Chi era Luca Ronconi

Massimo Marino racconta su "Doppiozero" la carriera di uno dei più famosi e creativi registi teatrali italiani, morto ieri a 81 anni

Massimo Marino ha raccontato sul magazine Doppiozero la vita e le opere di Luca Ronconi, importante regista italiano di teatro, morto ieri a Milano a 81 anni. Ronconi, dopo una breve carriera da attore, era diventato famoso nel 1969 grazie a un’innovativa riscrittura e messa in scena del poema Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, compiuta assieme al famoso poeta Edoardo Sanguineti. In seguito, ha lavorato a moltissime opere teatrale sia liriche sia in prosa, continuando anche a ricavare testi teatrali da famosi romanzi (Marino ricorda che Ronconi ha lavorato su testi di «Aristofane, Eschilo, O’ Neill, Calderon, Shakespeare, Goldoni, Ibsen, Pirandello, Brecht, e poi Kraus, Dostoevskij, Gadda, Nabokov»). Nel 1999 era diventato direttore artistico del Piccolo Teatro di Milano. Nel 2006 aveva ideato una serie di cinque spettacoli in vista delle Olimpiadi invernali di Torino. Al Piccolo di Milano sarà in scena fino al 14 maggio uno spettacolo in tre parti scelto da Ronconi, che ha collaborato alla sua realizzazione, e scritto dal drammaturgo Stefano Massimi: Lehman Trilogy.

Se ne è andato poco prima di compiere ottantadue anni Luca Ronconi, il maggiore regista italiano. I suoi ultimi spettacoli parlavano anche di morte. Di quella morte che probabilmente sentiva, con il suo stato di salute malfermo, con le numerose dialisi settimanali, le ore intere immobile, lui che era in ebollizione continua, forse a guardare i fantasmi della sua mente, quelli che poi avrebbero popolato il palcoscenico. Morti sospese, come in Celestina, che inizia sul cadavere di Melibea, e poi diventa uno sprofondamento ctonio, tra porte che aprono in sottomondi pullulanti di sesso e intrighi, cornici di porte che conducono al vuoto, prima di tornare, alla fine, di nuovo al corpo senza vita della giovane protagonista. Ma soprattutto in Panico di Spregelburd e in Lehman Trilogy di Stefano Massini, in scena al Piccolo Teatro di Milano fino al 14 maggio, suo ultimo lascito, il mondo dei vivi, grazie alla scena di altre porte, diverse, più eteree e minimaliste, sempre disegnate da Marco Rossi, si popolava di ritorni di personaggi trapassati, che non volevano lasciare la vita, i parenti, i discendenti nel caso della saga della trilogia Lehman che vedeva anche un funambolo in equilibrio precario sul filo attraversare le volatilità dell’economia.

Inventore di spazi. Spazi per la parola. Spazi per dare dimensione di vita ai testi, da smontare, da comprendere e far capire, da rovesciare, con quella famosa recitazione che dilatava, sottolineava, accentuava certi passaggi della frase, in cerca continuamente del sottotesto, della parte di vita, di intenzione nascosta sotto il linguaggio, delle possibili moltiplicazioni o opacità del senso.

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