Renault ha litigato con il governo francese

Il ministro dell'Economia ha comprato 1,23 miliardi di euro in azioni Renault per garantire così al governo doppi diritti di voto, tra le proteste del CEO

di Andrea Fiorello – @andreafiorello

Il 30 aprile si è tenuta a Parigi l’assemblea annuale degli azionisti della casa automobilistica francese Renault. Tra i provvedimenti da approvare c’era una proposta che avrebbe permesso a Renault di mantenere nel proprio statuto il principio “un’azione, un voto” derogando alla cosiddetta “legge Florange”, una norma antispeculazione del marzo 2014 voluta dal presidente socialista francese François Hollande che assegna diritti di voto doppi a chi detiene azioni di una società da più di due anni. La legge Florange mira a favorire investimenti di lungo termine, ma può essere superata se gli azionisti della società adottano con maggioranza dei due terzi una risoluzione che limita il potere di tutte le azioni a un singolo voto. La proposta di deroga, voluta dai vertici di Renault e in particolare dal presidente e CEO Carlos Ghosn, non ha raggiunto la maggioranza necessaria: il 39,5 per cento dei voti all’assemblea del 30 aprile, infatti, si è espresso contro la deroga e quindi a favore del doppio diritto di voto; ed è stato decisivo proprio il governo francese, storico azionista di Renault.

L’approvazione del doppio voto è arrivata dopo mesi di duro confronto tra il ministro dell’Economia francese Emmanuel Macron e il capo di Renault, le cui opinioni sul tema sono opposte: il primo ha detto che la legge Florange permette al governo di tutelare gli interessi nazionali e operare meglio come “investitore attivo”; per il secondo, invece, una maggiore influenza statale in Renault rappresenta una minaccia alle attività della casa automobilistica e alle sue partnership con altri costruttori. Nel 1999, infatti, Renault salvò dalla bancarotta la casa automobilistica giapponese Nissan e da allora i due produttori si sono uniti nella partnership Renault-Nissan Alliance; il gruppo dal 2010 ha un accordo di “cooperazione strategica” con la tedesca Daimler, proprietaria dei marchi Mercedes-Benz e Smart, con cui condivide stabilimenti produttivi e tecnologie.

La collaborazione tra Renault e Nissan è molto stretta e coinvolge numerose operazioni industriali, tra cui quelle di progettazione e produzione delle auto e delle loro parti principali; da un punto di vista finanziario, invece, Renault detiene il 43,4 per cento delle azioni di Nissan – la maggior parte acquisite nel 1999 al momento del salvataggio – mentre la casa giapponese ha il 15 per cento delle azioni Renault, ma senza diritti di voto. Renault-Nissan e Daimler sono legate da uno scambio di azioni che garantisce all’alleanza una partecipazione in Daimler del 3,1 per cento e a Daimler una quota combinata equivalente in Renault e Nissan. Oltre a essere presidente e CEO di Renault, Carlos Ghosn ricopre le stesse cariche in Nissan e nella Renault-Nissan Alliance, posizioni che lo rendono coordinatore e “garante” della collaborazione tra le due case automobilistiche.

I fatti prima dell’assemblea
Lo scontro tra Macron e Ghosn è cominciato a dicembre 2014, quando in una riunione del consiglio d’amministrazione un alleato di Ghosn ha proposto di far votare all’assemblea del 30 aprile la risoluzione “un’azione, un voto”, sollevando le proteste dei rappresentanti dello stato francese. L’11 febbraio 2015, l’approvazione della proposta da parte del consiglio ha segnato una prima sconfitta per Macron, ma allo stesso tempo ha dato il via alle trattative tra il ministro e Ghosn per raggiungere un compromesso. Nei mesi scorsi Macron e Ghosn si sono incontrati più volte, ma il presidente e CEO di Renault non ha mai mostrato di voler abbandonare la propria posizione.

Fino ad aprile 2015 il governo francese era proprietario solo del 15 per cento di Renault, insufficiente per bloccare la proposta di deroga, mentre Ghosn poteva contare sull’appoggio di tutti gli altri maggiori azionisti del gruppo. La situazione si è ribaltata il 7 aprile, quando il ministro Macron – esperto di finanza che ha lavorato alla banca d’investimenti francese Rothschild & Cie Banque – ha chiamato Ghosn annunciandogli di avere approvato un piano d’acquisto di azioni Renault per 1,23 miliardi di euro. L’operazione improvvisa e temporanea – l’accordo con Deutsche Bank, che ha eseguito l’acquisto per conto del ministero, contiene un’opzione per rivendere le azioni in un momento successivo – ha permesso allo stato francese di accrescere la propria quota in Renault dal 15 al 19,7 per cento (pari al 23,2 per cento dei voti), rendendo determinante il suo peso riguardo il doppio voto.

La decisione “interventista” di Macron ha fatto infuriare Ghosn, che ha convocato una riunione urgente del consiglio d’amministrazione per il 16 aprile: durante l’incontro, il responsabile finanziario Renault Dominique Thormann ha chiesto le ragioni della manovra a Regis Turrini e Pascal Faure, rappresentanti dello stato francese nel consiglio. Questi hanno risposto cercando di rassicurare il gruppo e dicendo che il governo francese appoggiava la guida di Ghosn, ma allo stesso tempo voleva essere certo di poter bloccare tramite il voto doppio eventuali future operazioni del gruppo contrarie agli interessi nazionali, come tagli ai posti di lavoro o il trasferimento fuori dal paese della guida dell’alleanza Renault-Nissan. Ghosn ha risposto che l’intervento statale avrebbe compromesso l’alleanza con Nissan, mentre i rappresentanti nel consiglio della casa giapponese hanno detto che “avrebbero studiato tutte le possibilità per reagire”. Alla fine dell’incontro, il consiglio d’amministrazione Renault ha emesso un comunicato stampa in cui rinnovava il proprio appoggio alla proposta di deroga alla legge Florange e chiedeva al governo francese di tornare alla propria quota del 15 per cento, sostenendo che era in gioco l’equilibrio dell’alleanza. Una settimana dopo anche il consiglio d’amministrazione di Nissan si è pubblicamente schierato a favore della posizione dei vertici Renault.

Le proteste delle due case automobilistiche non sono servite a far cambiare idea a Macron: all’assemblea Renault del 30 aprile la deroga alla legge Florange non è stata approvata proprio grazie al maggiore peso del governo; secondo calcoli piuttosto complicati, perciò, con il 15 per cento delle azioni dal 3 aprile 2016 la Francia avrà il 28 per cento dei voti in Renault, una quota che sarà decisiva in tutte le decisioni fondamentali per l’andamento della società.

Le ragioni dello scontro e i possibili sviluppi
I fatti dei mesi scorsi sono stati causati dalla complicata struttura dell’alleanza Renault-Nissan e dalle diverse visioni e priorità che il governo francese e i vertici dell’alleanza hanno rispetto all’attività industriale del gruppo. La Renault-Nissan Alliance è una partnership che coinvolge la fornitura di componenti, la progettazione e la produzione di automobili e l’anno scorso è stata il quarto costruttore automobilistico mondiale dopo la giapponese Toyota, il gruppo tedesco Volkswagen e quello statunitense General Motors. Da un punto di vista finanziario i rapporti sono sbilanciati a favore di Renault, perché questa controlla il 43,4 per cento di Nissan, mentre Nissan ha il 15 per cento di Renault ma è priva di diritti di voto in assemblea, limite dovuto alla normativa francese che disciplina le partecipazioni reciproche. Le leggi francesi permetterebbero a Nissan di votare se la partecipazione di Renault nel costruttore giapponese scendesse sotto il 40 per cento, cosa che potrebbe avvenire se la casa francese vendesse una parte delle proprie azioni o se Nissan facesse un aumento di capitale, riducendo così la quota Renault.

Una mossa del genere – ritenuta probabile da alcuni analisti di settore, dopo i fatti della scorsa settimana – da un lato bilancerebbe l’accresciuta influenza statale in Renault, ma dall’altro potrebbe compromettere i rapporti tra i due costruttori. Grazie a una grande ristrutturazione aziendale guidata da Carlos Ghosn, infatti, dopo il 1999 Nissan si è ripresa rapidamente dalla quasi-bancarotta e negli ultimi anni è diventata la casa più importante nell’alleanza sia in termini di volumi, che di profitto: su 8,5 milioni di auto vendute dal gruppo nel 2014, 5,3 milioni sono state Nissan e 2,7 milioni Renault, mentre il restante mezzo milione di unità è stato venduto da AvtoVAZ, la divisione russa dell’alleanza che produce auto a marchio Lada. Per accelerare l’integrazione tra le due aziende, inoltre, l’anno scorso Ghosn ha unificato la direzione di acquisti, produzioni e R&D (research and development, ricerca e sviluppo) del gruppo, affidando questi tre posti chiave a manager Nissan, mentre a Renault è andato “solo” il vertice delle risorse umane. In Francia queste nomine hanno generato timori di una “Nissanizzazione” di Renault, che Bruno Mathiez, dirigente del sindacato di Renault CFE-CGC, ha spiegato così: «I dipendenti Renault sono preoccupati dal fatto che l’ingegneria Nissan stia prendendo il sopravvento e che presto saremo tutti mangiati vivi».

Il successo degli ultimi anni di Nissan deriva sia dall’efficienza della sua struttura produttiva, che dalla presenza forte in mercati in crescita come gli Stati Uniti d’America e quelli asiatici. Nello stesso periodo, invece, Renault ha sofferto il forte calo del mercato automobilistico europeo dopo la crisi finanziaria del 2008 e la recente flessione di quello brasiliano, il secondo mercato del marchio dopo quello domestico. La Francia, inoltre, ha un costo del lavoro elevato e proprio il rischio di tagli al personale degli stabilimenti Renault è uno dei motivi che hanno portato il governo a intervenire per assicurarsi doppi diritti di voto.

Fonti interne alla Renault sostengono che Carlos Ghosn cercherà di negoziare con il governo prima di prendere decisioni, anche se i margini di confronto sembrano piuttosto limitati: in un’intervista, il ministro Macron ha detto di non vedere ragioni per cui Nissan dovrebbe riattivare i propri diritti di voto in Renault e ha promesso che avrebbe insistito sulla sua linea “fino alla fine”. Una chiara spiegazione delle posizioni del governo è stata data dall’ex capo di Ghosn, Louis Schweitzer – CEO e presidente di Renault dal 1992 al 2005, di cui ha guidato la privatizzazione, e presidente della Renault-Nissan Alliance dal 2001 al 2005 – che in un intervento radiofonico ha detto: «Ho creato l’alleanza Renault-Nissan secondo una logica in cui Renault controllava Nissan». Schweitzer ha aggiunto che il governo «deve assicurare che Renault mantenga le proprie radici e il proprio centro in Francia, e che l’alleanza mantenga il proprio equilibrio originale, con Renault al posto di comando».

Foto di AP Photo/Ian Langsdon, Pool