L’indotto della marijuana in Colorado
Un articolo di Slate racconta le molte attività commerciali nate in Colorado dopo la legalizzazione della marijuana a scopo ricreativo
Rona Hanson è un agente immobiliare statunitense che si fa pubblicità con lo slogan: “Need room to grow?” (“Serve spazio per coltivare?”). Lei e il suo partner lavorano a Denver, in Colorado, e da quando, il primo di gennaio, la vendita e il consumo di marijuana sono stati legalizzati, si sono ritagliati una nuova nicchia di mercato: per effetto della nuova legge, infatti, anche la coltivazione di marijuana è stata legalizzata, e entro certi limiti anche i privati cittadini possono coltivare nelle loro case. Come spiega Rona Hason, intervistata da Slate, la richiesta di case con sufficiente spazio per coltivare qualche pianta di marijuana è cresciuta: una casa con una stanza di quattro o cinque metri quadrati, nell’angolo lontano del seminterrato e con finestre piccole e vicine al soffitto, è una casa che fino a poche settimane fa non sarebbe interessata a nessuno; ora è diventata molto ambita perché ideale per installare le luci e gli impianti necessari per la coltivazione.
Slate, nello stesso articolo, ha poi preso in considerazione altri aspetti collegati alla legalizzazione della marijuana: il business della coltivazione e della vendita non è il solo ad averne tratto beneficio e, anzi, l’indotto e tutto quello che gira intorno alla produzione e alla vendita ha prodotto un notevole giro di affari. Ean Seeb, co-fondatore di una società di consulenza per questioni legate alla commercializzazione della marijuama, lo ha spiegato così, facendo un paragone con la stagione della ricerca dell’oro:
Per ogni pepita d’oro ti servivano piccone e pala, un secchio e un setaccio. La stessa cosa accade con la cannabis. Per ogni grammo di marijuana, ti servono un sacchetto, le etichette, le ricevute, le confezioni, i punti di vendita, le uniformi per il personale, l’assicurazione e così via.
Quando si compra un po’ d’erba da un amico o da uno spacciatore di solito si chiede “com’è? forte?” e poi si deve accettare più o meno qualsiasi risposta – cosa ne possiamo sapere, in fondo? Ma se la marijuana la comprassimo in un negozio, probabilmente non ci accontenteremmo di una risposta vaga: la qualità di un certo tipo di prodotto deve allora essere certificata. A norma di legge, in Colorado non è necessario che la marijuana commercializzata sia testata, ma nel caso non lo sia la cosa deve essere segnalata sulla confezione. Come spiega l’articolo, per questa ragione sono nate negli Stati Uniti delle società che si occupano di testare e certificare la marijuana.
Similmente, uno degli aspetti più rilevanti della legalizzazione della marijuana sono le tasse. Tra locali e nazionali le imposte sulla vendita di prodotti cannabinoidi ammontano a quasi il 30 per cento e, spiega Slate, la corretta rendicontazione delle vendite è necessaria per il corretto pagamento delle tasse (a cui sia il governo nazionale che quello locale tengono molto). Siccome la qualità della marijuana si degrada nel tempo, però, molti dei normali software per la gestione dell’inventario sono inadatti: questo ha portato alla nascita di società che si occupano di software per la gestione dell’inventario specifici per il commercio di marijuana. C’è inoltre un problema aggiuntivo con il commercio di marijuana: gli errori di rendicontazione potrebbe portare i negozianti ad essere accusati di trafficare in nero o di rubare dalle scorte.
Come viene spiegato nell’articolo, attività come queste, legate al commercio di marijuana ma in modo collaterale, sono in grande crescita anche per alcuni motivi fondamentali. In primo luogo la produzione e vendita di marijuana per uso ricreativo sono ancora vietate dalle leggi federali: molti investitori dunque preferiscono non rischiare in attività che potrebbero incorrere in problemi legali come lo sarebbe, per esempio, la coltivazione di cannabis, preferendo invece investire nel più sicuro mercato dell’indotto. Inoltre, un’altra legge del Colorado impone che le attività di vendita di marijuana siano gestite da persone che abbiano risieduto nello stato per almeno due anni, di conseguenza gli investitori di altri stati possono investire solamente in attività complementari a quelle di produzione e vendita che inoltre, sottostando a legislazioni più uniformi attraverso i diversi stati, sono più facilmente trasferibili da uno stato ad un altro.