L’Expo è un grande errore?

Il problema non sono né la corruzione né i ritardi, sostiene l'economista Roberto Perotti, bensì che "l’Expo non sarebbe dovuto accadere"

Foto Federico Ferramola/LaPresse
cronaca
10 05 2014 Mialno - Italia
Milano, Inaugurata, la piattaforma Expo Gate
Nella Foto Un momento dell'evento
Foto Federico Ferramola/LaPresse cronaca 10 05 2014 Mialno - Italia Milano, Inaugurata, la piattaforma Expo Gate Nella Foto Un momento dell'evento

Roberto Perotti, economista, professore ordinario all’Università Bocconi di Milano, ricercatore presso importanti università straniere e editorialista del Sole 24 Ore, ha pubblicato su lavoce.info un e-book intitolato “Perché l’EXPO è un grande errore” in cui spiega che il problema non sono né la corruzione né i ritardi: «Il vero problema è che EXPO non avrebbe dovuto esistere», scrive e aggiunge che la decisione è derivata da una «ubriacatura retorica collettiva supportata e legittimata da stime economiche azzardate».

Il problema di Expo 2015 non è la corruzione né i ritardi. Il vero problema è che non avrebbe dovuto esistere. Quando, in preda ad una ubriacatura retorica collettiva, si rinuncia ad una seria analisi costi benefici, chi ci perde è la collettività.

Nel luglio 2009, il sindaco di Milano Letizia Moratti scriveva:

“[L’Expo] è un progetto che si propone non solo obiettivi di crescita economica, ma anche di rafforzamento del dialogo interculturale e di responsabilità sociale nei confronti di paesi colpiti dal dramma della fame e della povertà. … Milano deve essere uno snodo cruciale … un punto di riferimento per il sistema Italia e il mondo intero. … [L’Expo dovrà essere] la proposta corale e condivisa di nuovi paradigmi per l’esistenza del mondo“.

PERCHÉ L’EXPO È UN GRANDE ERRORE
Né la corruzione né i ritardi sono il problema principale di Expo 2015. Il problema principale è che l’Expo non sarebbe dovuto accadere. Esso è nato e cresciuto sull’onda di un’orgia di retorica come quella ben rappresentata nella citazione qui sopra.
Sia chiaro: la decisione di fare l’Expo è stata prima di tutto politica ed emotiva, e sarebbe stata presa in ogni caso. Tuttavia questa ubriacatura collettiva è stata supportata e legittimata da stime economiche azzardate, che ne hanno avallato i voli pindarici. Accettate acriticamente dai mezzi di informazione, ripetute e tramandate poi in innumerevoli occasioni, sbandierate da politici e commentatori, queste stime hanno instillato il miraggio di centinaia di migliaia di posti di lavoro e di altri enormi benefici economici a costo zero.
Questo breve contributo si ripropone di ricostruire come tutto ciò sia potuto accadere. Una versione più estesa in formato ebook può essere scaricata gratuitamente qui.

L’ EXPO: UN GRANDE BONUS PER MILANO E L’ITALIA?

La Tabella 1 illustra le previsioni degli effetti economici di Expo 2015, come riportate sul Rapporto di Sostenibilità 2013. La prima colonna riporta la spesa iniziale per le sole infrastrutture dell’Expo, quali i padiglioni, l’anfiteatro etc., ed escludendo quindi le opere infrastrutturali connesse. Questa spesa ammonta a 3,2 miliardi.

Tabella 1

La spesa iniziale attiva una produzione totale addizionale di 23,6 miliardi (colonna 2) e un Pil (o valore aggiunto) addizionale di 10,1 miliardi. (2) L’occupazione extra creata è di 191.000 lavori equivalenti a tempo pieno annuali totali (cioè, per esempio, 19.100 all’anno per 10 anni, colonna 4).

L’aumento totale di produzione e dl Pil è il risultato di tre effetti. Il primo è l’aumento diretto di domanda, pari alla spesa iniziale nella colonna 1. Il secondo è l’effetto indiretto di questa spesa: per produrre i beni e servizi domandati nella colonna 1, sono necessari altri beni e serivizi; la produzione di questi ultimi richiede a sua volta altri beni e servizi, etc. Si attiva quindi un effetto moltiplicativo che può essere misurato con la famosa metodologia delle tavole di input-output. Il terzo effetto è quello indotto, cioè la maggior spesa per consumi che si crea in seguito al maggior reddito prodotto dagli effetti diretti e indiretti.
Ci sono poi i flussi turistici: i visitatori – se ne aspettano 20 milioni – consumeranno beni e servizi, con gli effetti moltiplicativi visti sopra. Infine, ci sono gli effetti “legacy”, cioè “eredità”: l’Expo farà nascere nuove aziende, con effetti positivi su domanda e imprenditorialità. Aumenterà l’attrattività di Milano, generando nuovi investimenti esteri, e turismo aggiuntivo, sia congressuale sia culturale, anche una volta che l’Esposizione sarà finita.

A tutto questo vanno aggiunti gli effetti delle opere infrastrutturali connesse. Queste sono, in realtà, la parte di gran lunga maggiore di Expo 2015. Come si evince dalla Tabella 2, queste includono, o avrebbero dovuto includere, linee metropolitane, strade come la Brebemi e la Pedemontana, e innumerevoli altre opere.
Gli effetti di questi investimenti sono stati stimati in un altro studio, del centro studi CERTeT dell’Università Bocconi, e sono mostrati nella Tabella 2 (risultati molto simili appaiono nel documento di candidatura di Milano). Come si vede, l’aumento stimato della produzione e del Pil è enorme.

Tabella 2
Dati in miliardi di euro

I numeri della Tabella 1 e 2 sono stati citati migliaia di volte negli organi di stampa e di informazione in generale, e nel dibattito politico. Vale quindi la pena studiarli meglio.

PERCHÉ I RISULTATI ATTESI SONO SOVRASTIMATI
Cosa c’è di sbagliato in questa metodologia? Essa ignora che tutte le risorse usate hanno un costo. Di conseguenza, questa motodologia fornisce sempre, in qualsiasi circostanza, dei valori positivi. In altre parole, qualsiasi progetto di investimento valutato con questa metodologia mosterà sempre un aumento della produzione e del Pil. Perché allora non raddoppiare l’investimento iniziale, o triplicarlo, o quadruplicarlo?

Il primo costo da considerare ovviamente è che i soldi non piovono dal cielo. Per investire 3,2 miliardi prima o poi bisogna alzare le tasse di circa 3,2 miliardi (questo non significa che l’Expo non possa essere finanziato in deficit, ma solo che prima o poi bisognerà ripagare il debito alzando le tasse). Ma alzare le tasse riduce la produzione e il Pil.

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