Anders Jonas Ångström nel doodle di Google

Nato oggi 200 anni fa, è considerato il fondatore della moderna spettroscopia di precisione

Anders Jonas Ångström, importante fisico svedese, è il protagonista del doodle di Google di oggi. Ångström è nato nato il 13 agosto di 200 anni fa: al posto del classico logo, nella pagina principale del motore di ricerca c’è un disegno che mostra Anders Jonas Ångström, una lampadina (la luce) e il modo in cui la luce viene assorbita o rifratta da un gas.

Anders-Jonas-Ångström

Ångström frequentò l’università di Uppsala, dove si laureò e cominciò anche a insegnare nel 1839; nel 1842 fu scelto come responsabile dell’osservatorio astronomico. Quando nel 1858 ottenne la cattedra di fisica, sempre a Uppsala, cominciò a lavorare agli studi che lo avrebbero reso più noto: quelli sulla luce e la spettroscopia. Ad Ångström interessava soprattutto tutto ciò che emette luce, come una scintilla elettrica o il Sole. Con i suoi studi scoprì, ad esempio, che una scintilla elettrica emette luce con due lunghezze d’onda diverse: una per emessa dal metallo dell’elettrodo e l’altra causata dal gas in cui passa la luce stessa. Scoprì anche che la luce emessa da un gas reso incandescente ha alcune proprietà in comune la luce che quello stesso gas assorbe. Utilizzando questo principio, Ångström scoprì che poteva analizzare la composizione di un corpo che emette luce studiando la luce stessa che emette. Nel 1862, grazie a questa scoperta, scoprì che l’atmosfera del sole contiene idrogeno.

Tra le altre cose, Ångström fu il primo fisico a studiare lo spettro di un’aurora boreale – che in generale si chiama aurora polare: è boreale o australe a seconda dell’emisfero terrestre in cui si verifica – e fu in grado di trovare e misurare i colori del suo spettro, identificando una riga giallo-verde. Gli studi di Ångström resero chiaro che l’aurora non è interpretabile in termini di luce solare riflessa o diffratta, dato che è di per sé luminosa. L’aurora polare, infatti, è un effetto ottico che si verifica a causa dell’interazione di alcune particelle cariche (protoni ed elettroni), trasportate dal vento solare, con la fascia dell’atmosfera che si chiama ionosfera. Le particelle eccitano gli atomi dell’atmosfera, che successivamente perdono l’energia accumulata sotto forma di luce con varie lunghezze d’onda. E proprio in questa fase l’aurora diventa visibile, ma solo in prossimità dei poli magnetici della Terra.