Cosa vuol dire non potere coltivare Ogm

La scienziata Elena Cattaneo mette in fila le contraddizioni e le conseguenze della decisione del Consiglio di Stato di confermare il divieto di coltivare Ogm in Italia

An activist writes "GMO danger" after anti-GMO activists entered in a production site of US agro-chemicals giant Monsanto to protest against the use of GMO crops and ask for the extension of the moratory on MON810 corn, on January 17, 2014, in Trebes, southern France. AFP PHOTO / REMY GABALDA (Photo credit should read REMY GABALDA/AFP/Getty Images)
An activist writes "GMO danger" after anti-GMO activists entered in a production site of US agro-chemicals giant Monsanto to protest against the use of GMO crops and ask for the extension of the moratory on MON810 corn, on January 17, 2014, in Trebes, southern France. AFP PHOTO / REMY GABALDA (Photo credit should read REMY GABALDA/AFP/Getty Images)

Su Repubblica di domenica 8 febbraio Elena Cattaneo, scienziata, docente all’Università di Milano e senatrice a vita, ha commentato la decisione di giovedì 5 febbraio del Consiglio di Stato di respingere un ricorso presentato dall’imprenditore agricolo friulano Giorgio Fidenato, negandogli il permesso di utilizzare semi Ogm per le sue coltivazioni. Il 23 gennaio un decreto del governo aveva prorogato di 18 mesi il divieto di coltivare il mais geneticamente modificato MON 810. La decisione del Consiglio di Stato ha di fatto confermato il divieto di coltivare Ogm in Italia.

L’Italia ha definitivamente chiuso con gli Ogm. Con la decisione del Consiglio di Stato del 5 febbraio di vietare all’ultimo agricoltore friulano di coltivare mais Ogm e con la proroga del divieto di coltivazione appena firmato dai nostri Ministri in vista della nuova direttiva Ue, la quadratura è completa. Per questo motivo, forse, ora si può discutere più liberamente spiegando “culturalmente” e scientificamente cosa sono gli Ogm, cosa ci siamo (forse) persi, cosa (forse) perderemo nella competizione mondiale per il cibo, cosa abbiamo (forse) guadagnato, ma anche cosa si fa altrove nel campo delle biotecnologie vegetali. Oltretutto, ora che è impossibile coltivare Ogm (intendo quelli dimostrati sicuri per l’ambiente e la salute), viene meno anche l’accusa che chi parla a favore degli Ogm lo fa al “soldo delle multinazionali”. Paradossalmente, proprio oggi che siamo “liberi dagli Ogm”, abbiamo creato le condizioni per essere ancor più al “soldo delle multinazionali”. Siamo infatti costretti, per sempre e senza speranza, a comperare la mangimistica da loro, senza più ambire a contrapporre alcun nostro brevetto ottenuto da centri di ricerca pubblici, e quindi continuando ad acquistare anche sempre più semi (quelli non Ogm, ma che differenza fa?) dalle stesse multinazionali sementiere. Siamo anche tecnicamente dipendenti dalle multinazionali tedesche per le tonnellate di pesticidi che importiamo. E non ci si illuda di poter fare a meno della mangimistica Ogm, senza la quale le “mungiture di piazza” viste il 6 febbraio a Milano sarebbero solo un’anticipazione del disastro finale della zootecnica.

Su queste nuove basi, ho provato a rileggere gli ultimi eventi e li riassumerei nei seguenti punti:
1) L’Italia (come l’Europa) finge di chiudere agli Ogm. L’Europa lo fa lasciando liberi gli Stati di decidere, ben sapendo che molti Paesi mireranno a chiudere, piuttosto che informare i propri cittadini. Così sta accadendo in Italia e posso solo dispiacermi. Ma si chiuderà alle sole coltivazioni, perché quei 4 milioni di tonnellate di soia Ogm che importiamo ogni anno (10 mila tonnellate ogni giorno) saranno nascosti sotto il tappeto. Continueremo a importarli. A questi si aggiungono mais e cotone Ogm. Quindi a me pare che il “baccano” sulla volontà di divieto di coltivare Ogm mascheri una notizia importante, cioè che confermiamo la nostra dipendenza dalle importazioni.
2) Questa decisione sancisce anche che gli Ogm (mi riferisco, uno a uno ai 46 che l’Europa importa) non sono affatto dannosi per la salute animale e umana visto che in tutta questa discussione europea nessuno ha sollevato un grido di allarme circa la loro “pericolosità sanitaria”. Anche questa è una notizia importante.

(Continua a leggere sulla rassegna stampa dell’Istituto Treccani)

Foto: REMY GABALDA/AFP/Getty Images