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  • Lunedì 3 giugno 2013

Resistere non serve a niente

Un estratto dall'ultimo libro di Walter Siti, che racconta la storia di un broker

di Ilaria Gozzi - Caffeina

Resistere non serve a niente è l’ultimo romanzo di Walter Siti, pubblicato nel 2012 da Rizzoli. Descrive la zona grigia tra criminalità e finanza attraverso la storia di uno dei suoi protagonisti: il broker Tommaso, che si muove tra i poteri forti della finanza e della politica. Della vicenda di Tommaso fanno parte anche un’olgettina intelligente, una scrittrice impegnata, un delinquente di borgata e un mafioso internazionale: come tutti i personaggi descritti da Siti, possiedono una doppia anima che oscilla tra il bene e il male, con un senso di ambiguità che caratterizza tutta la nostra epoca.

Romano d’adozione, Walter Siti è nato a Modena nel 1947 e ha insegnato nelle università di Pisa, Cosenza e L’Aquila. Oltre ad aver curato l’opera omnia di Pier Paolo Pasolini, ha pubblicato tra gli altri “La magnifica merce” (2004), “Troppi paradisi” (2006), “Il contagio” (2008) e nel 2009 il seguito di quest’ultimo “Il canto del diavolo”. “Resistere non serve a niente” è tra i dodici finalisti del Premio Strega e, in occasione della collaborazione con il Festival Caffeina Cultura, ne pubblichiamo di seguito un estratto.

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Resistere non serve a niente “Poppate lentissime, al punto che sua madre s’addormentava allattandolo; questo appartiene alla mitologia, ai racconti di zia e nonna quando non volevano fargli pesare il suo essere “attrippatello”. Ma l’infanzia importa poco: è vero che molte cose si decidono in quegli anni, però è anche vero che sono senza rimedio. L’infanzia non è una giustificazione né un luogo a cui voler tornare: come rimpiangere quelle bestioline che eravamo, deboli e parassite? Mamma invece non l’aveva mai preso alla leggera il suo sovrappeso («’sto regazzino nun magna, s’abboffa»), già al tempo degli omogeneizzati e delle prime pappette; ma lei non ha mai preso niente alla leggera, la gravidanza era stata una causa continua di ricatti e lamentele. Con idee superstiziose in testa, era andata anche da una rumena perché quel concepimento le pareva affatturato, partito sotto una cattiva stella – s’era fissata che il bambino fosse stato messo in cantiere proprio quella notte che il marito era tornato ubriaco (fin lì, normale amministrazione) ma bestemmiando e lavandosi via del sangue al lavandino; avevano mezzo ammazzato un frocio che si credeva ’stocazzo, per dargli una lezione. «Ciavevi ancora l’odio addosso, m’hai intossicato la pancia»: sentiva delle fitte che il dottore non sapeva spiegarsi, come se il feto si storcesse e si difendesse dalle ombre. Mamma sudava in quell’estate torrida e si sbrodolava di ghiaccioli, passando da una sedia all’altra nella piazza senza trovare pace; il bambino le arrivava in gola, tant’è vero che alla nascita pesava quattro chili e sette. Tommaso è nato il 2 agosto 1976 e quando è andato a scuola aveva compiuto sei anni da pochissimo ma era il più alto e il più grosso di tutti: ultimo banco quindi e prima lezione sull’indifferenza, col piede della sedia aveva sfondato la plastica azzurra del battiscopa ma nessuno se n’era accorto. Nella marana dietro la scuola, dove andavano a fumare, si trovava quasi sempre da solo con Nando, un roscio magro come un chiodo; parlavano della bicicletta di Saronni che era vuota dentro e pesava un chilo: «si ce monti te, la sfonni», ma Nando non lo diceva mai con cattiveria. Invece la maestra sì, quella di terza, una volta che giocavano a rubabandiera speciale sulle rampe della scala, l’aveva fatto scendere di due gradini, «se Tommaso salta da quell’altezza ci apre un cratere»…”