusato di complicità nella strage del Bardo sia arrivato nel nostro Paese su un barcone soccorso nel canale di Sicilia da un’unità della nostra marina militare il 17 febbraio scorso? C’è spazio insomma perché questa vicenda imponga una rilettura della minaccia islamista al nostro Paese e indichi nel flusso di migranti via mare la nuova falla del nostro sistema di sicurezza nazionale, come pure vorrebbero gli allarmi del Pentagono sulla esplosiva crisi libica e una campagna alimentata ancora negli ultimi giorni oltre che dalla stampa inglese, da esponenti della Lega, del Movimento 5 Stelle e della Destra?

Girate in queste ore a fonti qualificate della nostra intelligence, dell’antiterrorismo (polizia di prevenzione e Ros dei carabinieri), del Dipartimento della Pubblica sicurezza, le domande raccolgono una risposta tetragona. Che suona così. “Non esiste alcun nuovo elemento in grado di capovolgere quanto documentato appena due mesi fa dalla relazione consegnata dai nostri Servizi al Parlamento sulla Politica dell’Informazione per la Sicurezza per il 2014”. E in quel documento questo si leggeva: “Il rischio di infiltrazioni terroristiche nei flussi via mare è un’ipotesi plausibile in punto di analisi. Ma è un’ipotesi che, sulla base delle evidenze informative disponibili, non ha trovato sinora riscontro”.

Del resto, anche le evidenze statistiche sembrano condurre a un’identica conclusione. Nei primi cinque mesi di quest’anno, le attività di prevenzione delle nostre polizie in materia di terrorismo islamico hanno riguardato 1.982 “obiettivi sensimunque bili” (centri di aggregazione religiosa, associazioni culturali, moschee) che hanno portato all’identificazione di 8.045 stranieri che li frequentavano. I “sospetti” sottoposti a controllo sono stati 961 e 294 le perquisizioni. “Ebbene – chiosa una fonte qualificata della nostra Antiterrorismo – da nessuna di queste attività è emerso un solo nesso in grado di collegare i flussi di migranti via mare ad attività di generico proselitismo jihadista o, addirittura, di pianificazione di atti violenti».

(Continua a leggere l’articolo sulla rassegna stampa di Zeroviolenza)