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L’opposizione in Corea del Nord

Le storie terribili di chi con enormi difficoltà combatte il regime, tra qualche volantino, video girati di nascosto ed esecuzioni pubbliche

di Elena Zacchetti – @elenazacchetti

In Corea del Nord chi si oppone al regime è punito con pene severissime, molto spesso con la morte. Per questo le persone e i gruppi che criticano la dittatura sono costretti ad agire in condizioni di estrema segretezza, e creare una rete organizzata su tutto il territorio nazionale è pressoché impossibile. Non esiste, quindi, una sigla, un partito, un’organizzazione unica di dissidenti e oppositori. Esistono però dissidenti e oppositori, che con grandissime difficoltà in questi anni hanno diffuso all’estero immagini, video e informazioni sulle condizioni di vita dei nordcoreani, grazie al sostegno di loro connazionali che vivono fuori dal paese.

La situazione della Corea del Nord è sintetizzata efficacemente in un rapporto di Human Rights Watch del 2013, in cui si legge:

«La Repubblica Democratica di Corea (Corea del Nord) viola sistematicamente i diritti della sua popolazione. Il governo ha ratificato quattro importanti trattati internazionali sui diritti umani e prevede la loro protezione nella Costituzione, ma non permette l’organizzazione di opposizioni politiche, la libertà di stampa, una società civile funzionante, e la libertà religiosa. Arresti arbitrari, detenzioni, mancanza di processi giusti, torture e maltrattamenti dei detenuti rimangono problemi seri e pervasivi»

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Kim Yoon Tae, il segretario generale del gruppo NKnet (Network for North Korean Democracy and Human Rights), associazione per la democrazia e il rispetto dei diritti umani in Corea del Nord, nel 2011 rilasciò una dichiarazione al Daily NK, giornale online di dissidenti nordcoreani con base in Corea del Sud. Riferendosi alla situazione politica nordcoreana, Tae disse: «Questo non è un ambiente dove delle organizzazioni sistemiche e su scala nazionale possono esistere. Non possiamo fare altro che credere che esista una piccola resistenza o dei gruppi e organizzazioni di opposizione». Kim sostenne comunque che dei «nuclei di organizzazioni per azioni collettive si sono formati, e sono attivi soprattutto a Pyongyang».

Negli ultimi dieci anni su alcuni giornali internazionali si è scritto – poco, a dir la verità – di alcuni episodi o azioni di opposizione politica. Rispetto alle forme di dissidenza a cui siamo abituati in Occidente, quelle che si verificano in Corea del Nord sono di dimensioni talmente piccole che in altri paesi non sarebbero nemmeno considerate vera attività politica: qualche filmato amatoriale, poche decine di volantini appesi all’Università di Pyongyang, uno striscione attaccato per qualche minuto a lato di un ponte a Hoiryeong. In Corea del Nord la maggior parte degli attivisti sono stati scoperti e puniti molto duramente dal regime, e molti altri sono stati costretti a rifugiarsi per lo più in Corea del Sud dopo aver attraversato il confine con la Cina.

Che cosa sappiamo
Sulla stampa internazionale si ebbe conoscenza dei primi piccoli gruppi di dissidenti nordcoreani nel 2004, quando il gruppo “Lega Giovanile per la Libertà” diffuse un documento di critica al regime di Pyongyang nella città di Hoiryeong. Nel 2006, sui muri di un mercato molto affollato vicino alla stazione Dancheon, nella provincia meridionale di Hamkyung, venne affisso un avviso che diceva: “Grazie ai militari e alla politica, le persone stanno morendo di fame. Non basta dare il riso ai militari, iniziamo a darlo alla popolazione”. Ancora prima ci furono alcune proteste all’Università Kim Il Sung che portarono all’esecuzione degli studenti responsabili delle attività anti-regime. Più recentemente, nel giugno 2010, il Daily NK riportò che le autorità nordcoreane avevano iniziato a dare la caccia agli attivisti del gruppo “Save the Country Action Group”, che avevano diffuso migliaia di volantini critici verso il regime.

L’enorme difficoltà di fare opposizione politica in Corea del Nord ha spinto molti dissidenti ad attraversare i confini nazionali e unirsi alle organizzazioni di attivisti che si trovano in Corea del Sud. I contatti tra gli attivisti distribuiti nei due paesi sono stati resi possibili nel corso degli ultimi dieci anni dalla porosità del confine tra Corea del Nord e Cina, e dai cellulari di fabbricazione cinese che sono stati esportati illegalmente nel territorio della Corea del Nord.

Poi arrivarono i video amatoriali
Nel corso degli anni uno dei metodi più usati dai (pochissimi) dissidenti nordcoreani per fare attività di opposizione contro il regime di Pyongyang è stato l’uso di filmati amatoriali. Il primo filmato conosciuto risale al 1998, quando il gruppo “Rescue the North Korea”, con sede in Giappone, fornì una videocamera a un rifugiato nordcoreano in Cina e lo mandò oltre il confine per filmare le condizioni di vita della popolazione nordcoreana. Il video che venne realizzato mostrava immagini strazianti di persone in strada e bambini in condizioni di vita al limite della sopravvivenza, mentre facevano accattonaggio.

Il 23 maggio 2005 il Los Angeles Times intervistò un cittadino nordcoreano, Park Dae Heung, a Bangkok, la capitale della Thailandia. Park si rifugiò in Thailandia dopo avere partecipato ad alcune attività di opposizione contro il regime di Kim Jong Il per conto della Lega Giovanile per la Libertà, l’unico movimento di opposizione degli ultimi dieci anni di cui si ha qualche riscontro sulla stampa occidentale. Gli attivisti accusavano Kim Jong Il di essere responsabile dell’estrema povertà del paese e di avere arrestato ingiustamente moltissimi dissidenti politici. Secondo quanto sapeva Park, la Lega Giovanile per la Libertà aveva dei propri piccoli gruppi in diverse città neordcoreane: Pyongyang, Chongjin, Kaesong, Musa e Nampo.

Park divenne molto conosciuto grazie a un video amatoriale con bassissima risoluzione girato nel 2005 e trasmesso dai media del Giappone e della Corea del Sud. Questo materiale era stato contrabbandato fuori della Corea del Nord tramite il confine cinese grazie ad alcuni attivisti dell’associazione “Coalition for Human Rights of Abductees and North Korean Refugees“, con base a Seul. Il video mostrava Heung che, con mani tremanti, saliva sulle spalle di un compagno per raggiungere la parte inferiore di un ponte, nella città di Hoeryong, nel nord-est della Corea del Nord. Mentre un altro attivista stava di guardia, Park appendeva uno striscione con delle scritte in rosso che denunciavano il dittatore Kim Jong Il. Le immagini mostravano anche una fotografia ufficiale di Kim Jong Il imbrattata con dei graffiti.

Tutto doveva essere fatto con la massima segretezza, raccontò Park al Los Angeles Times, dicendo di non avere parlato della sua attività nemmeno alla moglie: «Se fossimo stati scoperti, saremmo morti tutti». Lui e i suoi compagni usavano le tecniche più svariate per comunicare di nascosto, come il passaggio di appunti e note messi in alcuni sacchi di patate.

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