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  • Martedì 25 marzo 2014

Cosa vuole Marine Le Pen

Non allearsi con la destra "ufficiale" ma diventare la destra "ufficiale", scrive Jean-Marie Colombani: gli altri partiti devono parlare con i suoi elettori senza parlare come lei

PARIS, FRANCE - MAY 01: Marine Le Pen gestures as she delivers a speech during the French Far Right Party May Day demonstration on May 1, 2012 in Paris, France. Marine Le Pen, the daughter of the French far-right leader Jean-Marie Le Pen, received only 6.4 million votes in the first round of the presidential elections and both Sarkozy and Hollande are now seen as trying to win support from the French Far Right ahead of the second round of voting. (Photo by Pascal Le Segretain/Getty Images)
PARIS, FRANCE - MAY 01: Marine Le Pen gestures as she delivers a speech during the French Far Right Party May Day demonstration on May 1, 2012 in Paris, France. Marine Le Pen, the daughter of the French far-right leader Jean-Marie Le Pen, received only 6.4 million votes in the first round of the presidential elections and both Sarkozy and Hollande are now seen as trying to win support from the French Far Right ahead of the second round of voting. (Photo by Pascal Le Segretain/Getty Images)

Jean-Marie Colombani, giornalista francese ed ex direttore del quotidiano Le Monde, ha commentato sul Corriere della Sera di oggi, martedì 25 marzo, il risultato delle elezioni amministrative in Francia e i problemi che la percentuale ottenuta dal Front National pone al presidente Hollande e alla destra dell’UMP. Sopratutto perché, spiega, l’obiettivo di Marine Le Pen non è allearsi con la destra «per accedere al potere» bensì «sostituirsi all’UMP»: diventare la destra ufficiale del paese.

In Francia esiste una tradizione secondo cui il partito al potere perde sempre le elezioni locali intermedie. L’intensità della sanzione varia secondo le epoche, ma nessuno è riuscito a evitarla. Trattandosi di François Hollande e del suo governo, la cui popolarità è ai livelli più bassi, sarebbe quindi stato sorprendente che essi facessero eccezione. Infatti, il primo turno delle elezioni amministrative, che si è svolto domenica 23 marzo, ha segnato un netto arretramento della sinistra (che è passata sotto il 40 per cento) e una forte avanzata della destra (che è salita sopra il 46 per cento). Considerando tale semplice enunciato, il verdetto è chiaro: una sanzione per il governo, un incoraggiamento per l’opposizione. Sta adesso a quest’ultima raggiungere la meta al secondo turno, conquistando un numero massimo di città.

Il paragone pertinente è quello con le elezioni amministrative del 2008, che avevano segnato un successo storico della sinistra, e dunque una sconfitta storica della destra, all’epoca della presidenza Sarkozy, che aveva perso una trentina di città di oltre 30.000 abitanti. Bisognerà quindi vedere se, la sera del secondo turno, la sinistra, sotto la presidenza Hollande, perderà più o meno di una trentina di città oltre i 30.000 abitanti. Se ne perderà di più, si potrà parlare di un voto sanzione. Nel caso contrario, avremo a che fare con un riequilibrio, tale da cancellare semplicemente l’anormalità dello scrutinio del 2008.

Ma certo è che l’elemento importante del primo turno consiste nel risultato ottenuto dal Front national di Marine Le Pen. Se ci atteniamo alla statistica nazionale, con il 6 per cento, è un risultato debole. Occorre però osservare piuttosto il risultato dei candidati di estrema destra, là dove questa era presente. Cioè in circa 600 Comuni (la Francia ne conta 36.000). È qui che la percezione cambia: nel 2008 i candidati di estrema destra avevano raccolto 150.000 voti in un centinaio di Comuni; oggi, con quasi un milione, sono sei volte più presenti. E là dove l’estrema destra si è presentata, la media dei voti ottenuti è del 16,5 per cento. Un risultato vicino a quello che Marine Le Pen aveva raggiunto nelle elezioni presidenziali del 2012 (18 per cento).

(Continua a leggere l’articolo del Corriere della Sera)

foto: Pascal Le Segretain/Getty Images