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  • Mercoledì 19 febbraio 2014

Cosa fare con i gatti randagi?

Gli animalisti sono divisi tra chi pensa sia meglio sterilizzarli e chi sostiene – con degli argomenti – che sia meglio "l'eutanasia"

A group of feral cats eat their evening meal at the Jekyll Island, GA. golf course maintainance building Wednesday, October 8, 2008. There are approximately 30 cats at this site, according to John Allison, a Jekyll Island resident that feeds the cats twice a day as well as cats at 5 other locations on the island. (AP Photo/The Brunswick News/Bobby Haven) SLUG:FERAL CATS
A group of feral cats eat their evening meal at the Jekyll Island, GA. golf course maintainance building Wednesday, October 8, 2008. There are approximately 30 cats at this site, according to John Allison, a Jekyll Island resident that feeds the cats twice a day as well as cats at 5 other locations on the island. (AP Photo/The Brunswick News/Bobby Haven) SLUG:FERAL CATS

Un articolo del Washington Post racconta del dibattito in corso tra diverse associazioni animaliste su come affrontare il problema della sovrappopolazione dei gatti randagi e delle due opposte posizioni a riguardo: meglio sterilizzarli e rimetterli in libertà o ucciderli? La questione, come spiega l’articolo, non è solo un problema da gattari: oltre al dilemma etico, meno scontato di quanto possa sembrare, ha implicazioni sulla salute pubblica.

Di cosa si discute?
La Washington Humane Society (WHS) è un’importante organizzazione che opera a Washington e che si occupa della protezione dei diritti degli animali, e quindi anche della gestione della popolazione degli animali randagi in città. Da quando, una decina di anni fa, Lisa LaFontaine è diventata presidente della WHS, l’organizzazione ha radicalmente cambiato il suo approccio nei confronti della gestione della popolazione di gatti randagi della città: mentre per trent’anni la pratica prevalente era stata l’uccisione dei gatti randagi, ora si è passati a una strategia basata sulla sterilizzazione, la TNR (Trap-neuter-return, ovvero: cattura-sterilizza-libera). Aiutati dal lavoro di decine di volontari, quelli della WHS usano trappole per recuperare i gatti randagi, che vengono poi visitati, sterilizzati e marchiati prima di essere riportati sulle strade e liberati.

Una scelta simile è stata fatta qualche anno fa anche dalla città di New York, che strinse accordi con diverse associazioni locali per implementare strategie di sterilizzazione. Come raccontò allora il New York Times, i rifugi per i randagi della città erano al limite della loro capacità: il consiglio comunale decise di virare verso la TNR piuttosto che continuare ad accogliere i gatti nelle sue strutture. Come spiegarono il sindaco Bloomberg e diversi membri del consiglio, la TNR avrebbe permesso di controllare la popolazione dei randagi e aumentare il numero di adozioni.

La WHS e la città di New York non sono le sole ad aver abbandonato l’uccisione dei gatti come metodo di controllo della popolazione randagia, adottando la cosiddetta posizione no-kill. La Alley Cat Allies è stata fondata alcuni anni fa da un gruppo di persone che, dopo aver accudito e aiutato diverse decine animali randagi, decisero di non chiamare più i servizi veterinari pubblici, che normalmente uccidono i randagi, e invece iniziarono a prendersi cura direttamente degli animali. In pochi anni l’attività dell’associazione si è allargata: ora le diverse Alley Cat Allies sono diventate un rilevante gruppo di difesa dei diritti dei gatti randagi.

A un primo sguardo, l’abbandono delle strategie che prevedono l’uccisione dei randagi sembra sensato e giusto: piuttosto che uccidere degli animali, meglio optare per pratiche di controllo della popolazione randagia meno violente e crudeli. Tuttavia, anche se la cosa è piuttosto sorprendente, molte importanti organizzazioni animaliste, tra cui la famosa PETA, la pensano diversamente.

Perché uccidere i randagi sarebbe meglio di sterilizzarli e liberarli
Secondo la PETA – la più grande organizzazione al mondo per la tutela dei diritti degli animali, che promuove il veganismo e si definisce “intransigente” – la pratica della cattura e sterilizzazione dei gatti randagi non fa l’interesse dei gatti, ma è piuttosto un modo per non affrontare il problema della sovrappopolazione dei randagi utilizzato dalle persone a disagio con l’idea di uccidere dei gatti. I gatti randagi, argomentano quelli di PETA, vivono delle vite brevi e dolorose, non muoiono mai di vecchiaia ma piuttosto di malattia o di morte violenta: sterilizzarli e lasciarli liberi non fa altro che ucciderli comunque, ma acuendo il problema e le loro sofferenze. Per queste ragioni, dicono, bisogna considerare l’uccisione di gatti randagi come una pratica amorevole: la PETA parla infatti di eutanasia, piuttosto che di una crudeltà. Nonostante sia vero che la TNR protegga le future generazioni di gatti, la pratica non protegge i gatti randagi dall’essere uccisi da un’automobile o dall’essere avvelenati, torturati o usati come esche nelle lotte di cani, come spesso gli accade.

Ma c’è anche una seconda ragione per cui la TNR è stata recentemente criticata: è sempre legata al diffuso disagio per l’idea di uccidere i gatti, ma in modo diverso. Come ha spiegato Michael Fox, un veterinario che cura una rubrica sul Washington Post, le associazioni che rifiutano l’eutanasia presentandola come una pratica crudele e disumana riescono spesso a raccogliere più donazioni delle altre. Molte associazioni, dunque, usano argomentazioni consolatrici a favore della TNR e criticano l’eutanasia con il solo scopo di «far sentire meglio i propri sostenitori» e ottenere maggiori finanziamenti.

Ma che problemi causano i gatti randagi?
Al di là della salute dei gatti, comunque, la TNR comporta un altro problema: il fatto che, come hanno mostrato diversi studi, produce un declino della popolazione di randagi soltanto su tempi piuttosto lunghi. L’eccessiva popolazione di randagi, però, può causare diversi problemi nel breve termine. I gatti randagi possono trasmettere la rabbia (anche se è raro che la trasmettano agli uomini); le feci dei gatti randagi possono essere veicolo di trasmissione della toxoplasmosi. Un altro problema è l’incidenza che la popolazione di gatti randagi ha sulla decrescita della popolazione di uccelli. L’associazione ornitologica americana ha indicato che il numero di uccelli uccisi ogni anno dai gatti negli Stati Uniti è tra il milione e mezzo e i quattro milioni. Holmes Rolston III, professore della Colorado State University, aveva spiegato al New York Times che la popolazione di gatti randagi, stimata tra i 50 e i 90 milioni di esemplari negli Stati Uniti, pone un serio pericolo per molte specie di uccelli. Mantenere alta la popolazione dei gatti randagi, dunque, avverrebbe alle spese della popolazione di uccelli: con una mano uccidi meno animali, con l’altra ne uccidi di più.

E in Italia?
Anche in Italia spesso si discute dei danni causati dai gatti randagi e ci sono delle leggi specifiche che ne regolano la gestione: se i gatti creano problemi di salute pubblica, le ASL possono disporre la cattura ai fini della sterilizzazione, ma i gatti devono poi essere liberati. Solo nel caso in cui gli animali sono gravemente e incurabilmente malati, o nel caso in cui costituiscono un pericolo per le persone, può essere disposta l’uccisione.