Il festival cinematografico «più remoto al mondo»

Si è tenuto due settimane fa in un campo profughi dell'Algeria, lontano migliaia di chilometri da Algeri e Rabat

Tra la fine di aprile e l’inizio di maggio si è tenuto nel campo profughi di Dakhla, in Algeria, «il festival più remoto al mondo», come lo ha definito BBC. Si tratta di una manifestazione che si tiene ogni anno dal 2003 con il nome “Western Sahara International Film Festival” – o più brevemente FiSahara. Nel campo abitano persone che quarant’anni fa sono arrivate in Algeria dal Sahara Occidentale (“Western Sahara”), un territorio controllato dal Marocco ma che da tempo chiede un referendum per l’indipendenza.

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Dakhla si trova nel lato occidentale del deserto del Sahara, a migliaia di chilometri dalle capitali più vicine, Algeri e Rabat. Per arrivare a Dakhla, attori e registi compiono un tragitto molto complicato. L’edizione del 2015 di FiSahara si è tenuto dal 28 aprile al 3 maggio: sono stati proiettati molti film africani e internazionali – fra cui Far From Men del regista francese David Oelhoffen e con protagonista Viggo Mortensen – e si sono tenuti workshop e giochi per bambini.

Il campo è abitato per lo più da persone di etnia sahrawi, che abitavano i territori del Sahara Occidentale fin dal 1975: in quell’anno la Spagna – che manteneva il Sahara Occidentale come propria colonia – si era ritirata per agevolare un referendum sull’indipendenza del paese. Il Sahara Occidentale fu però occupato dal Marocco, e fino a oggi ogni tentativo di trovare una soluzione condivisa fra i profughi e le autorità marocchine non ha portato risultati (l’ONU spinge per un referendum sull’indipendenza sin dagli anni Sessanta). A causa della passata dominazione spagnola, i sahrawi subiscono ancora l’influenza della lingua e della cultura spagnola: la lingua ufficiale del festival è lo spagnolo, e diversi attori e registi ospitati dal festival vengono dalla Spagna: nel 2008, per esempio, intervenne al FiSahara anche il noto attore Javier Bardem.

L’atmosfera al FiSahara è piuttosto diversa da quella dei consueti festival cinematografici: rende bene l’idea un articolo del Guardian sull’edizione del 2014:

Gli ospiti del festival, dopo un lungo viaggio, vengono accolti dalle famiglie dei profughi, con cui convivono per cinque giorni: dormendo nelle loro case fatte di tende e stucchi e condividendo i loro semplici pasti fatti di cuscus e tè dolce. Di giorno, la temperatura può arrivare fino a 37 gradi: di conseguenza le attività vengono programmate per la mattina e il tardo pomeriggio. Le proiezioni dei film avvengono dopo il tramonto, in un cinema fatiscente oppure proiettate all’aperto su uno schermo agganciato al fianco di un camion.

È possibile partecipare al festival anche da turisti: quest’anno il pacchetto completo per il volo e l’alloggio per tutta la durata del festival costava 700 euro.