Altri sette anni

Il paese ha bisogno della rielezione di Giorgio Napolitano a presidente della Repubblica, scrive oggi Ferruccio de Bortoli sul Corriere della Sera

Aggiornamento 11 marzo. Pasquale Cascella, portavoce di Giorgio Napolitano, ha ribadito su Twitter che il presidente della Repubblica non ha intenzione di essere rieletto a un secondo mandato, come aveva già spiegato perentoriamente tempo fa.

 

 

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Il paese ha «maledettamente bisogno di un punto fermo, un riferimento certo, un simbolo della sua unità», scrive oggi nel suo editoriale il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli. Per questo ci sarebbe bisogno di sottrarre l’elezione del Presidente della Repubblica al «gioco d’incastro fra candidature e veti» dei partiti e l’unico modo per farlo, dice de Bortoli, sarebbe garantire al presidente uscente un secondo mandato.

Nei prossimi giorni assisteremo, con emozione, alla fumata bianca dell’elezione del Papa, ma continueremo a essere tristemente avvolti nelle nuvole nere della politica italiana. Le tenui speranze di una soluzione sono tutte nelle mani del capo dello Stato, i cui poteri però si stanno di fatto lentamente esaurendo. Il 15 aprile la Costituzione prescrive che Camera e Senato si riuniscano in seduta comune, con i delegati regionali, per scegliere il successore di Napolitano il cui mandato scade il 15 maggio.

Il calendario è fitto di decisioni ravvicinate e sovrapposte che riguardano, dal 15 marzo, anche le presidenze di Montecitorio e di Palazzo Madama oltre all’incarico per la formazione del nuovo governo. Avremo nuovi presidenti, certamente autorevoli, ma in un quadro politico così incerto e fragile non è escluso che il loro prestigio e la loro credibilità possano essere messi a dura prova. La presidenza della Repubblica, che rappresenta l’unità nazionale ed è il più alto ruolo di garanzia costituzionale, non può essere esposta a un simile rischio e va sottratta ai prevedibili effetti di un grande gioco d’incastro fra candidature e veti. Il mandato del presidente, non a caso, è di sette anni, durata che i costituenti scelsero per non far coincidere, nel limite del possibile, il rinnovo del Quirinale con quello delle Camere.

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