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  • Martedì 30 settembre 2014

La squalifica del presidente del CONI

Giovanni Malagò è stato escluso per 16 mesi dalle attività della Federnuoto, una delle federazioni sportive che lui stesso governa

Foto Roberto Monaldo / LaPresse
08-07-2014 Roma (Italia)
Politica
''L'impatto economico dello sport in Italia", organizzato da Juventus Club Camera-Senato, in collaborazione con l'Associazione parlamentare ''Giovanni Agnelli'' Juventus club Parlamento
Nella foto Giovanni Malagò

Photo Roberto Monaldo / LaPresse
08-07-2014 Rome (Italy)
'' The economic impact of sport in Italy "
In the photo Giovanni Malagò
Foto Roberto Monaldo / LaPresse 08-07-2014 Roma (Italia) Politica ''L'impatto economico dello sport in Italia", organizzato da Juventus Club Camera-Senato, in collaborazione con l'Associazione parlamentare ''Giovanni Agnelli'' Juventus club Parlamento Nella foto Giovanni Malagò Photo Roberto Monaldo / LaPresse 08-07-2014 Rome (Italy) '' The economic impact of sport in Italy " In the photo Giovanni Malagò

La Commissione Disciplinare della Federnuoto (FIN) – la federazione affiliata al Comitato Olimpico Nazionale (CONI) che coordina le attività del nuoto sportivo in Italia – ha condannato lunedì il presidente dello stesso CONI Giovanni Malagò a una squalifica di 16 mesi, in cui dovrà sospendere ogni attività sociale e federale all’interno della Federnuoto per la violazione dell’articolo 12 del regolamento di giustizia federale e degli articoli 2 e 7 del codice di comportamento del CONI relativi al dovere di lealtà e correttezza.

La squalifica deriva dalle cose che lo stesso Malagò – che dal 1997 è presidente del Circolo Canottieri Aniene, che aderisce alla Federnuoto – ha detto davanti alla Giunta del CONI lo scorso 4 marzo, accusando Paolo Barelli, presidente della FIN, di truffa aggravata a causa di una doppia fatturazione di circa 820mila euro per i lavori di manutenzione alla piscina usata per i Mondiali di nuoto del 2009 organizzati a Roma (un evento il cui problematico andamento dei lavori è stato oggetto di molte inchieste giudiziarie e giornalistiche negli ultimi anni).

Piero Sandulli, presidente di sezione della Corte federale di appello della FIGC – che non c’entra con questa storia, sia chiaro – ha spiegato così ai giornali gli effetti reali della squalifica: «La sanzione inflitta dalla Disciplinare della Federazione Italiana Nuoto nei confronti di Giovanni Malagò non incide in alcun modo sul CONI o sul ruolo del presidente, essendo limitata all’ambito della FIN e all’attività che Malagò può svolgervi in qualità di presidente della società Aniene. Non ci sono riflessi sull’attività del CONI, ma certo la situazione che si è creata non aiuta l’immagine dello sport italiano. La sanzione di 16 mesi, poi, è piuttosto pesante, non se ne ricordano tante neanche nel mondo del calcio per ben altri fatti…».

Il litigio tra Malagò e Barelli nasce proprio dall’assegnazione dei Mondiali a Roma: subito dopo l’annuncio Barelli, che era già presidente della FIN, tentò senza successo di estromettere Malagò, presidente del comitato organizzatore, perché lo riteneva inadeguato. I rapporti si rovinarono ulteriormente dopo i Mondiali, quando litigarono sulla loro riuscita; per arrivare a febbraio 2014 quando il CONI (cioè Malagò che ne è presidente del 2013) denunciò la FIN (cioè Barelli) accusandolo di una truffa sui finanziamenti per la piscina. A marzo la procura della Repubblica di Roma aveva chiesto l’archiviazione del caso, ma un nuovo esposto del CONI ha convinto il gip a rinviare le carte al pubblico ministero. Entro dicembre il pm dovrebbe decidere se archiviare nuovamente il caso o chiedere il rinvio a giudizio.

Nel frattempo Barelli ha invitato la procura federale della FIN a valutare i comportamenti e le accuse di Malagò, ritenute ingiuste e false. La procura federale della FIN intanto ha dato ragione a Barelli e lunedì ha squalificato Malagò, che nella serata di ieri ha commentato: «È il trionfo dell’illogicità. Mi è stato attribuito un fatto inesistente e per questo sono stato condannato dal primo grado della giustizia sportiva della FIN. La decisione conferma ancora una volta che è stato necessario riformare il codice della giustizia sportiva (riforma che ha permesso di escludere conseguenze della sentenza sul ruolo di presidente del CONI, ndr) perché questo fosse realmente rispettoso di quei principi che regolano l’ordinamento dello sport. E non a caso su 75 componenti, l’unico voto contrario in Consiglio Nazionale su questa delibera è stato del presidente della Federazione Italiana Nuoto. La cosa più sorprendente tuttavia è che la Commissione Disciplinare della FIN, assumendosene la responsabilità, abbia disconosciuto una recente decisione dell’intera Giunta Nazionale del Coni che aveva indicato nel Collegio di Garanzia dello Sport, che è la ‘Cassazione dello Sport’, l’autorità massima alla quale richiedere un parere. Parere che esplicitamente escludeva la titolarità in capo alla Commissione Disciplinare della Federazione Italiana Nuoto≫.

La situazione paradossale creata dalla sentenza è commentata severamente nelle cronache sportive di molti giornali. Così ne scrive Daniele Dallera sul Corriere della Sera.

Una sentenza che non ha un briciolo di buon senso. Proprio come le parole di Giovanni Malagò (un po’ se l’è cercata) quando accusò la Federnuoto, e quindi il suo presidente Paolo Barelli, di «doppie fatturazioni». Accuse, sospetti che vanno provati, non buttati lì, anche se la Procura di Roma sta ancora indagando perché il gip vuole vederci chiaro. Ed è arrivata la vendetta del nemico personale di Giovanni Malagò, che dà la dimensione della faida, dove la giustizia annega in quest’acqua inquinata da risentimenti e colpi bassi. A infliggere 16 mesi di squalifica è stato Adriano Sansonetti, presidente della Disciplinare. Il ricorso che Malagò presenterà sarà esaminato da Pier Salvatore Maruccio: tenetevi forte, è il cognato di Sansonetti. Bene questa giustizia da ballatoio familiare è inaccettabile (come un’eventuale sostituzione in corsa): è peggiore di qualsiasi «doppia fatturazione».