La lettera aperta di Roberto Giachetti a Beppe Grillo

Sulla "foto segnaletica" dei parlamentari che il M5S accusa di essere "abusivi" e i commenti violenti

Roberto Giachetti, deputato del PD e vicepresidente della Camera, ha pubblicato sul suo sito questa lettera aperta a Beppe Grillo. Giachetti sta facendo da oltre due mesi lo sciopero della fame per chiedere una riforma della legge elettorale. Un anno fa aveva portato avanti lo sciopero della fame per le stesse ragioni per più di quattro mesi.

Aggiornamento: è poi venuto fuori che il commento violento di cui parla Giachetti era stato scritto sarcasticamente.

Caro Beppe Grillo,

Il 7 dicembre hai postato sul suo tuo blog la foto “segnaletica” mia e di altri 8 colleghi indicati nella didascalia, insieme ad altri 141, come abusivi. Nel corpo del testo hai scritto una frase evidenziata in neretto che testualmente recita “devono essere fermati all’ingresso di Montecitorio”. Siamo praticamente al ‘caccia all’uomo day’. Un invito che ognuno dei tantissimi seguaci del tuo blog può declinare a suo piacere. Ed infatti nel giro di breve tempo, nel riuscito effetto di generare un chiaro clima di odio, qualcuno alle 14.32 del medesimo giorno raffina la caccia all’uomo rendendola più esplicita: “Dai a questo punto la lista ce l’avete. Prendete un fucile ed andate ad ammazzarli uno ad uno a casa. Mi sembra il minimo”. Ho letto e fotografato dal tuo blog questo invito ieri sera. Sono passati tre giorni e sta ancora lì, non hai avuto neanche la decenza di eliminarlo. E non mi si dica che non l’avevi visto. Se pubblichi la foto di qualcuno e la accompagni con l’invito a “fermarlo” all’ingresso di Montecitorio non puoi esimerti almeno dal verificare l’effetto che fa… Se non lo hai fatto è anch’essa una scelta ben precisa.

16_2

Sto conducendo da 65 giorni uno sciopero della fame per imporre a tutti il rispetto dell’impegno di cambiare una legge elettorale indecente. Conosco i rischi concreti di uno sciopero della fame così prolungato, non solo perché i medici me lo ricordano praticamente tutti i giorni, ma anche perché un anno fa dopo 123 giorni sono andato molto vicino a conseguenze irreparabili per la mia salute. Ma sono un nonviolento, sento il dovere di lottare con la mia determinazione e con le mie capacità per cambiare una legge indegna che ritengo abbia un enorme peso nella degenerazione della politica. Scelgo liberamente di correre questi rischi e so che pesano nella mia coscienza meno del pensiero di rassegnarmi ad essere inerte spettatore, o, peggio, connivente, nell’opera di totale distruzione della credibilità della politica che ogni giorno si consuma nel nostro Paese. Più aumentano i giorni di digiuno più convivo con l’intima consapevolezza che quei rischi possano trasformarsi in qualcosa di più reale, ma sento di dover andare avanti. Consapevole. Invece, caro Grillo, quello che tu mi scarichi addosso con questa operazione è l’obbligo di convivere con un rischio che non conosco, che non potrei sapere dove si annida, come si organizza, quando potrebbe colpirmi. Mi esponi ad un nemico invisibile ma che certamente c’è, che ha colpito qualche mese fa un integerrimo servitore dello stato, che si muove agilmente nel clima di odio che viviamo e che potrebbe facilmente andare a segno contro persone come me (ed i miei colleghi) che non girano con auto blu e con scorte al seguito, che fanno politica sulla strada, tra la gente, mettendoci la faccia ed esponendo il proprio corpo senza scudo di alcun tipo, nella nudità della propria passione.

Come faccio a non dirti che da qualche giorno convivo con una preoccupazione in più che a volte rischia di distrarmi dalla concentrazione sulla mia azione nonviolenta, dalla determinazione necessaria a combattere per il raggiungimento dell’obiettivo che mi sono dato? Senza minimamente fare accostamenti impropri con la statura di straordinari esempi della lotta nonviolenta, ricordo a me stesso che la storia è percorsa da nonviolenti morti non a causa della loro iniziativa ma per mano di sconosciuti che li hanno colpiti quando erano più esposti, tra la gente, in libertà. E’ stato così per Gandhi ucciso con tre colpi di pistola e per Martin Luther King freddato da un colpo di fucile. Auspicando che tu possa trovare qualche minuto per queste parole ti saluto cordialmente.

tuo Roberto Giachetti