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La guerra tra Iran e Iraq

Finì 25 anni fa e fu uno dei più lunghi, sanguinosi e inutili conflitti della storia del Medio Oriente

Il 20 agosto del 1988, 25 anni fa, entrò in vigore il cessate il fuoco che mise fine al conflitto tra l’Iran dell’ayatollah Khomeini e l’Iraq di Saddam Hussein. La guerra era scoppiata otto anni prima, quando l’esercito iracheno aveva invaso a sorpresa il sud dell’Iran. Fu una delle guerre più sanguinose, lunghe e inutili della storia Medio Oriente.

Le cause
Saddam Hussein aveva lanciato l’attacco nell’estate del 1980 sperando di ottenere una rapida vittoria. Nei suoi piani, la guerra gli avrebbe consentito di impadronirsi di nuovi territori ricchi di petrolio e di destabilizzare la teocrazia iraniana. La religione fu uno dei fattori determinanti della guerra anche se già nel corso degli anni Sessanta e Settanta c’erano stati scontri minori per ragioni di confine.

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In Iran nel 1979 il governo filo-occidentale dello scià Mohammad Reza Pahlavi era stato rovesciato da una rivoluzione che aveva instaurato una teocrazia sciita. L’Iraq si reggeva all’epoca su un delicato equilibrio tra la minoranza sunnita, di cui faceva parte lo stesso Saddam Hussein, e la maggioranza sciita. Per Saddam Hussein la situazione era diventata insomma delicata e pericolosa: un Iran governato dal clero sciita poteva rappresentare un richiamo per gli sciiti dell’Iraq e spingerli a compiere una rivoluzione simile a quella che aveva rovesciato lo scià. Con un attacco preventivo Saddam Hussein sperava di destabilizzare il nuovo regime iraniano, rendere più sicuri i suoi confini e trasformare l’Iraq nella potenza egemone del Medio Oriente.

Il 1980 sembrava il momento migliore per attaccare. Sotto lo scià l’esercito iraniano era diventato il più potente di tutta la regione. Era molto più numeroso di quello iracheno – all’epoca l’Iraq aveva circa 17 milioni di abitanti, mentre l’Iran ne aveva più di 50 – ed era dotato di moderni mezzi militari forniti dagli Stati Uniti. Tra il 1979 e il 1980, però, subito dopo la rivoluzione, decine di generali e migliaia di ufficiali, di piloti dell’aviazione e di tecnici erano stati processati, giustiziati, degradati o erano fuggiti all’estero per via della loro vicinanza al vecchio regime. Inoltre i rapporti con gli Stati Uniti si erano interrotti ed era impossibile ottenere dalle industrie statunitensi i pezzi di ricambio per i moderni aerei da combattimento e per gli altri mezzi acquistati negli anni precedenti.

La guerra
Il 22 settembre del 1980 l’esercito iracheno attraversò il confine tra i due paesi senza incontrare resistenza. Ci furono avanzate nel nord e al centro ma la spinta principale venne compiuta a sud, nella regione del Khouzestan. Si trattava di un’area ricca di petrolio, con una forte presenza di arabi (la maggioranza degli iraniani sono invece persiani) e vicina al mare. Uno degli obiettivi di Saddam Hussein era proprio allargare l’accesso al mare del suo paese, che all’epoca era costituito da uno stretto corridoio largo poche decine di chilometri, a sud della grande città di Bassora.

L’esercito iracheno avanzò per circa un anno e mezzo. Non ci furono grandi battaglie perché l’esercito iracheno non aveva un nemico da combattere: l’Iran stava lentamente mobilitando il suo gigantesco esercito al sicuro, molto lontano dal fronte.

Nel marzo del 1982 il comando dell’esercito iraniano venne trasferito dai militari di professione al clero. La mobilitazione era oramai pronta: l’Iran aveva meno carri armati, elicotteri e cannoni – la gran parte erano bloccati nei depositi perché non c’erano i tecnici per farli funzionare. Ma gli iraniani avevano almeno un vantaggio: potevano schierare più di 350 mila soldati – sarebbero diventati 900 mila alla fine della guerra – cioè due uomini per ognuno dei soldati che poteva schierare l’Iraq. Da quel momento fino alla fine della guerra l’Iraq fu costretto a restare sulla difensiva, subendo le gigantesche ondate degli assalti della fanteria iraniana e ritirandosi lentamente.

All’inizio della guerra i leader iraniani decisero di non schierare al fronte le unità dell’esercito regolare. I religiosi non si fidavano della lealtà dell’esercito e preferirono impegnare le unità della Guardia Rivoluzionaria: volontari che spesso avevano ricevuto un addestramento sommario. Le loro unità non erano guidate da ufficiali di professione ma dai mullah e da altri religiosi che tenevano preghiere e canti rituali prima di mandare le truppe all’attacco.

In queste condizioni non era possibile elaborare strategie molto complicate – manovre di mezzi corazzati, attacchi sui fianchi, sbarchi aerei. I comandanti iraniani si limitavano a lanciare all’assalto frontale ondate su ondate di Guardie Rivoluzionarie, a volte precedute da lunghi bombardamenti di artiglieria. L’esercito iraniano subì perdite enormi ma dopo pochi mesi riuscì a respingere gli iracheni dal territorio iraniano e a mettere sotto assedio la città di Bassora.

Una guerra tra poveri
Gli iracheni avevano un esercito più moderno e professionale di quello iraniano e ricevevano aiuti – sempre più consistenti mano a mano che la guerra procedeva – da molti paesi arabi, europei e dagli Stati Uniti. Ma anche la loro conduzione della guerra non era particolarmente professionale. Si racconta che i piloti dei carri armati di fabbricazione sovietica T62 spesso non erano in grado di utilizzare il complicato sistema computerizzato che aiutava a puntare il cannone. Erano costretti a prendere la mira senza aiuti elettronici, come si faceva quarant’anni prima durante la Seconda guerra mondiale.

In parte per rimediare a queste mancanze e per sopperire alla loro inferiorità numerica, gli iracheni utilizzarono spesso armi chimiche – fabbricate utilizzando componenti comprati da aziende europee o americane. Si calcola che probabilmente tra i 50 mila e i 100 mila iraniani, tra militari e civili, furono uccisi dalle armi chimiche irachene.

Gli iracheni utilizzarono gas nervini, che anche in piccola quantità erano in grado di uccidere velocemente. Ma ben peggiori erano i gas vescicanti, in grado di produrre ustioni chimiche al contatto con la pelle. Raramente gli agenti vescicanti erano in grado di uccidere, ma producevano ferite terribili. I soldati avversari venivano resi inoffensivi e l’esercito iraniano era costretto a impiegare risorse per prendersi cura dei feriti.

Anche gli iraniani utilizzarono metodi di guerra particolarmente cruenti. L’esercito iraniano aveva difficoltà a utilizzare i mezzi meccanici e moderni, quindi per svolgere qualsiasi compito erano necessari moltissimi soldati – impiegati anche come costruttori e operai. Per sopperire a questa necessità di personale vennero arruolati decine di migliaia di bambini: fino a dieci anni, secondo alcune testimonianze.

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