• Mondo
  • Martedì 10 febbraio 2015

Ad Haiti si protesta ancora

Stavolta il motivo è il prezzo del carburante ma l'obiettivo vero è il presidente Michel Martelly, che da gennaio governa per decreto

Police fire tear gas towards protesters during a protest march in Port-au-Prince, Haiti, Saturday, Feb. 7, 2015. Several thousand protesters marched through Haiti's capital to demand lower gas prices and the ouster of President Michel Martelly. ( AP Photo/Dieu Nalio Chery)
Police fire tear gas towards protesters during a protest march in Port-au-Prince, Haiti, Saturday, Feb. 7, 2015. Several thousand protesters marched through Haiti's capital to demand lower gas prices and the ouster of President Michel Martelly. ( AP Photo/Dieu Nalio Chery)

Da diversi giorni ad Haiti si protesta contro l’aumento del prezzo del carburante: nelle ultime 48 ore i partiti di opposizione e un sindacato di trasportatori hanno proclamato uno sciopero costruendo delle barriere con pneumatici e altro materiale lungo le principali vie di accesso al centro di Port-au-Prince, la capitale. Lunedì 9 febbraio ci sono stati anche violenti scontri con la polizia: diverse persone sono rimaste ferite e una ventina di manifestanti sono stati arrestati. Gli agenti hanno usato cannoni ad acqua e gas lacrimogeni per disperdere la folla.

A seguito delle prime proteste il governo ha abbassato i prezzi del carburante, ma i manifestanti chiedono una riduzione più alta che arrivi almeno al 50 per cento del totale, a seguito anche del calo del prezzo del petrolio degli ultimi sei mesi: sostengono che il costo della vita nel paese sia in costante aumento e che larghe fasce della popolazione vivano in povertà. Il governo ha detto che le proteste potrebbero danneggiare la già fragile economia del paese e creare «conseguenze devastanti per le persone più vulnerabili». Il primo ministro Evans Paul (nominato alla fine del 2014) ha chiesto a tutti di stare calmi e ha detto che il governo «non può abbassare il prezzo della benzina: non è che non vogliamo, è che non siamo in grado di farlo».

Haiti è un paese che occupa la parte occidentale di una piccola isola delle Antille, nei Caraibi, e che vive da tempo una grave crisi umanitaria anche a causa del terremoto del 2010 che uccise oltre 220 mila persone. Oggi Haiti è anche il paese delle Americhe con il più basso indice di sviluppo umano, cioè un indice comparativo dello sviluppo dei vari paesi, calcolato tenendo conto di diversi fattori (aspettativa di vita, istruzione e reddito nazionale lordo pro capite).

Le proteste per i prezzi del carburante degli ultimi giorni si mescolano e si confondono con un’altra richiesta che prosegue da mesi: quella delle dimissioni del presidente Michel Martelly. Martelly è il leader del partito Réponse paysanne ed è un ex cantante noto con il nome «Micky le doux» (“Micky il dolce”): è appoggiato da Stati Uniti, Brasile, Canada e Unione Europea e dallo scorso 14 gennaio governa per decreto, da quando cioè il Parlamento è stato sciolto in seguito al fallimento di un accordo sulla nuova legge elettorale. Cinque giorni dopo Martelly ha annunciato la formazione di un nuovo governo. Ad Haiti non si tengono elezioni politiche o municipali da tre anni. Le manifestazioni anti-governative si sono intensificate negli ultimi mesi del 2014 e sono mano a mano diventate più violente, con i soldati delle Nazioni Unite presenti nel paese che hanno sparato in aria per disperdere la folla e la polizia che ha arrestato diverse persone.