Perché in inglese l’autunno ha due nomi
Negli Stati Uniti dicono "fall", nel Regno Unito dicono "autumn": una storia di poesie, raccolti e molte foglie
Chiunque mastichi un po’ di inglese sa che i termini utilizzati per indicare l’autunno sono due: autumn, più comune nel Regno Unito, e fall, diffuso soprattutto negli Stati Uniti. Forrest Wickman ne spiega il perché su Slate, raccontando anche l’evoluzione del concetto stesso di autunno.
Mentre i termini per indicare l’estate (summer) e l’inverno (winter) si stabilizzarono infatti circa mille anni fa, quelli utilizzati per la primavera e l’autunno sono molto più recenti e sono cambiati più volte nel tempo. Questo perché le persone non pensavano all’anno come una sequenza di quattro stagioni, ma si concentravano sostanzialmente sul periodo più caldo e quello più freddo. Come attestano diversi dizionari – tra cui il Thomas Blount e il Samuel Johnson – alla fine del Settecento le persone di lingua inglese non erano d’accordo nemmeno su quale fosse il periodo che indicavano come autunno: per alcuni andava da agosto a novembre, altri lo facevano iniziare – come accade ora – con l’equinozio di settembre e terminare con il solstizio di dicembre.
Nel Dodicesimo e Tredicesimo secolo la parola più comune per indicare l’autunno era harvest, cioè raccolto, perché quello era il periodo in cui veniva praticato; la primavera veniva invece chiamata lent o lenten, e indicava il periodo che precede la Pasqua tanto che nel tempo ha finito per indicare, in inglese, la Quaresima. I due termini poi caddero in disuso e alla fine del Trecento c’erano diversi nomi e parafrasi per indicare la primavera, tra cui la parola latina ver e quella francese primetemps. L’utilizzo di harvest per l’autunno fu invece più stabile e diffuso non solo tra i contadini ma anche tra chi viveva in città. A partire dal Sedicesimo secolo si diffuse l’utilizzo di autumn che – come primetemps – era stato importato dalla Francia nel Dodicesimo secolo; la parola si ritrova già nelle opere dello scrittore Geoffrey Chaucer nel Trecento, quando però era rarissimo nell’uso comune, ed è attestata anche in quelle di William Shakespeare: in Sogno di una notte di mezza estate, per esempio, un personaggio descrive le stagioni dell’anno parlando di “The spring, the summer, the childing autumn, angry winter” (“la primavera, l’estate, il fecondo autunno e il rabbioso inverno”).
Sempre nel Cinquencento si diffusero le espressioni spring of the leaf e fall of the leaf, cioè “lo spuntare della foglia” e “la caduta della foglia”, per riferirsi rispettivamente alla primavera e all’autunno. Col tempo vennero abbreviati semplicemente in spring e fall, e la loro diffusione andò di pari passo. Nella poesia The Nymph’s Reply to the Shepherd per esempio, sir Walter Raleigh – uno dei primi esploratori inglesi in Nord America – utilizza entrambi i termini, in opposizione tra loro: “fancy’s spring, but sorrow’s fall” (“il desiderio della primavera e la tristezza dell’autunno”).
Sempre nel Seicento l’utilizzo di autumn divenne sempre più frequente, mentre non è chiaro il motivo per cui si andò perdendo l’uso di primetemps. In quel periodo circolavano comunemente due termini per indicare l’autunno: fall e autumn. I primi coloni inglesi si trasferirono in America portando con sé l’utilizzo del termine fall, che si impose fino a diventare quello più comune. Nella madrepatria cadde invece in disuso, fino a diventare una parola desueta e percepita come arcaica. Al contrario da quelle parti il termine autumn si diffuse sempre di più, fino a diventare quello tuttora utilizzato.
Foto: YURKO DYACHYSHYN/AFP/Getty Images