«Contro lo hate speech abbiamo fallito»

Dopo le proteste dei gruppi per i diritti delle donne, Facebook ha ammesso le sue difficoltà contro i messaggi che incitano all'odio e ha detto che rimedierà

In una recente nota pubblicata sul proprio social network, Facebook ha ammesso che i suoi sistemi per tenere sotto controllo i messaggi che incitano all’odio (quello che in inglese viene definito “hate speech”) non funzionano a dovere e non consentono di rimuovere efficacemente tutti i contenuti offensivi dai suoi profili e dalle sue pagine. La società si sta confrontando con questo problema praticamente da quando esiste, ma nelle ultime settimane il tema è diventato ancora più sentito e discusso in seguito ad alcune iniziative di gruppi a tutela dei diritti delle donne, che hanno avviato petizioni e scritto lettere aperte per chiedere a Facebook più controlli e la rimozione dei contenuti a favore delle violenze sulle donne.

Insieme con altri collettivi e associazioni, Jaclyn Friedman dell’organizzazione Women, Action & the Media (WAM!) aveva pubblicato il 21 maggio scorso una lettera aperta, chiedendo a Facebook di rivedere e migliorare i propri sistemi di controllo e rimozione dei messaggi che incitano all’odio, soprattutto nei confronti delle donne. Erano citati i nomi di alcune pagine sul social network come “Stupra con violenza la tua amica per farti quattro risate” e “Dai un calcio nel sedere alla tua ragazza perché si rifiuta di farti un panino”. La lettera invitava anche le donne iscritte a Facebook a scrivere alle società che fanno pubblicità sul social network, chiedendo la sospensione delle loro campagne pubblicitarie che spesso compaiono nelle stesse pagine in cui sono pubblicati messaggi d’odio contro le donne.

Stando a quanto racconta Tanzina Vega del New York Times, in pochi giorni sarebbero state inviate più di cinquemila email a diverse società che fanno pubblicità su Facebook. In seguito all’iniziativa, aziende di piccole dimensioni e la casa automobilistica Nissan hanno annunciato l’intenzione di rimuovere i loro annunci da Facebook, in attesa di regole più chiare e sistemi di moderazione più efficaci.

Un portavoce della società ha spiegato che Nissan di solito realizza campagne pubblicitarie mirate per particolari gruppi di persone su Facebook, spesso adulti di sesso maschile tra i 30 e i 35 anni. Sul social network questi annunci mirati possono comparire su qualsiasi pagina stia visitando un utente con queste caratteristiche, quindi potenzialmente anche su pagine in cui sono presenti contenuti offensivi. Nissan, come altre società, chiedono ora un sistema più affidabile per impedire che i loro annunci compaiano insieme con messaggi che incitano all’odio e alla violenza.

Molte altre società di piccole dimensioni hanno seguito la strada di Nissan, sospendendo le loro campagne pubblicitarie, mentre aziende più grandi come Dove e American Express hanno risposto alle critiche, ma senza rimuovere i loro annunci pubblicitari. L’iniziativa di WAM! sembra abbia comunque funzionato: prima che si potesse verificare un problema più serio con gli inserzionisti pubblicitari, Facebook ha risposto alle critiche impegnandosi a fare meglio.

Nella propria nota, il social network spiega di avere organizzato da tempo diversi sistemi per monitorare certi tipi di contenuti, e per rimuoverli se considerati offensivi o potenzialmente dannosi. Lo hate speech su Facebook è vietato, ma siccome il termine ha un significato sfumato e non esiste una sua definizione univoca, nel regolamento del social network si chiarisce che viene inteso come “attacchi diretti e gravi nei confronti di qualsiasi categoria di persone legata alla razza, all’etnia, alla nazionalità, alla religione, al genere, all’orientamento sessuale, alla disabilità o alla presenza di malattie”. I messaggi offensivi di questo tipo sono di solito rimossi, mentre non sono eliminati quelli umoristici (seppure spiacevoli e di cattivo gusto) che non rientrano pienamente nella definizione di hate speech intesa da Facebook.

In seguito alle ultime polemiche, Facebook si è impegnato ad assumere una serie di nuove misure per tenere sotto controllo il fenomeno dei messaggi che incitano all’odio e alla violenza. Il piano prevede, tra le altre cose, una revisione delle linee guida usate dai moderatori e una serie di corsi di aggiornamento, con la collaborazione di esperti legali e di associazioni a tutela delle donne e di particolari minoranze. Facebook realizzerà nuovi sistemi per risalire più facilmente all’effettiva identità di chi pubblica contenuti offensivi e avvierà nuovi gruppi di lavoro con esperti per valutare i progressi raggiunti con le nuove regole.

Le responsabili di WAM! hanno accolto con soddisfazione l’impegno di Facebook, ricordando che poche altre società hanno risposto in questo modo e così rapidamente alle loro sollecitazioni. Il social network deve occuparsi di una comunità che ha ormai superato il miliardo di iscritti e non è sempre facile tenere sotto controllo tutti i contenuti che circolano sul suo sito. Un migliore sistema per la rimozione dei messaggi che incitano all’odio è sicuramente un modo per Facebook per assicurare più giustizia e per mantenere una buona reputazione, ma è anche una risorsa importante per assicurare a chi paga per la pubblicità sul sito – la prima fonte di guadagno del social network – che i suoi annunci non saranno affiancati a contenuti controversi e offensivi.