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  • Giovedì 13 marzo 2014

La fuga dell’ex primo ministro libico

Dopo essere stato sfiduciato dal Parlamento Ali Zeidan se n'è andato (probabilmente) in Europa: c'entrano le potenti milizie armate e l'instabilità politica della Libia

Libya's Prime Minister Ali Zeidan speaks during a press conference on March 8, 2014 in the capital, Tripoli. Libya threatened to bomb a North Korean-flagged tanker at an oil terminal in the restive east if it does not leave, saying it was loading illegally. AFP PHOTO / MAHMUD TURKIA (Photo credit should read MAHMUD TURKIA/AFP/Getty Images)
Libya's Prime Minister Ali Zeidan speaks during a press conference on March 8, 2014 in the capital, Tripoli. Libya threatened to bomb a North Korean-flagged tanker at an oil terminal in the restive east if it does not leave, saying it was loading illegally. AFP PHOTO / MAHMUD TURKIA (Photo credit should read MAHMUD TURKIA/AFP/Getty Images)

Martedì 11 marzo il primo ministro della Libia, Ali Zeidan, è stato sfiduciato dal Parlamento: dopo poche ore ha preso un aereo ed è uscito dal paese. La notizia è stata confermata dal primo ministro di Malta, che ha parlato con Zeidan mentre l’aereo stava facendo rifornimento di carburante nell’isola, prima di ripartire per un «altro paese europeo» (secondo Malta questo paese sarebbe la Germania). Secondo le autorità libiche, Zeidan sarebbe uscito dal territorio nazionale illegalmente, visto che gli era stato imposto il divieto di lasciare il paese per delle indagini in corso legate a presunte irregolarità finanziarie. Zeidan è piuttosto noto anche alla stampa occidentale: nell’ottobre scorso si era parlato molto del suo rapimento di un giorno da parte di una milizia armata e irregolare legata allo stesso ministero dell’Interno della Libia. Al suo posto il Parlamento ha nominato l’attuale ministro della Difesa, Abdullah al-Thinni.

La fuga di Zeidan dalla Libia è solo l’ultimo episodio di una serie di eventi che hanno dimostrato l’estrema instabilità politica che sta vivendo il paese dalla caduta di Mu’ammar Gheddafi, ucciso dai ribelli il 20 ottobre 2011. L’8 marzo Zeidan aveva minacciato di bombardare una petroliera che si trovava nel porto della città di al-Sidra, nell’est del paese: la milizia locale ne aveva infatti preso il controllo e aveva sfidato il governo di Tripoli rivendicando il diritto di vendere il petrolio autonomamente. Il voto di sfiducia del Parlamento è arrivato dopo che la nave era riuscita a rompere i blocchi e ad allontanarsi dal porto, nonostante Zeidan avesse annunciato che era in pieno controllo della situazione. La crisi e le tensioni tra governo centrale di Tripoli e zone orientali della Libia vanno avanti da diversi mesi: le milizie che controllano queste zone chiedono maggiore autonomia, nonché una percentuale più alta sui proventi delle esportazioni.

In generale la situazione politica della Libia è estremamente confusa e imprevedibile. Molte parti del paese – specialmente la Cirenaica, dove era partita la rivolta contro Gheddafi – sono controllate da milizie locali ben armate e decise a rafforzare il proprio controllo sul territorio. Nello stesso parlamento nazionale libico, la maggior parte dei politici hanno fatto alleanze con delle milizie sulla base di ragioni ideologiche o di provenienza territoriale.