Le case automobilistiche barano sui consumi delle macchine?

Un nuovo studio sostiene che i consumi di carburante e le emissioni siano il 30 per cento più alti di quelli dichiarati, per via del metodo utilizzato nei test

di Andrea Fiorello – @andreafiorello

L’organizzazione europea non governativa Transport & Environment (T&E) – una lobby ambientalista che opera nel settore dei trasporti per promuoverne lo sviluppo sostenibile – ha pubblicato uno studio in cui sostiene che i reali consumi di carburante delle automobili europee sono in media del 31 per cento superiori rispetto a quelli dichiarati dalle case produttrici, un gap che la stessa T&E definisce “un abisso” rispetto all’8 per cento del 2001. Secondo lo studio un’automobile nuova costa in carburante al guidatore-tipo circa 500 euro in più l’anno, rispetto a quanto dovrebbe se i suoi consumi reali corrispondessero a quelli ufficiali.

La differenza tra consumi dichiarati ed effettivi delle auto è una questione molto dibattuta negli ultimi anni – la stessa cosa vale per le emissioni di CO2, ossidi di azoto e polveri sottili – che vede contrapposte da un lato le case costruttrici e dall’altro le associazioni ambientaliste e dei consumatori, con l’Unione Europea a svolgere il ruolo di arbitro e legislatore. Le ONG accusano i produttori di falsare i risultati del test europeo NEDC (New European Driving Cycle), che misura in modo scientifico le emissioni inquinanti e i consumi delle nuove auto in uscita.

Il NEDC è un test di omologazione cui sono sottoposti tutti i nuovi modelli, che dovrebbe riprodurre l’uso tipico di un’automobile in Europa. Fu introdotto nel 1970 per calcolare i consumi in città e ampliato nel 1990 con l’aggiunta di un test per il consumo extraurbano: è periodicamente aggiornato nei parametri dal World Forum for Harmonization of Vehicle Regulation della UNECE, la commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite.

L’attuale normativa prevede che il test NEDC sia svolto da un’auto col motore freddo, a una temperatura compresa tra i 20 e i 30 gradi centigradi, su una strada piatta e in assenza di vento. Per migliorare la ripetibilità delle misurazioni, il test è fatto di norma in un laboratorio al chiuso, su un banco a rulli che simula la resistenza aerodinamica e la massa dell’auto. La procedura inizia a motore spento e prevede alcune sequenze fisse fatte di accelerazione, marcia a velocità costante e frenata, che si ripetono con durata e velocità diverse a seconda che il ciclo sia urbano o extraurbano.

Durante il test NEDC tutti i dispositivi accessori sono spenti, quindi le misurazioni sono effettuate con luci, aria condizionata, sbrinatore posteriore e navigatore satellitare disattivati. Questa condizione – piuttosto distante dal normale uso di un’auto su strada – è una delle motivazioni per cui T&E descrive come irrealistici i risultati dei test, che sono minati ulteriormente nella loro attendibilità da altri fattori:

1. Le sequenze del test prevedono accelerazioni lente e velocità basse, lontane dallo stile di guida reale, ed esagerano i benefici di nuove tecnologie come lo Stop&Start (che spegne il motore quando l’auto è stazionaria) perché nel corso del test l’auto è ferma per il 20 per cento del tempo totale.

2. Le procedure adottate sono vecchie di trent’anni e facilmente aggirabili tramite alcuni stratagemmi come l’uso di lubrificanti più efficienti, diversi da quelli di serie, e di gomme gonfiate troppo per ridurre la resistenza al rotolamento. T&E sostiene addirittura che le centraline elettroniche che controllano il funzionamento del motore capiscono quando si sta svolgendo un test NEDC e riducono consumi ed emissioni di conseguenza.

3. I costruttori di auto sottopongono al test di omologazione prototipi o modelli di pre-produzione, che potrebbero non corrispondere a quelli di serie o addirittura essere stati realizzati appositamente per il test.

4. Sono gli stessi produttori di auto a pagare il servizio di omologazione, che viene spesso realizzato nei laboratori dei produttori stessi. A effettuare il test non è un’autorità indipendente, ma aziende private, che hanno tutto l’interesse – sostiene T&E – a ottenere risultati che gratifichino i loro committenti.

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I dati ufficiali raccolti dal 2008 al 2013 sulle emissioni di CO2 delle auto nuove mostrano una discesa della media da circa 155 g/km a meno di 130 g/km, mentre secondo i calcoli di T&E e del suo equivalente a livello mondiale ICTT – che si basano su studi indipendenti e dati raccolti dal sito Spritmonitor su circa mezzo milione di veicoli circolanti – il reale trend sarebbe partito da 180 g/km e migliorato di appena 13,6 g/km. In base alle statistiche di T&E, in sintesi, il 50 per cento dei progressi dichiarati dalle case a partire dal 2008 non ci sarebbe stato.

Per ridurre l’impatto ambientale delle auto, che in Europa contribuiscono per il 15 per cento al totale delle emissioni di CO2, dal 2020 l’Unione Europea introdurrà nuove e più stringenti limitazioni alle emissioni di anidride carbonica (CO2) delle auto nuove. La normativa prevede l’obbligo per i costruttori di ridurre l’emissione media della gamma di veicoli prodotti dai 130 g/km del 2015 ai 95 g/km del 2020, ma secondo lo studio di T&E gli stratagemmi sempre più sofisticati dei costruttori d’auto potrebbero vanificare l’efficacia dei nuovi limiti.

La comprovata scarsa affidabilità del test NEDC ha spinto la UNECE a sviluppare un nuovo ciclo di misurazione dei consumi chiamato WLTP (Worldwide harmonized Light vehicles Test Procedures), che dopo anni di studi dovrebbe essere pronto entro ottobre 2015. Il WLTP utilizzerà simulazioni più vicine all’uso reale di un’auto e su proposta della Commissione Europea e del Parlamento Europeo potrebbe essere introdotto nel 2017.

Il nuovo ciclo e i sempre più stretti limiti alle emissioni hanno provocato le critiche dei costruttori automobilistici, già in difficoltà con la gestione dei costi a causa della stagnazione economica europea, che ha fortemente ridotto le vendite. Lo scorso ottobre, l’amministratore delegato del gruppo Volkswagen Martin Winterkorn ha detto che ogni grammo in meno nella media della CO2 emessa dalla gamma costa al gruppo 100 milioni di euro. Anche Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat Chrysler, ha criticato l’idea di abbassare ulteriormente i limiti alle emissioni, dicendo: «Ci sono cose che non si fanno in tempi di contrazione economica, non si caricano costi aggiuntivi su un’industria che sta già faticando».

Lo studio di T&E enfatizza la necessità di introdurre il WLTP, ma sottolinea che la sua efficacia sarà limitata se i test verranno ancora effettuati dai costruttori stessi. Inoltre la ONG propone di obbligare le case automobilistiche a comunicare quanto contribuiscono ad aumentare consumi ed emissioni i singoli accessori come l’aria condizionata e a spiegare in modo chiaro ai consumatori la classe di emissioni cui il singolo modello appartiene. L’aggiornamento del sistema di etichette, simili a quelle già in uso sugli elettrodomestici, e una comunicazione più trasparente aiuterebbero i clienti a comparare in maniera più precisa e consapevole i consumi effettivi e l’impatto ambientale delle auto in commercio.

Il modello di riferimento è quello statunitense, dove l’agenzia federale per la protezione dell’ambiente (United States Environmental Protection Agency, EPA) vigila sull’omologazione di consumi ed emissioni delle auto nuove. L’EPA è un’autorità indipendente che verifica la corrispondenza tra valori dichiarati e valori reali effettuando test su auto di produzione, i suoi controlli hanno portato negli ultimi anni all’emissione di sanzioni milionarie nei confronti delle case produttrici. Il caso più recente riguarda i produttori coreani Hyundai e Kia, che lo scorso 3 novembre si sono accordati con il governo statunitense per il pagamento di una multa da 350 milioni di dollari, dovuta a un’inchiesta condotta dall’EPA nel novembre 2012 che aveva dimostrato come i due marchi avessero falsato i test dei consumi su alcuni modelli. Oltre alla multa, il rimborso dei danni causati ai proprietari delle auto (1,2 milioni in totale) dai maggiori consumi è costato a Hyundai e Kia 395 milioni di dollari.

Foto: KHALED DESOUKI/AFP/Getty Images