Gabriela Mistral, poeta e femminista

La prima donna latinoamericana che vinse il premio Nobel per la Letteratura era nata oggi 126 anni fa

Chilean poet Gabriela Mistral is seen at Fortin de las Flores, Mexico, Dec. 9, 1948 where she is recovering from a heart attack. She is the Nobel Prize winner for poetry. (AP Photo)
Chilean poet Gabriela Mistral is seen at Fortin de las Flores, Mexico, Dec. 9, 1948 where she is recovering from a heart attack. She is the Nobel Prize winner for poetry. (AP Photo)

Gabriela Mistral, poeta, insegnante e femminista cilena, è stata l’unica donna sudamericana ad avere ricevuto il premio Nobel per la Letteratura – nel 1945 – e la prima a riceverlo tra i letterati sudamericani. Di origini basche e ebree, era nata a Vicuña, in Cile, il 7 aprile 1889, 126 anni fa, e aveva vissuto un’infanzia molto povera nel paese andino di Montegrande, cominciando a scrivere poesie come autodidatta da bambina e ottenendo le prime pubblicazioni sui giornali locali a soli quindici anni: allora usava già diversi pseudonimi e non il suo nome, Lucila Godoy Alcayaga. Sulla scelta del nome con cui divenne famosa, Gabriela Mistral, ci sono versioni che lo legano a quello dei poeti Gabriele D’Annunzio e Frédéric Mistral, e altre che citano l’arcangelo Gabriele e il vento di Mistral. Cominciò comunque a usarlo dopo i 25 anni e dopo avere vinto un importante premio di poesia nazionale.

Nel frattempo Gabriela Mistral aveva cominciato a occuparsi dei diritti delle donne, a insegnare nelle scuole elementari di campagna dell’estremo sud e a occuparsi dei temi dell’insegnamento e dell’educazione («Fa che io sia più madre di una madre / nel mio amore e nella difesa del bambino / che non è sangue del mio sangue. / Aiutami affinché ognuno dei “miei” bambini / diventi la poesia migliore. / E nel giorno in cui non canteranno più le mie labbra, / lascia dentro di lui o di lei la più melodiosa delle melodie» (Preghiera dell’insegnante). Gabriela Mistral fu nominata preside di una scuola a Punta Arenas, e poi, nel 1920, preside di un importante liceo di Santiago. Poi passò due anni in Messico per un progetto di riforma scolastica, cominciò a viaggiare nel mondo, e tornò in Cile dove ottenne importanti riconoscimenti accademici che non aveva ancora quarant’anni. Dal 1926 visse prima a Parigi e poi in Italia (dove, come in molte altre città, fu console onorario a Napoli e a Rapallo) e in Spagna.

Pubblicò diverse raccolte di sue poesie: Sonetos de la muerte (1914, Sonetti della morte) dopo il suicidio del suo fidanzato; Desolación (1922, Desolazione) pubblicato a New York, che la rese famosa; seguirono Ternura (1924, Tenerezza), canti per l’infanzia e Tala (1938, Distruzione). Tra le opere in prosa: Lecturas para mujeres (1923) dedicato alla maternità e alla cura dell’infanzia, Recados, Contando a Chile (1957). Vinse il premio Nobel nel 1945, a 56 anni, «per la sua poesia lirica che, ispirata da forti emozioni, ha reso il suo nome un simbolo delle aspirazioni di tutto il mondo latino-americano». Passò gli ultimi anni della sua vita negli Stati Uniti, dove morì a New York nel 1957, per un cancro al pancreas. Il Cile dichiarò tre giorni di lutto.

Mistral ebbe con il suo paese un rapporto molto complicato: fu poco amata dalle élite per la sua mancata formazione accademica, che usarono e citarono comunque la sua fama a livello internazionale descrivendola come icona di maestra abnegata, di poeta bucolica e vergine. In realtà la sua sfida e i suoi versi furono ben altro: cantò la libertà, il popolo, il suo essere lesbica (bellissimo, il lungo carteggio dal ’48 al ’56, tra lei e Doris Dana, sua collaboratrice, complice e suo amore). Mistral parlò di panamericanismo con quasi cinquant’anni di anticipo, lavorò sulla dichiarazione dei diritti dei bambini all’ONU, fu antifascista e sospettosa del comunismo. Quando le chiesero come si definisse politicamente, disse: «Sono una socialista a modo mio, una umanista, con lo sguardo verso i poveri, i deboli». Seguendo la campagna elettorale del Cile nel 1952, in una lettera a Doris Dana, confessò: «C’è un candidato comunista che, disgraziatamente, è la persona migliore tra i tre». Era Salvador Allende.