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  • Lunedì 11 marzo 2013

Un imputato per lo stupro di gruppo di New Delhi è stato trovato morto

Secondo la polizia si è impiccato con delle lenzuola in carcere, ma la famiglia è convinta che sia stato ucciso

Indian policemen stand guard as an ambulance leaves the main entrance of Tihar Jail in New Delhi on March 11, 2013. The main accused in the fatal gang-rape of a student on a bus in New Delhi in December 2012, has reportedly been found hanged in jail on March 11, 2013, while in solitary confinement, prompting outrage from the victim's family. Ram Singh, one of six people on trial over the shocking attack, was found dead shortly before dawn after making a noose out of his clothing, according to officials at Delhi's top-security Tihar jail.bb AFP PHOTO/ MANAN VATSYAYANA (Photo credit should read MANAN VATSYAYANA/AFP/Getty Images)
Indian policemen stand guard as an ambulance leaves the main entrance of Tihar Jail in New Delhi on March 11, 2013. The main accused in the fatal gang-rape of a student on a bus in New Delhi in December 2012, has reportedly been found hanged in jail on March 11, 2013, while in solitary confinement, prompting outrage from the victim's family. Ram Singh, one of six people on trial over the shocking attack, was found dead shortly before dawn after making a noose out of his clothing, according to officials at Delhi's top-security Tihar jail.bb AFP PHOTO/ MANAN VATSYAYANA (Photo credit should read MANAN VATSYAYANA/AFP/Getty Images)

Lunedì 11 marzo Ram Singh, l’autista dell’autobus in cui lo scorso 16 dicembre a New Delhi una ragazza di 23 anni venne stuprata e ferita a morte da sei uomini, è stato trovato morto nella sua cella nel carcere di Tihar, a New Delhi. La polizia ha detto che Singh si è impiccato, ma il suo avvocato e la famiglia sostengono che sia stato ucciso. Singh aveva 33 anni ed era stato arrestato insieme ad altri cinque uomini, tra cui un minorenne.

Il portavoce del carcere, Sunil Gupta, ha detto a BBC che Singh si è apparentemente suicidato con una fune improvvisata fatta con le lenzuola verso le 5 di mattina, ora locale. Ha detto che è stata aperta un’indagine e che in giornata il corpo verrà sottoposto a un’autopsia. Gupta ha negato le voci, riportate soprattutto dai giornali indiani, secondo cui Singh, che divideva la cella con tre compagni, fosse sorvegliato perché si temeva potesse suicidarsi. L’avvocato di Singh, VK Anand, ha detto che «non c’erano circostanze che facessero pensare che si sarebbe suicidato. Era soddisfatto per come stava andando il processo, la stava prendendo bene». Anche il padre ha ribadito che il figlio non si è suicidato, e ha spiegato che aveva una grave ferita alla mano e che quindi non si sarebbe potuto impiccare da solo. Ha aggiunto che suo figlio era stato violentato in carcere da altri detenuti e che era stato ripetutamente minacciato dai compagni e dalle guardie carcerarie. Singh era sotto processo insieme ad altri quattro uomini – suo fratello Mukesh, Pawan Gupta, Vinay Sharma e Akshay Thakur – per 13 capi di accusa, tra cui omicidio, stupro di gruppo, sequestro di persona e distruzione di prove. Se condannati rischiano la pena di morte, mentre la pena massima per il minorenne è di tre anni in un riformatorio.

Lo stupro di gruppo a cui aveva partecipato Singh era diventato un caso in India, soprattutto per la brutalità con cui la ragazza era stata violentata e poi abbandonata per strada insieme a un amico, che aveva cercato inutilmente di proteggerla. La ragazza aveva riportato un trauma cranico, un arresto cardiaco, infezioni ai polmoni, all’addome e gravi danni cerebrali ed è morta il 29 dicembre in un ospedale a Singapore, dove era stata trasferita per curarla. La vicenda ha provocato manifestazioni di protesta in tutto il paese, ha portato all’approvazione di norme per garantire maggiore sicurezza e protezione alle donne, e ha aperto il dibattito sull’introduzione della pena di morte per chi commette uno stupro.

L’entrata principale del carcere di Tihar, a New Delhi, 11 marzo 2013 (MANAN VATSYAYANA/AFP/Getty Images)