Cosa pensa Davide Serra

Christian Rocca ha incontrato a Londra il finanziere italiano che ha sostenuto Matteo Renzi – quello del "caso Cayman" – e gli ha chiesto cosa farebbe dell'Italia

Foto Lorenzo Masi/LaPresse
26 ottobre 2013. Firenze, Italia
Politica
Convention Leopolda 2013.
Nella foto: Davide Serra.

Photo Lorenzo Masi/LaPresse
October 26, 2013. Florence, Italy
Politics
Convention Leopolda 2013.
In the pic: Davide Serra.
Foto Lorenzo Masi/LaPresse 26 ottobre 2013. Firenze, Italia Politica Convention Leopolda 2013. Nella foto: Davide Serra. Photo Lorenzo Masi/LaPresse October 26, 2013. Florence, Italy Politics Convention Leopolda 2013. In the pic: Davide Serra.

Sul numero di IL di gennaio, uscito giovedì con il Sole 24 Ore – il direttore Christian Rocca racconta di essere andato a Londra per conoscere e chiedere al finanziere italiano Davide Serra «che cosa propone realmente per il nostro paese». Di Davide Serra si è parlato molto in Italia perché ha appoggiato e sostenuto Matteo Renzi già alle primarie del 2012 e per le polemiche dovute al fatto che gestisca da Londra l’hedge fund Algebris con sede nelle isole Cayman (ma paga tutte le tasse nel Regno Unito, scrive Rocca).

Sono andato a Londra a conoscere Davide Serra, il finanziere italiano amico e sostenitore di Matteo Renzi, un piccolo imprenditore della finanza e un investitore istituzionale molto rispettato nella City, ma descritto come l’uomo nero negli ambienti dell’es- tablishment politico, giornalistico e culturale italiano, in particolare in quello vicino al mondo Pci-Pds-Ds e in una parte del Partito Democratico.

Serra mi ha ricevuto una mattina di fine novembre al terzo piano di una tradizionale palazzina con i mattoni rossi vicino a Savile Row, la strada delle sartorie su misura al centro di Londra. L’ufficio è grande e spazioso per i cinque o sei analisti incollati agli schermi del computer. Per terra c’è un parquet a lista lunga e le grandi finestre attraggono la luce di un insolito sole londinese. All’ingresso una pila di Financial Times ancora cellofanati. In un angolo un table football, un biliardino.

Ma la prima cosa che si nota entrando ad Algebris Investments, così si chiama la società fondata e gestita da Serra, è che alle pareti ci sono tre enormi fotografie di altrettanti premi Nobel, non per l’Economia, ma per la Pace. Sono Nelson Mandela, Aung San Suu Kyi, il Dalai Lama, fotografati dal tedesco Peter Badge. C’è una quarta immagine, che si intravede attraverso le pareti a vetro dell’ufficio personale di Serra, dove il titolare è impegnato in una discussione in francese. È una gigantografia di Jimmy Carter, altro Nobel per la Pace, scattata sempre da Badge. Non in primo piano come le altre, ma seduto su una sedia a dondolo. Jimmy Carter. Non è esattamente l’iconografia che mi sarei aspettato di trovare nell’ufficio di un finanziere accusato dagli avversari interni di Matteo Renzi di essere uno squalo residente alle Cayman. Sembra l’ufficio di Walter Veltroni, non di Gordon Gekko.

«Sono pacifista, pacifista convinto… per me la pace è tutto», mi dice Serra spiegandomi la provenienza delle foto. Sono state acquistate a un’asta benefica a Berlino, dove c’era anche Angela Merkel. Serra ha comprato i tre ritratti, ma avendo quattro figli ha chiesto al fotografo di vendergli anche una quarta foto di un Nobel per la Pace, e ha scelto l’ex presidente democratico americano sconfitto da Ronald Reagan. Serra mi fa accomodare nella sala riunioni adiacente al suo ufficio. Si toglie la giacca e posa lo smartphone sul tavolo (lo prenderà soltanto due volte per mandare un sms a un amico e per rispondere alla moglie su questioni di famiglia)

(Continua a leggere l’articolo sul Sole 24 Ore)