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  • Lunedì 6 ottobre 2014

La morte di un troll di Twitter

Una donna che era stata accusata in tv di avere perseguitato online i genitori di Madeleine McCann - scomparsa nel 2007 - è stata trovata morta in un albergo

di Terrence McCoy – Washington Post

La donna che si faceva chiamare “Sweepyface”, avvicinata fuori dalla sua casa in centro a Londra, aveva un’espressione allarmata quando la telecamera prese a girarle intorno. Su Twitter era diventata famosa per aver accusato una coppia di genitori del Regno Unito di essere stati complici della sparizione della loro figlia di 3 anni, nel 2007. Chiamando Gerry e Kate McCann “il peggio dell’umanità”, su Twitter augurava loro di “soffrire per il resto delle loro miserabili vite”. Ma ora, nella soffice luce del giorno, aveva abbandonato quella aggressività e appariva timida e spaventata.

«Possiamo parlarle del suo account Twitter?», chiede un reporter di Sky News alla 63enne Brenda Leyland.
«No» risponde Leyland, che è quello che chiamiamo una Troll.
«Perché li attacca così regolarmente?» continua il reporter, dicendole anche che la polizia ha aperto un’indagine sui suoi tweet.
«Posso fare quello che voglio», dice lei.

Questo è successo giovedì. Alcuni giorni dopo, e dopo una violenta reazione del pubblico seguita al servizio di Sky News, Brenda Leyland è stata trovata morta in un Marriott Hotel, a circa 25 chilometri da casa sua. Le circostanze della sua morte non sono chiare, ma un medico legale ha detto alla BBC che “la sua morte non è trattata come un caso sospetto”.
Tuttavia il suo smascheramento televisivo e la sua morte hanno suscitato nuove domande sulla quesitone degli abusi online e in particolar modo quelli che si sviluppano come “processi sui social network“. Sembra che nel regno dell’anonimato online, pieno di soggetti livorosi come Sweepyface, l’identificazione pubblica, e la vergogna che ne consegue, siano diventati la più grande delle punizioni.
Sky News, che ha puntato le sue telecamere su Leyland e poi presentato la storia con il titolo “Gerry McCann chiede che vengano puniti i troll” è stata laconica dopo la sua morte. “Siamo dispiaciuti per la morte di Brenda Leyland”, dice un comunicato della rete. “Sarebbe inappropriato speculare o commentare ulteriormente in questo momento”.

La storia della scomparsa di Madeleine McCann iniziò un giovedì sera del 2007 in un resort portoghese. Il Daily Telegraph ha chiamato la vicenda “il caso di persona scomparsa più seguito mediaticamente dell’era moderna”. Mentre i suoi genitori cenavano in un ristorante, la bambina sparì e non è più stata vista da allora. Si è detto che inizialmente la polizia portoghese sospettasse proprio dei genitori – spingendo molti tabloid a riportare quelle notizie che successivamente il Guardian chiamò “insinuazioni diffamatorie” – ma alla fine però li abbia sollevati da ogni sospetto. I genitori, entrambi medici, hanno continuato a cercare la figlia. «Non smetteremo mai di cercarla, come potremmo?» ha detto la madre una volta. «Quale genitore smetterebbe di cercare il proprio figlio?».

Ma anche i membri della corte suprema di Internet e i loro computer non hanno lasciato perdere il caso, e in questi anni hanno diffuso una storia diversa. Nel 2007 i social media e un certo tipo di investigazione privata online stavano muovendo i loro primi passi. I complottisti si scambiavano gossip su forum anonimi, pubblicavano documentari, creavano siti web e riversavano torrenti di tweet incendiari e insinuanti a proposito della sparizione di Madeleine McCann.

“La campagna per incriminare i McCann per la morte della loro bambina è stata combattuta prevalentemente online, dove la normale decenza viene raramente usata”, ha scritto il giornale irlandese Independent nel 2012. “C’è una sorta di familiarità, forse anche intimità, nelle conversazioni online che incoraggia gli sconosciuti a sentirsi parte in causa in storie che appartengono ad altre persone. Kate e Gerry non sono soltanto state le vittime emblematiche del bullismo online, ma anche alcune tra le prime”.

Dopo anni di complottismo, intrighi e accuse senza fondamento, la Metropolitan Police lo scorso venerdì ha detto a Sky News di avere iniziato a indagare su un dossier di 80 pagine di tweet, post su Facebook e altri messaggi che avevano i due genitori come bersaglio. Alcuni di quei messaggi dicevano che i due avrebbero dovuto essere torturati e che sarebbero “bruciati all’inferno”. Alcuni di questi messaggi erano stati mandati da un utente di Twitter che apparentemente era Brenda Leyland. Una volta aveva twittato questo “Domanda: quanto a lungo devono soffrire i McCann? risposta: per il resto delle loro miserabili vite”.

Gerry McCann, che sostiene che sua moglie e i suoi figli hanno ricevuto minacce, dice di non aver visto i tweet di Leyland, ma in un’intervista con la BBC ha detto che «qualcosa deve essere fatto per gli abusi su Internet. Probabilmente serve che più persone vengano formalmente accusate… dobbiamo trattare le persone che stanno causando questi danni in modo esemplare».

I vicini di casa, dice il Daily Mail, si sono detti sorpresi della notizia della morte di Layland e del fatto che lei fosse dietro all’account Sweepyface. “Era una persona molto riservata, ma tutti sono stati molto sorpresi quando è stata accusata di aver trollato i McCann”, ha detto uno: “sono sicuro che nessuno si sarebbe aspettato che lei potesse fare una cosa del genere: e nessuno le perdona quello che si dice abbia fatto”.

Su Twitter la risposta è stata molto meno moderata. “Vedo che i McCann sono responsabili per un’altra morte”, ha scritto qualcuno.

©2014 The Washington Post