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  • Lunedì 11 maggio 2015

Chi è arrivato secondo alle elezioni britanniche?

Una mappa mostra che i voti sono stati meno compatti di quanto si pensi e riapre un vecchio dibattito sui difetti del sistema maggioritario

di Kieran Healy – Washington Post

A newspaper vendor sets out his stall in central London on May 8, 2015, a day after the British general election. British Prime Minister David Cameron's Conservative party on Friday won a majority in the House of Commons in the general election, results showed. AFP PHOTO / JUSTIN TALLIS (Photo credit should read JUSTIN TALLIS/AFP/Getty Images)
A newspaper vendor sets out his stall in central London on May 8, 2015, a day after the British general election. British Prime Minister David Cameron's Conservative party on Friday won a majority in the House of Commons in the general election, results showed. AFP PHOTO / JUSTIN TALLIS (Photo credit should read JUSTIN TALLIS/AFP/Getty Images)

I risultati delle elezioni britanniche sono stati già digeriti da quelli che per mestiere parlano e parlano. Quindi ho pensato di vedere se riuscivo a utilizzare i dati elettorali per fare qualche analisi. Queste sono due mappe. La prima è una versione di quella che avete visto un po’ dappertutto: mostra il partito vincente in ogni circoscrizione della Gran Bretagna (cioè non tenendo conto dell’Irlanda del Nord).

mappa

La distesa dello Scottish National Party (SNP, il partito indipendentista scozzese) in Scozia; il sud saldamente Conservatore; le roccaforti Laburiste in alcune zone di Londra, Liverpool e nelle regioni con le miniere di carbone in Inghilterra e Galles. Se avete seguito un po’ le elezioni, questa l’avete già vista.

Questa invece è una mappa alternativa. Mostra tutte le circoscrizioni dipinte con il colore del partito del secondo arrivato.

runnersup

Questa mappa fa capire molte cose. Il Regno Unito ha un sistema elettorale maggioritario: il cosiddetto “first-past-the-post” (da qui in poi FPTP), in cui il candidato della circoscrizione che ottiene la maggioranza relativa viene eletto in quella circoscrizione indipendentemente dalla percentuale di voti che riceve, mentre il secondo arrivato non prende niente. In ogni collegio ogni partito sceglie un candidato; gli elettori del collegio scelgono che candidato votare; il candidato che ottiene un voto in più degli altri viene eletto. C’è un legame diretto tra elettori ed eletto; i candidati possono vincere col 30 per cento dei voti o perdere col 45 per cento.

Quelli che (come me) sono cresciuti in paesi con un sistema elettorale proporzionale, che si tratti di liste bloccate o della possibilità di esprimere una preferenza tra i candidati, sono generalmente piuttosto indignati dal FPTP. Il proporzionale punta ad avere un Parlamento che rifletta accuratamente il sostegno dei partiti da parte degli elettori. Il FPTP vuole selezionare un vincitore il più velocemente possibile. Significa che in questi sistemi c’è spesso una discrepanza piuttosto sostanziale tra le percentuali di voto e i seggi. Pochi punti percentuali in più a livello nazionale possono creare una vittoria a valanga. Questo può essere anche un vantaggio naturalmente, se quello che vuoi è la certezza di formare un governo, o se vuoi evitare che i piccoli partiti siano al centro dei rapporti di forza politici. Ma a parte questo, una conseguenza del FPTP è che la base elettorale dei partiti più piccoli – rispetto alla loro effettiva forza politica – si può facilmente sottostimare guardando solamente la cartina che rappresenta i partiti che hanno vinto.

In molti collegi britannici, ovviamente, se la giocavano soltanto i due grossi partiti: Conservatori contro Laburisti, con gli uni arrivati primi e gli altri secondi. Ma non è andata ovunque così. Nella seconda mappa la Scozia appare molto più variegata di prima. Con il 50 per cento dei voti lo SNP ha ottenuto 56 dei 59 seggi disponibili. La mappa dei secondi posti mostra un po’ più di eterogeneità nell’altro 50 per cento degli elettori. In Galles, oltre al partito nazionalista Plaid Cymru, potete ritrovare nel sostegno ai Liberaldemocratici il ricordo ancora vivo del primo ministro degli anni Venti Lloyd George, gallese e liberale.

Ma sono la costa sud-orientale, l’estuario del Tamigi e l’est dell’Inghilterra le zone forse più stupefacenti. Fuori Londra, il mare uniforme del blu Conservatore lascia il posto al sostegno per i LibDem e lo UKIP, senza che riesca a esprimere un parlamentare. Chissà se le certezze a breve termine fornite dal FPTP non porteranno a cambiamenti più vasti o meno prevedibili nel lungo periodo – considerata la gran quantità di elettori il cui voto non viene di fatto considerato – o a una maggiore competizione nelle elezioni locali.

© Washington Post 2015

Foto: JUSTIN TALLIS/AFP/Getty Images