Oggi, sul Corriere della Sera, Dario Di Vico racconta la storia di una lettera aperta che un ragazzo cinese ha indirizzato ai propri genitori e che ha pubblicato sul sito di Associna, un’associazione delle nuove generazioni di italo-cinesi nate e cresciute in Italia, a proposito di discriminazioni e integrazione.
«Mio nonno Giuseppe arrivò in Italia nel 1957 e mio zio Umberto ancora prima, negli anni ’30…», si apre così un’appassionata lettera “ai genitori cinesi” che è stata pubblicata pochi giorni fa sul sito di Associna da parte di Sun Wen-Long, un giovane laureando in ingegneria informatica di 24 anni che vive a Bologna e ha sentito la necessità di aprire un dibattito dentro la comunità cinse. Il tema potrebbe essere sintetizzato così: l’italia è casa nostra, dobbiamo integrarci di più ed è questo il modo più efficace per rispondere alle discriminazioni nei nostri confronti. Tutto parte da un paio di servizi televisivi sui canali Mediaset e Rai che non sono piaciuti ai cinesi e che, come racconta Wen, «hanno spinto alcuni, stufi dei troppi controlli, a proporre una specie di boicottaggio delle merci di lusso italiane, dalle scarpe agli abiti». Ma se la prima generazione di emigrati «mette al primo posto le emozioni e parla prevalentemente di soldi e di famiglia», la seconda, dice Wen, «ha studiato ed è più riflessiva». Così il giovane incoraggiato dalla coetanea Zhanxing Xu, che vive tra Roma e Firenze, ha pensato che fosse giunta l’ora di aprire una franca discussione con i propri genitori su come vivere in Italia e come sentirsi a tutti gli effetti cittadini di questo Paese. «Mio padre se oggi andasse in Cina sarebbe un pesce fuor d’acqua, non riconoscerebbe niente mentre qui è perfettamente integrato. Ha gestito fino al momento della pensione un ristorante e ha potuto farmi studiare. Questa oramai è casa nostra e dobbiamo prendercene cura».