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  • Martedì 20 gennaio 2015

Le indagini sulla morte di Alberto Nisman

L'ipotesi del suicidio resta la più probabile, ma ci sono ancora cose che non tornano nella morte del procuratore che stava indagando sul presidente argentino Cristina Kirchner

Da lunedì a Buenos Aires, in Argentina, la polizia sta indagando per capire quali siano state le cause della morte di Alberto Nisman, il procuratore che stava indagando sulla presidente della Repubblica Cristina Kirchner e su alcuni membri del governo, trovato morto nel suo appartamento in città poche ore prima che riferisse davanti a una commissione parlamentare sugli ultimi sviluppi della sua inchiesta. Nisman è stato trovato in bagno dalla madre del procuratore, accompagnata da un agente di polizia, con una pistola con la quale si ipotizza si sia sparato nel tardo pomeriggio di domenica.

La procuratrice Viviana Fein, che sta indagando sulla morte di Nisman, ha detto che dai risultati preliminari sull’autopsia ci sono diversi elementi che suggeriscono “nessun intervento” da parte di altre persone nei momenti in cui il procuratore è morto. La prove raccolte nell’appartamento suggeriscono che Nisman sia morto a causa di un unico colpo alla tempia, sparato a breve distanza. Il proiettile è stato ritrovato nel suo cranio e il suo calibro è compatibile con quello della pistola trovata a poca distanza dal suo corpo.

La porta dell’appartamento era stata chiusa dall’interno e la chiave era ancora all’interno della toppa, cosa che potrebbe confermare il fatto che al momento della morte Nisman fosse solo in casa. Un primo test per rilevare la presenza di polvere da sparo sulle mani del procuratore ha però dato esito negativo. Si tratta comunque di un esame preliminare e ne saranno condotti di più approfonditi, per avere maggiori dettagli e sicurezze sul fatto se il colpo sia stato sparato o meno dallo stesso Nisman.

Fein ha detto che con molta probabilità si può parlare di un caso di suicidio, almeno stando agli indizi raccolti finora. Sul corpo di Nisman non c’era segno di ferite o di colluttazioni avvenute poco prima della morte. Anche l’appartamento al momento del ritrovamento del cadavere era in ordine. Fein ha detto che non esclude comunque la possibilità che Nisman abbia ricevuto un qualche tipo di pressioni, minacce o istigazioni che lo avrebbero poi portato al suicido. Ma saranno necessarie ulteriori indagini per chiarire questo aspetto.

La settimana scorsa il procuratore Nisman aveva accusato la presidente dell’Argentina Cristina Kirchner, il ministro degli Esteri e altri funzionari del governo di avere cospirato per insabbiare un’indagine che si sarebbe dovuta occupare del coinvolgimento dell’Iran in un attacco esplosivo a un centro ebraico a Buenos Aires nel 1994, che causò la morte di 85 persone e il ferimento di almeno 200. Secondo Nisman, Kirchner avrebbe chiesto al suo ministro degli Esteri Hector Timerman e ad altri funzionari di attivarsi per trovare una qualche forma di immunità per alcune persone di origini iraniane sospettate per l’attacco, sperando in questo modo di migliorare i rapporti diplomatici e commerciali con l’Iran per ottenere forniture di petrolio a prezzi più vantaggiosi e attenuare così i problemi dovuti alla crisi energetica in Argentina. Il piano alla fine non sarebbe stato comunque realizzato.

A distanza di venti anni non sono ancora del tutto chiare le responsabilità per l’attacco contro il centro ebraico. Nisman sosteneva che la strage sarebbe stata organizzata dall’Iran, che avrebbe poi affidato al gruppo libanese Hezbollah il compito di eseguirla. Nel 2007 furono emessi mandati internazionali per l’arresto di sei cittadini iraniani sospettati di essere coinvolti nell’attacco. Sono ancora latitanti e in più occasioni il governo iraniano ha negato qualsiasi coinvolgimento. Secondo l’inchiesta, quando erano in corso le trattative per organizzare la commissione intergovernativa tra Argentina e Iran, il ministro degli Esteri argentino avrebbe promesso di fare pressioni sull’Interpol per fare ritirare i mandati di cattura. Le cose si sarebbero complicate quando l’Interpol decise di mantenere i mandati, rendendo meno vantaggioso il piano per l’Iran.

Lunedì migliaia di persone hanno manifestato a Buenos Aires, chiedendo al governo trasparenza sulla morte di Nisman e mostrando cartelli che dicevano “Siamo tutti Nisman, volete ucciderci tutti?”. Ci sono state manifestazioni anche in altre città dall’Argentina, sempre in segno di solidarietà nei confronti del procuratore e per chiedere che sia fatta chiarezza su che cosa avvenne nel 1994.

In seguito alle critiche ricevute nelle ultime ore, il governo argentino ha chiarito che Nisman disponeva di una scorta di dieci persone, che però tenevano sotto controllo il suo appartamento senza entrarci. Sono entrati in casa solo quando il procuratore non ha risposto a una telefonata.