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  • Martedì 15 luglio 2014

Evo Morales si ricandida in Bolivia

Cercherà un terzo mandato nonostante la Costituzione boliviana lo vieti, grazie a una sentenza criticata dall'opposizione; lo sfiderà un importante imprenditore

Bolivia's President Evo Morales reacts during a meeting in his hotel in downtown Rome on September 5, 2013, following a meeting with Italian President. Bolivian President Morales will meet Pope Francis at the Vatican on September 6. AFP PHOTO / FILIPPO MONTEFORTE (Photo credit should read FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)
Bolivia's President Evo Morales reacts during a meeting in his hotel in downtown Rome on September 5, 2013, following a meeting with Italian President. Bolivian President Morales will meet Pope Francis at the Vatican on September 6. AFP PHOTO / FILIPPO MONTEFORTE (Photo credit should read FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)

Il presidente della Bolivia Evo Morales parteciperà alle elezioni del prossimo ottobre e cercherà di essere riconfermato, per la terza volta consecutiva, alla guida del paese. Lo ha dichiarato lunedì 14 luglio Concepcion Ortiz, vice-presidente del partito al governo Movimiento al Socialismo (Mas). Morales, che ha 54 anni, è stato eletto per la prima volta nel 2006 e poi di nuovo nel 2009 con più del 60 per cento dei consensi, dopo aver promosso con successo una riforma della Costituzione.

La Costituzione della Bolivia, all’articolo 168, stabilisce che il presidente e il vicepresidente possano essere rieletti, di seguito, solo una volta. Ma il Tribunale Costituzionale, che è il massimo organo giuridico del paese, ha stabilito che il periodo del primo mandato di Morales, tra il 2006 e il 2009, non deve essere preso in considerazione poiché è antecedente all’entrata in vigore della Costituzione stessa promossa e firmata da Morales nel febbraio del 2009. I cinque anni previsti per l’incarico, insomma, non sono stati completati da Morales a partire dal 2006 e la costituzionalità di una sua rielezione è stata giudicata positivamente. La sentenza è stata molto criticata dall’opposizione, che ha accusato Morales di usare i tribunali per mantenere il potere e ha accusato la corte di non essere imparziale.

Morales sarà dunque il candidato alle presidenziali del prossimo ottobre per il Movimiento al Socialismo (Mas): i sondaggi gli attribuiscono circa il 44 per cento dei consensi. Per vincere le elezioni dovrà ottenere la maggioranza assoluta o almeno il 40 per cento con un margine di vittoria di 10 o più punti percentuali rispetto al secondo. Il principale rivale di Morales sarà Samuel Doria Medina del partito Concertación de la Unidad Demócrata (Cud) nata dall’unione fra il Movimiento Demócrata Social e Unidad Nacional (Un). Samuel Dora Medina è un imprenditore, a capo della più grande azienda di produzione di cemento della Bolivia che ha ereditato dal padre; è dunque molto lontano da Morales, che è anche il primo leader indigeno del paese.

Storicamente la Bolivia è uno dei paesi più instabili del Sud America, ma ha goduto di una relativa prosperità e tranquillità dal momento in cui Morales è salito al potere. Nel 2006, pochi mesi dopo essere entrato in carica, una delle principali e prime azioni di governo di Morales fu quella di imporre regolamenti molto stretti alle società straniere che sfruttavano il gas naturale boliviano, dirottandone gran parte della produzione sulla società statale Yacimientos Petrolíferos Fiscales Bolivianos. Nel 2010 ordinò la nazionalizzazione forzata delle centrali elettriche della società britannica Ruralec e nel 2012 promosse la nazionalizzazione della società spagnola che gestiva gran parte della rete elettrica del paese, Red Eléctrica.

Morales ha anche promesso una grande riforma sociale a favore delle masse più povere del paese ed è una delle personalità mondiali più critiche nei confronti del capitalismo e degli Stati Uniti. Uno dei provvedimenti meno popolari del suo mandato è stato un piano per la costruzione di un’autostrada lunga più di 300 chilometri, che avrebbe dovuto attraversare il paese e il Parco nazionale degli indigeni Isiboro-Secure. Il progetto ha suscitato grandi proteste tra ambientalisti e indigeni che erano stati tra i suoi principali sostenitori durante la campagna elettorale e che lo hanno poi accusato di avere tradito le promesse.