L’inchiesta sul MOSE in 8 punti

Una guida per capire la storia enorme di cui parliamo da ieri, che ha portato la procura di Venezia a disporre l'arresto del sindaco Orsoni e dell'ex presidente della regione Galan

Mercoledì 4 giugno la procura di Venezia ha disposto 35 arresti e annunciato che ci sono almeno altre 100 persone indagate per corruzione e presunte tangenti intorno ai lavori del MOSE, l’ambizioso e costoso progetto per mettere in sicurezza la laguna. L’inchiesta – che oggi è comprensibilmente su tutte le prime pagine dei giornali – coinvolge il sindaco della città Giorgio Orsoni, agli arresti domiciliari, e si fa fatica a ricordare, anche nella movimentata storia giudiziaria italiana, un arresto di un sindaco in carica di una città così importante. Ma è stato chiesto l’arresto anche di altri personaggi molto importanti nel Veneto, come l’ex presidente della regione Giancarlo Galan, ora deputato di Forza Italia. Tra i coinvolti a vario titolo, poi, ci sono imprenditori, magistrati, un ex generale della Guardia di Finanza, un assessore regionale e un’eurodeputata. I magistrati di Venezia hanno stimato in diversi milioni di euro le attività di corruzione sulle quali hanno raccolto prove e indizi.

MOSE
Per capire le dimensioni e la portata dell’inchiesta giudiziaria di Venezia è necessario farsi brevemente un’idea della storia del MOSE (MOdulo Sperimentale Elettromeccanico): se siete cintura nera sull’argomento passate pure al prossimo punto. L’idea di realizzare una struttura per proteggere Venezia e il resto della laguna dai periodici allagamenti causati dall’alta marea nacque nella seconda metà degli anni Sessanta, ma solo nel 1984 fu costituito il Consorzio Venezia Nuova, cui lo stato affidò il compito di progettare ed eseguire i lavori per la messa in sicurezza dell’area lagunare. Negli anni seguenti fu avviata la sperimentazione di un sistema per impedire all’alta marea di raggiungere la laguna: il MOSE. Semplificando, il sistema prevede l’utilizzo di enormi cassoni a tenuta stagna incardinati sul fondale in prossimità dei punti di accesso alla laguna e pieni d’acqua, in modo che restino sommersi. Quando si verifica l’alta marea, i cassoni vengono vuotati in modo che l’aria al loro interno li faccia sollevare e formino una barriera, impedendo alle acque di marea di entrare nella laguna.

Il progetto del MOSE fu ultimato nel 1992 ma solo nel 2002 ottenne le autorizzazioni definitive per essere eseguito. I lavori veri e propri iniziarono l’anno seguente in prossimità delle bocche di porto di Lido, Malamocco e Chioggia. In poco più di 10 anni ci sono stati ritardi e aumenti considerevoli nelle spese. A oggi il MOSE è una delle più grandi opere pubbliche mai commissionate in Italia, dal costo di almeno 5,5 miliardi di euro sostenuto interamente dallo Stato. Il progetto è stato ed è molto criticato da alcune associazioni ambientaliste, per il suo impatto e per gli eccessivi costi di realizzazione.

Indagini
I magistrati della procura di Venezia indagavano da tempo sulle attività economiche intorno al MOSE. Nel 2009 fu disposta una verifica fiscale nei confronti di una delle aziende impegnate nei lavori di costruzione delle barriere, sospettata di avere emesso alcune fatture false o gonfiate per accumulare denaro in alcuni conti all’estero, da utilizzare poi per corrompere funzionari e politici in Italia. Nel febbraio del 2013 ci furono i primi arresti che interessarono, tra gli altri, Piergiorgio Baita – il presidente di Mantovani, una delle società costruttrici – e Claudia Minutillo, ex segretaria personale di Giancarlo Galan, ex presidente del Veneto e ora deputato di Forza Italia.

Sempre nell’estate del 2013 ci fu una nuova serie di arresti che interessò anche Giovanni Mazzacurati, per lungo tempo presidente del Consorzio Venezia Nuova, il gruppo composto da grandi imprese di costruzioni, cooperative e piccole imprese locali cui sono affidati la costruzione del MOSE e tutti gli altri interventi necessari per tutelare Venezia dal problema ricorrente dell’acqua alta.

135 persone
Grazie alle informazioni raccolte dalle persone ascoltate nella prima parte delle indagini e ad altre prove come le intercettazioni, i magistrati Stefano Ancilotto, Stefano Buccini e Paola Tonini hanno ricostruito i presunti legami e rapporti tra imprenditori, esponenti politici e funzionari del MOSE. Sulla base del materiale raccolto, mercoledì 4 giugno hanno richiesto l’arresto di 35 persone e informato un altro centinaio di persone di essere indagate. Tra i tanti nomi ci sono il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni (area PD, ma non iscritto al partito), l’assessore regionale Renato Chisso (FI), il generale in pensione della Guardia di Finanza Emilio Speziante, l’eurodeputata uscente Lia Sartori e il parlamentare Giancarlo Galan, entrambi di Forza Italia. A questi si aggiungono decine di funzionari pubblici, dipendenti delle aziende che lavorano per il MOSE, addetti alle segreterie di vari personaggi politici di rilievo locale.

Accuse
Le accuse sono di vario tipo a seconda delle persone coinvolte. Quelle più frequenti contestate dai pubblici ministeri di Venezia sono corruzione, frode fiscale e finanziamento illecito dei partiti. Secondo la procura, il meccanismo per ottenere il denaro era quello rodato delle fatturazioni false o gonfiate, in modo da ottenere più denaro pubblico del necessario da collocare su conti all’estero, dai quali attingere in un secondo momento per le presunte attività di corruzione per ottenere favori e sveltire pratiche. Molte delle informazioni sulle presunte tangenti sono state ottenute dai magistrati ascoltando Mazzacurati, che dopo il suo arresto nel 2013 ha iniziato a collaborare con la procura di Venezia.

Denaro
Secondo i pubblici ministeri, il sistema che si era formato intorno al MOSE era talmente diffuso da “integrare in un’unica società corrotti e corruttori”. Il presunto sistema di tangenti avrebbe riguardato personaggi di secondo piano, ai quali per la procura venivano elargite cifre da qualche decine di migliaia di euro, e persone con più poteri (soprattutto politici) ai quali erano affidate centinaia di migliaia di euro. In molti casi, scrivono i magistrati, “la mazzetta viene pagata anche quando il pubblico ufficiale corrotto ha cessato l’incarico o quando il politico ha cessato il suo ruolo a livello locale”. Le presunte tangenti erano una sorta di “rendita di posizione” che secondo i pubblici ministeri “prescinde dal singolo atto illecito”. La tesi dell’accusa è che quindi alcuni personaggi ricevessero denaro su base regolare, e non una tantum quando era necessario ottenere un favore.

Le cifre contenute negli atti della procura di Venezia – basate in larga parte su documenti e dichiarazioni fornite da Mazzacurati, che in molti casi procedeva personalmente ai pagamenti – sono notevoli e riportate oggi da Repubblica.

Giancarlo Galan avrebbe ricevuto tra il 2005 e il 2011 circa un milione di euro l’anno, cui secondo i magistrati si aggiungono 1,8 milioni di euro tra il 2006 e il 2008 per il rilascio di alcuni pareri favorevoli alla realizzazione del progetto.

Vittorio Giuseppone, magistrato della Corte dei Conti (che si occupa del controllo di entrate e spese pubbliche) avrebbe ricevuto ogni anno almeno 300mila euro, secondo l’accusa per fare in modo che la Corte mantenesse un blando controllo sulle attività nella laguna di Venezia.

Renato Chisso, assessore regionale del Veneto alle Infrastrutture, avrebbe ricevuto una “rendita di posizione” annua intorno ai 200mila euro.

Maria Giovanna Piva, magistrato alle acque (si occupa cioè della gestione, della sicurezza e della tutela dal punto di vista giuridico del sistema idraulico nel Triveneto), avrebbe ricevuto 400mila euro all’anno per rendere più blandi i controlli nei cantieri.

Patrizio Cuccioletta, predecessore di Piva, avrebbe ricevuto tra il 2008 e il 2011 circa 400mila euro l’anno in cambio di una certa morbidezza nei controlli sulle attività per il MOSE. Sempre secondo l’accusa, prima di lasciare il suo incarico avrebbe ottenuto una sorta di bonus di 500mila euro su un conto estero.

Marco Milanese, consigliere politico molto vicino all’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, avrebbe ricevuto secondo Mazzacurati circa 500mila euro. L’iniziativa fu portata avanti allo scopo di ottenere favori su alcuni finanziamenti, ma le modalità non sono ancora del tutto chiare.

Giorgio Orsoni, sindaco di Venezia, avrebbe ricevuto 110mila euro di finanziamenti illeciti per finanziare la sua campagna elettorale nel 2010. Mazzacurati ha inoltre parlato di un’altra serie di pagamenti nei suoi confronti per un totale di 450mila euro.

Giancarlo Galan
Oggi deputato di Forza Italia, Giancarlo Galan è stato per tre mandati di fila presidente del Veneto tra il 1995 e il 2010. In oltre 15 anni è diventato il principale referente per il nord-est di Forza Italia, partito che contribuì a fondare negli anni Novanta. Terminata l’esperienza in regione, è stato ministro delle Politiche agricole e successivamente della Cultura negli ultimi governi Berlusconi. Da presidente di regione fu tra i principali protagonisti dell’avvio della costruzione del MOSE. Corrado Zunino su Repubblica spiega che, secondo la procura di Venezia, ricevette circa un milione di euro l’anno “tra il 2005 e il 2008, gli anni in cui il presidente doveva velocizzare gli uffici tecnici, ammorbidire la commissione di salvaguardia e pure la sezione controllo della Corte dei Conti di Venezia, chiamata a verificare le procedure dell’opera”. Nel 2012, sempre secondo i magistrati, Galan ottenne un altro milione di euro che portò a una velocizzazione dei cantieri nella laguna.

Il percorso del presunto “stipendio” di Galan era tortuoso per evitare che potesse essere rilevato dal fisco, scrive Zunino: “l’assessore regionale alle Infrastrutture, Renato Chisso (ora in carcere), ritirava i contanti dall’imprenditore Mazzacurati, quindi li consegnava alla sua segretaria che portava il denaro direttamente a Galan”. Alcune di queste informazioni sono state ottenute dai magistrati ascoltando Claudia Minutillo, ex segretaria di Galan, il quale pare avesse diversi interessi in alcune società coinvolte nella realizzazione del MOSE. Nei documenti della procura di Venezia si parla anche della ristrutturazione della villa di Galan a Cinto Euganeo (Padova) costata 1,8 milioni di euro, cifra che sarebbe stata interamente coperta sfruttando il sistema delle fatture gonfiate per i cantieri a Venezia.

Galan rientra nell’elenco delle 35 persone per le quali i magistrati hanno chiesto l’arresto. Per procedere sarà però necessaria l’autorizzazione della Camera, perché Galan è un parlamentare.

Giorgio Orsoni
Avvocato molto rispettato a Venezia, Orsoni è sindaco di Venezia dal 2010, anno in cui sconfisse con una coalizione di centrosinistra Renato Brunetta, che aveva condotto una campagna elettorale molto aggressiva sfruttando l’ultima fase di largo consenso del governo Berlusconi. Secondo la procura Orsoni ricevette denaro da Mazzacurati prima e dopo le elezioni comunali. Tra maggio 2010 e aprile 2011, i due si incontrarono otto volte e in almeno quattro di queste occasioni ci furono consegne di denaro. Nei suoi interrogatori, Mazzacurati ha raccontato di essere quasi sempre andato a casa di Orsoni per i loro incontri, portandogli denaro in contanti: “In tre mesi ho saturato la cifra richiesta. Anche tranche da 150mila euro”.

In totale sarebbero stati consegnati 560mila euro: 110mila al comitato elettorale e i restanti direttamente a Orsoni, scrive Zunino. Mazzacurati ha spiegato ai magistrati che “Orsoni prima ha chiesto una cifra e poi l’ha aumentata […] aveva fatto dei conti, ma poi quei soldi non gli sono bastati, subito voleva 100mila euro”.

Orsoni è accusato di finanziamento illecito, anche se la procura di Venezia scrive che “solo in parte quei soldi sono stati utilizzati per l’attività politica”. Il sospetto è che Orsoni fosse a conoscenza della provenienza del denaro.

Corruzione
La vicenda giudiziaria del MOSE arriva a poche settimane di distanza da quella su Expo 2015, altra iniziativa da svariati miliardi di euro che coinvolge enti pubblici e aziende private. I due casi – sui quali è bene ricordare ci sono solo tesi delle procure, con le relative accuse, e non ancora sentenze – hanno riaperto il dibattito politico sulla corruzione in Italia, problema che si ripresenta ciclicamente e contro il quale evidentemente non è stato fatto abbastanza. Nel caso di Expo 2015 il governo Renzi è intervenuto affidando la supervisione dell’iniziativa al magistrato Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità anticorruzione, mentre non è ancora chiaro quali decisioni saranno assunte per il caso di Venezia.