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  • Domenica 8 febbraio 2015

Dentro un bordello australiano

A Perth, nell'Australia Occidentale, la prostituzione è legale: una giornalista di Slate ha raccontato come funziona e le storie di alcune ragazze

di Clarissa Sebag-Montefiore - Slate

In this picture made Friday, May 8, 2009, Eva, left, and Dana, right (full names not given) pose inside the Artemis brothel in Berlin. Like so many other businesses, Europe's largest legalized prostitution industry is having to adapt to the economic downturn. In response, clubs and brothels are increasingly marketing themselves either as high-class, exclusive spas, or as bargain basements of delight. (AP Photo/Franka Bruns)
In this picture made Friday, May 8, 2009, Eva, left, and Dana, right (full names not given) pose inside the Artemis brothel in Berlin. Like so many other businesses, Europe's largest legalized prostitution industry is having to adapt to the economic downturn. In response, clubs and brothels are increasingly marketing themselves either as high-class, exclusive spas, or as bargain basements of delight. (AP Photo/Franka Bruns)

«Che tipo di ragazza vuoi? Descrivimela. Sì, ho una bella bionda. Giovane, taglia 38, una terza. Non rimarrai deluso». Sono le 2 di mattina di una domenica, nella sala sul retro del Langtrees, il bordello più conosciuto della costa occidentale dell’Australia. Lana, la trasandata operatrice telefonica, posa la cornetta e mette gli occhiali per leggere al computer. Indica sulla foto di un profilo che mostra solo un enorme seno. «Bridgette Blue. Ha 23 anni». Si ferma e alza le sopracciglia: «Sono vere». Bridgette in poco tempo è alla porta. Ha dei tacchi a spillo dorati e scintillanti, rossetto rosso e uno spesso strato di fondotinta, a mascherare la pelle imperfetta. Le sue sopracciglia marroni sono disegnate e ha i capelli lunghi, ricci e biondi, come quelli di una Barbie. Per 495 dollari australiani (circa 335 euro) all’ora, Bridgette viene a casa tua o nel tuo hotel per fare sesso. Fuori, nella hall del bordello, più o meno altre diciassette donne – soprattutto australiane, ma anche asiatiche, africane ed europee – ingannano il tempo in attesa di essere chiamate per dei clienti che hanno telefonato da casa o per qualcuno appena entrato. Chiacchierano sui divani luccicanti e sgranocchiano delle tavolette di cioccolato prese dal distributore automatico, sotto una luce forte e nauseante. “A Hard Day’s Night” dei Beatles suona nell’impianto stereo.

Perth – una delle città più sperdute della terra – ha vissuto dei frutti del boom minerario australiano, lungo un decennio. Negli scorsi anni questa città di 1,9 milioni di abitanti è stata un posto isolato, nonostante le sue lunghe spiagge sabbiose e un’infinità di giorni di sole. Ora che gli abitanti sono diventati più ricchi, sono spuntati grattacieli scintillanti nel quartiere della finanza, vicino a locali alla moda e ristoranti eleganti. Ma il boom ha un lato nascosto. Manager e impiegati dell’industria mineraria ci arrivano spesso per lavorare qualche settimana alla volta, lontano dalla costa o in miniere isolate, e poi tornare indietro. Poiché hanno scarse probabilità di iniziare una relazione se sono single, o poiché si trovano lontano dalle mogli e dalle famiglie se sono sposati, molti si rivolgono alle prostitute per avere dei momenti di intimità. Come dice una prostituta: «Sono giovani, sono scemi, hanno un sacco di soldi e non c’è niente di male ad andare in un bordello».

Qui i giornali locali sono zeppi di annunci pubblicitari di prostitute. Qualcuna fa pagare i clienti anche solo 40 dollari all’ora, spesso utilizzando i sedili posteriori della propria auto (o limousine). “Langtrees”, uno dei più bordelli più vecchi e più costosi, è più lussuoso. Si trova a pochi minuti di macchina da Crown Perth, un grosso complesso stile Las Vegas, che consiste in un casinò aperto 24 ore al giorno, sfarzosi hotel internazionali, un night club e molti ristoranti e bar. Con le sue porte discrete, nascoste in una buia strada laterale, Langtrees è un diverso tipo di istituzione della vita notturna. Ma gli uomini vengono anche qui, per spendere molti soldi. Della tariffa di 400 euro all’ora, metà va dritta al bordello, e metà è messa in una busta che il cliente dà direttamente alla ragazza. Gli “extra” costano di più. Sudici menu rivestiti e sparpagliati sui tavolini bassi del bar elencano i prezzi per baci, sesso anale e sesso orale (a partire da 50 dollari l’uno). In questa umida sera estiva, un uomo paffuto con gli occhiali gironzola timidamente vicino alla reception. Vedendolo esitare, la donna lo porta in fretta a conoscere una ragazza. Un gruppo di irlandesi ubriachi, arrivati dal casinò vicino, barcollano accanto al tavolo da biliardo, trangugiando birra. Più tardi due uomini poco più che ventenni – entrambi di bell’aspetto, uno con una chioma di rasta alla moda – sono presentati a un gruppetto di ragazze. «Chiedo scusa, come ti chiami?», chiede gentilmente il tizio coi rasta. «Piacere di conoscerti, io sono Christian».

Il Langtrees, che ha filiali in tutta l’Australia, si vanta della sua atmosfera lounge. Le donne, in abiti succinti e tacchi vertiginosi, si mettono ancora in fila perché i clienti scelgano chi vogliono. Hanno tutte un profilo online con i dati fondamentali elencati: età, taglia di reggiseno, colore dei capelli e altezza (di qualcuna si vede il volto, di altre no). Ma più spesso, gli uomini vengono qui con i loro amici, bevono qualcosa, giocano un po’ a biliardo e parlano con le ragazze prima di andare di sopra. «È tutta un’esperienza», dice Sue, la donna che gestisce il bordello: «Non è solo una sveltina. [Il bar e il lounge] danno agli uomini la possibilità di rilassarsi». Rilassarsi, certo. Ma quando si parla di affari, le cose diventano subito più regolamentate. Le stanze private, con nomi come “Doppio Piacere” e ‘Sogni d’Oro” sono decorate con volgari murales di atti sessuali e lenzuola economiche. Una volta che la porta è chiusa, la ragazza chiede all’uomo di farsi una doccia. Solo dopo che gli ha esaminato i genitali in cerca di malattie sospette o sfoghi cutanei (se ne ha bisogno chiama qualcuno di sotto per una seconda opinione) la prestazione comincia.

Nell’Australia Occidentale, l’industria del sesso si muove in una zona grigia: la prostituzione non è illegale, ma lo sono le attività connesse, come i bordelli e i protettori (in altri stati sono legali). Per anni, tuttavia, le autorità hanno chiuso un occhio sui posti come il Langtrees. E, come i minatori, quelli che lavorano nell’industria del sesso sono affluiti in massa a Perth da altri posti – a volte arrivando da lontano, dall’Europa o dal Sud America – per via della grande richiesta e delle paghe alte. Conosciute come ragazze “fly-in, fly-out”, trascorrono periodi di tempo molto intensi vivendo, lavorando e mangiando nel bordello. Molti affittano un letto a castello e un armadietto per una piccola somma, che si aggiunge ai 50 dollari a notte per lavorare: sostanzialmente affittano il marchio del Langtrees. I soldi fanno sì che ne valga la pena. Lavorando per turni di nove ore, le ragazze possono aspettarsi di guadagnare più di 7000 dollari a settimana. Le ragazze di punta possono guadagnare il doppio. «Non c’è politica, non ci sono lamentele. Sono qui per lavorare, per fare il loro lavoro» spiega Sue. «Sono in cerca del biglietto d’oro».

“Eliza Champagne”, una ragazza mora con i capelli legati meticolosamente dietro con una pinza, e il cui aspetto da ragazza della porta accanto contrasta con la sua gonna leopardata troppo attillata, si lascia cadere sul divano con un caffè solubile. Eliza, 25 anni, oltre a prostituirsi fa i turni come infermiera in un ospedale (e poiché è anche un’appassionata cavallerizza, sta anche per lanciare un suo marchio di abbigliamento per fantini). Proviene da una famiglia della classe media – suo padre è un politico importante – ma è orgogliosamente indipendente. «Non sopporto che la gente mi regali i soldi», dice. Ora non ne ha bisogno. Quando aveva 18 anni, al suo primo lavoro da prostituta in assoluto, Eliza ha guadagnato 4.500 dollari. Vivace, divertente e solare, vive a Perth con il suo compagno, che lavora nell’industria mineraria, ma gli tiene nascosti i suoi guadagni collaterali, così come agli amici e alla famiglia. «Nessuno sa che lo faccio. Il lavoro di per sé è un tabù: non è qualcosa di cui essere orgogliosi, dire che fai sesso con tot uomini al giorno. Questo mi secca, perché è semplicemente un lavoro» («Io sgattaiolo fuori e i miei amici pensano che io sia a sciare» interviene un’altra prostituta, una studentessa universitaria di nome Ruby). Eliza poco tempo fa ha detto al suo migliore amico maschio che cosa fa, e la prima cosa che le ha chiesto è stata: “Dove batti?”. «Pensava fossi una prostituta da strada» dice ridendo, incredula. «Faccio sesso solo per circa il 50 per cento delle mie prenotazioni. Offro più un’esperienza da fidanzata. Non sono una pornostar. Non urlo e non faccio sesso anale. Uso un nome falso quando lavoro, ma offro la vera me: [gli uomini] apprezzano la spontaneità, perché le ragazze autentiche li eccitano».

Il Langtrees offre tutto, dalla flessibile e mozzafiato “Diamond”, caraibica di 19 anni, alla quarantenne ossigenata Alina, una mamma single russa sui quarant’anni. Spesso gli uomini chiamano chiedendo una donna “matura” o una cougar (un’espressione con cui si indicano le donne che cercano uomini molto più giovani). Due delle donne che lavorano qui sono esperte come “dominatrici”, e il bordello ha una sala separata per le orge e per gli scambisti, piene di finestre di vetro con tende che possono essere chiuse o aperte per farsi guardare. Ferire a sangue con le fruste e le altre pratiche di “bondage” sono proibite.

I bordelli sono un’arena in cui mettere in scena le fantasie. Una delle prostitute del Langtrees più famose di sempre è stata Sasha, una donna transgender da uomo a donna non operata con una vita fine e grossi seni. Sasha sembrava una donna in tutto e per tutto, ma aveva il pene. I clienti chiamavano in anticipo, per poi essere accompagnati attraverso la porta sul retro per non essere visti – o giudicati – dagli altri uomini. Sue dice: «Erano tutti signori sopra i trent’anni, non più giovani. I ragazzi più giovani stanno ancora affrontando la propria sessualità». Alina, la russa, si sta riposando nel dormitorio. Si aggiusta la coda e il vestito rosa, e dà un morso al suo Big Mac. «Lo stereotipo che dice che siamo tutte alcolizzate, tossicodipendenti, e che abbiamo fidanzati papponi non è vero», dice con un forte accento. Alina lavorava come commessa, guadagnando solo 20 dollari all’ora nel negozio di Christian Dior. Ma quando il suo compagno l’ha lasciata a dover crescere il loro figlio da sola, ha iniziato a faticare e ha dovuto chiedere il sussidio: «Mi sentivo come una mendicante». Ora le cose sono diverse: va in vacanza, si compra cose di lusso e, quando non è via al Langtrees, passa del tempo con la sua famiglia a casa sua, a Sydney. «Mi prenderò quella borsetta, me la merito», dice pulendosi la salsa dalla bocca, «ho una borsa Louis Vuitton e delle scarpe Louboutin. Il mio bambino può avere tutto». Tutto questo è arrivato dopo dei sacrifici: Alina ricorda di essere stata messa alle strette da un tizio strafatto, che era appena uscito di prigione, e che aveva provato a obbligarla a fare sesso senza preservativo. «Era uno stupro» dice. Ma questo non l’ha scoraggiata: «Vai a casa con 1.000 dollari in una mano e passi una buona serata. Perché no?».

Non tutti sono d’accordo. «Le cose peggiori sono la segretezza e il rientrare a casa tardi. Stai qui fino alle nove di mattina, a volte» spiega Laticia, 27 anni, una delle due dominatrici. E aggiunge: «Gli uomini più vecchi sono più rispettosi. Quelli giovani pensano solo che non dovrebbero pagare. Pensano che dovrebbe spettare loro gratis. Un tizio [che aveva chiamato da casa] una volta ha detto: “Possiamo fare in fretta? Perché mia moglie sta tornando da fare delle commissioni”. Certi uomini non hanno limiti». A volte, quando un uomo è stato troppo insistente, Laticia si sente abbandonata dalla legge. Alza le spalle: «La polizia, appena scopre che sei una prostituta, se ne frega. Pensano che sia colpa tua, per esserti andata a cacciare nei guai». Nessuna donna dice di essere stata vittima di violenze al Langtrees e il bordello assume solo donne che possono lavorare legalmente. Ma lo stupro, il traffico di persone e la salute, specialmente per quanto riguarda le malattie sessualmente trasmissibili, sono cose di cui l’industria si preoccupa. La concorrenza spietata può peggiorare le cose. Quando Sasha, la donna transessuale, ha iniziato a diventare famosa, le altre donne sono diventate invidiose. Alcune hanno iniziato a dire ai propri clienti che non era “una vera donna”. La direzione, preoccupata che Sasha potesse diventare vittima di violenza omofoba, le ha consigliato di andarsene.

Sue sistema le telecamere di sicurezza per controllare che sia tutto in ordine, tira fuori una sigaretta e si siede sulla sedia alla sua scrivania, nel suo ufficio. La donna, di mezz’età e con quattro figli, ha degli occhiali con la montatura nera, quadrata, e una maglietta grigia. È severa, ma gentile. Chiama le ragazze “tesoro” e ascolta i loro problemi. Questa sera una deve andarsene prima per fare il bagno nel sale inglese: troppo sesso l’ha indebolita. Sue capisce: in passato ha lavorato a sua volta al Langtrees. «Mio marito e io volevamo davvero andare avanti» spiega. La sicurezza e la salute sono le principali priorità. Alle ragazze vengono insegnate varie cose, tipo come resistere sull’obbligo di utilizzare un preservativo (i “topi da bordello” sono odiati per il loro provare a toglierseli), o come sedurre un uomo in modo «da non essere scopate per tutta l’ora. Come usare l’olio per i massaggi, come lavarti» spiega Sue, mettendoci enfasi. «C’entra un sacco di roba: perché non devi lasciare che gli uomini ti strizzino i capezzoli come se fossi una radio che deve essere sintonizzata? Perché finirai con l’avere male, col procurarti un’irritazione». Sue vede il sesso, a 400 dollari all’ora, come un’“arte”: dà alle ragazze il suo rispetto, e in cambio si aspetta che offrano delle prestazioni all’altezza (gli uomini possono recensirle su dei forum molto popolari). Ma il problema rimane. I bagni sono arredati con luci blu fosforescenti per scovare la droga: nel bordello non è tollerata («Ho visto la metanfetamina e cosa ha fatto su una ragazza: era bella, ed è diventata una donna orribile e scheletrica. È così triste»). Sue sostiene che le ragazze debbano avere l’ultima parola: «Dico sempre loro: la prima volta dite al signore “Tesoro, non mi piace, no”. La seconda vi sedete e dite “Ho detto di no, se lo rifai, la finiamo qui”. La terza volta vi mettete addosso un asciugamano, uscite e gli ridate la busta. Quando una donna dice di no, è così e basta. [Gli uomini] per lo più fanno i bravi. Quando sono nudi, sono vulnerabili.

«Il Langtrees è a posto: vediamo tanto successo, ma anche tanto fallimento» mi racconta, «ho perso una cara amica, che si è suicidata. Era troppo per lei: si è impiccata al Perth Park». Poi Sue si ferma. E dice ancora: «Oggi una ragazza di 36 anni è venuta a chiedere di poter lavorare. Anche se aveva 36 anni, l’abbiamo rimandata a casa a ripensarci. Le rimandiamo sempre a casa. È molto importante. Perché sai, ogni volta che hanno un rapporto sessuale con qualcuno, stanno vendendo una parte della propria anima».

Alcuni nomi sono stati cambiati per nascondere la vera identità delle persone.

© Slate 2015

Foto: Due donne in un bordello a Berlino. (AP Photo/Franka Bruns)