I pidocchi sono sopravvalutati?

Per alcune scuole ed esperti americani "non fanno male a nessuno", e i genitori dovrebbero esserne meno stressati

di Dan Kois - Slate

Se siete genitori, avete probabilmente prima o poi ricevuto la temuta telefonata dalla custode della scuola, che vi informa che vostro figlio o vostra figlia ha i pidocchi. Con la nostra maggiore è successo all’asilo, e due anni dopo anche con la piccola. Ogni infestazione di pidocchi in testa era un piccolo incubo: giornate di lavoro perdute per andare a prenderle a scuola, shampoo chimico, ispezioni e infiniti passaggi di pettinini in cerca di lendini (le uova). I giorni successivi passati nell’ansia che una bestia randagia potesse causare un’altra chiamata da scuola: e la chiamata arriva sempre, sua figlia ha di nuovo i pidocchi. L’anno passato abbiamo speso duecento dollari per un cacciatore professionista di pidocchi, solo perché non ce la facevamo ad affrontare ore di ricerca di uova ogni sera.

La nostra esperienza è assai diffusa (anche se non sono tutti così pazzi da chiamare il soccorso 24 ore su 24 di “LiceLine”). In molte scuole, la minima scoperta di un pidocchio vivo sulla testa di un bambino garantisce una telefonata a casa e l’immediato ritiro da scuola del bambino stesso. In alcune scuole il bambino può tornare l’indomani se i genitori gli hanno fatto “il trattamento”: shampoo con prodotti appositi per uccidere i pidocchi vivi. Ma ci sono scuole che impediscono il rientro fino a che ogni più piccolo uovo non sia stato rimosso dai capelli, e che controllano accuratamente che ciò sia avvenuto.

Ma poi, lo scorso autunno, è cambiato tutto. Le scuole di qui ad Arlington, Virginia, hanno adottato una politica che possiamo chiamare vivi-e-lascia-vivere. Nessun bambino viene mandato a casa per i pidocchi o le uova. Se un bambino li ha, i genitori vengono informati ma il bambino è rimandato in classe. I genitori se ne occuperanno, ma nessuno controlla o li obbliga. “Nessun bambino sano deve essere escluso da scuola o perdere delle lezioni a causa dei pidocchi”, dice la comunicazione.

La nuova posizione di Arlington sta venendo adottata in tutto il paese, incoraggiata dall’American Academy of Pediatrics e dalla National Association of School Nurses. Ed è la posizione giusta. I pidocchi non sono particolarmente contagiosi, praticamente non fanno male a nessuno, e non sono un rischio per la salute pubblica. Di fatto, i pidocchi non sono importanti. È venuto il momento che i genitori schizzinosi e i dirigenti scolastici cambino modo di comportarsi.

«Le politiche “nessun uovo” non hanno senso medico o scientifico», dice la dottoressa Barbara Frankowski, professoressa di pediatria all’Università del Vermont. Frankowski, che è l’autrice principale di uno studio della American Academy of Pediatrics che raccomanda alle scuole di cambiare approccio sui pidocchi, mi ha detto che – come sa ogni genitore che ha provato a rimuoverle – le uova sono saldamente attaccate ai singoli capelli dei bambini. «Non vanno da nessuna parte, e non creano nessun pericolo per gli altri bambini».

In realtà, malgrado quel che si pensa, «non è così facile prendere i pidocchi!», esclama Carolyn Duff, presidente della National Association of School Nurses (Associazione nazionale delle custodi scolastiche), e custode in una scuola elementare a Columbia, South Carolina. «Non volano. Non saltano. Riescono appena a strisciare sul cuoio capelluto. Possono trasmettersi solo attraverso il contatto tra una testa e l’altra, e i bambini a scuola non tengono le teste in contatto l’una con l’altra, di solito». Anche il contagio attraverso cappelli o pettini è difficile, può succedere nelle famiglie in cui questa condivisione è frequente, ma molto meno a scuola (secondo il parere degli esperti che ho sentito è più facile che i bambini diffondano i pidocchi quando dormono fuori o si vedono per giocare).
E anche se fossero contagiosi, i pidocchi non fanno male a nessuno. «Far perdere giorni di scuola ai bambini per via dei pidocchi è ingiusto nei confronti dei bambini e nei confronti dei genitori che lavorano o hanno altri impicci che impediscono loro di passare ore a spidocchiarli», dice Frankowski.

Si può non essere d’accordo? Beh, ci sono genitori che proprio non lo sono. Li rappresenta Deborah Altschuler, presidente e cofondatrice della National Pediculosis Association, una non profit il cui sito promuove i benefici della “tolleranza zero”. E non è d’accordo: «È una malattia contagiosa che si può trasmettere con facilità tra i bambini. Vogliamo che i bambini vadano a scuola liberi da pidocchi e uova piuttosto che abbassare i nostri standard per accontentare quelli che non ci riescono per una ragione o l’altra». Quando ho chiesto ad Altschuler delle posizioni diverse della AAP e della NASN, le ha accusate di essere influenzate dai produttori di trattamenti chimici. Altschuler sostiene la sua organizzazione con le vendite del pettinino LiceMeister®.

La sua tesi che i pidocchi trasmettono malattie – che sono essi stessi, una malattia – non è condivisa dalla maggior parte degli esperti: per i quali, in generale, i genitori esagerano il peso della questione. «I pidocchi sono un fatto della vita. Capitano. Non sono davvero una questione sanitaria», dice Marian Harmon il responsabile sanitario per le scuole del dipartimento di salute pubblica della contea di Arlington, che ha firmato i provvedimenti sulle nuove politiche della contea. «Non sono un sintomo di scarsa igiene. Non sono un’infezione. Non sono una malattia contagiosa. Li affrontiamo per la serenità delle famiglie e dei bambini. Ma non dovremmo attribuirgli una priorità così alta».

Quello che mi chiedo dopo aver parlato con tutti questi esperti è se i pidocchi non debbano essere nemmeno affrontati. I trattamenti sono costosi, espongono i nostri figli a dei pesticidi, durano un’eternità e servono solo a liberarli da un insetto inoffensivo: e solo fino alla prossima inevitabile volta in cui si manifesterà. È vero che nessuno degli esperti mi ha detto apertamente che possiamo ignorare i pidocchi: sanno che i genitori vogliono che i bambini non li abbiano, che siano pericolosi o no. «È una questione emotiva», ammette Duff: «è un insetto vivo che cammina in testa al tuo bambino». Ma non è che le emozioni entrano in conflitto col buon senso? Dopo tutto, come fa notare Frankowski, «nessuno è mai morto di pidocchi».

È la cosa che mi sono trovato a borbottare per anni, mentre mia moglie e io passavamo giornate e serate lavando e pettinando e lavando e pettinando teste di bambini perfettamente sani. In un sistema educativo in cui il modello è intervenire sempre, un distretto scolastico che dice che la linea è rilassarsi tutti un po’ manda un messaggio molto benvenuto.

(Illustrazione di Robert Neubecker)

© Slate 2014