“Curse you Red Baron!”

Chi è il nemico giurato di Snoopy pilota, nelle vignette dei Peanuts di questi giorni

di Davide Maria De Luca – @DM_Deluca

Una delle identità più frequenti che ogni tanto assume Snoopy – nelle vignette di questi giorni, ad esempio – è quella dell’asso della Prima guerra mondiale. Quando interpreta questo personaggio, Snoopy indossa un casco da pilota, occhialoni e una sciarpa rossa mentre la sua cuccia diventa un biplano da caccia: un Sopwith Camel, per la precisione. I suoi voli, però, sono sempre turbati da un nemico che non è mai mostrato nelle vignette, ma che viene molto spesso maledetto a gran voce da Snoopy: il pilota da caccia tedesco Manfred von Richthofen, meglio noto come il Barone Rosso.

Charles Schultz partecipò di persona alle ultime fasi della Seconda guerra Mondiale, anche se non ebbe quasi mai occasione di partecipare a uno scontro – l’unica volta in cui si trovò ad usare la sua mitragliatrice, disse, si era dimenticato di caricarla: il che fu una fortuna, visto che il soldato tedesco a cui mirava si arrese immediatamente. Schultz era un appassionato di aviazione e fu sempre un sostenitore entusiasta dei viaggi spaziali, tanto che “Charlie Brown” venne scelto come nome per il modulo dell’Apollo 10 (che orbitò intorno alla Luna, ma non scese sulla superficie).

L’aeroporto di Sonoma County, in California, vicino a Santa Rosa, prende il nome da Charles M. Schultz, che lavorò e visse più 30 di anni nella città. Il simbolo dell’aeroporto (bene in vista sul sito ufficiale) è proprio Snoopy, con il casco e gli occhialoni mentre sulla sua cuccia immagina di essere a bordo di un Sopwith Camel alla caccia del Barone Rosso.

E veniamo, appunto, a Manfred von Richthofen, che è un personaggio realmente esistito: con 80 abbattimenti di aerei nemici è stato il più grande asso dell’aviazione nella Prima guerra mondiale. Ma il Barone Rosso non deve la sua fama soltanto alle vittorie: Richthofen era giovane, nobile, aveva un bell’aspetto e con il tempo si rivelò non solo un ottimo pilota, ma anche un buon comandante e un tattico esperto. Quando cominciò a volare aveva 23 anni e quando venne ucciso in un duello aereo ne aveva appena 26.

La storia di come conquistò il suo soprannome sembra essere di quelle uscite da un film (e infatti su di lui ne sono stati fatti due, nel 1971 e nel 2008): Richthofen passò i primi anni della guerra nella cavalleria e poi nei servizi logistici, entrambe specialità che non lo portarono mai a contatto con il nemico. Per avere un po’ di azione, nel 1915 si trasferì in aviazione e cominciò a volare nel 1916. Il capo del suo squadrone era il più famoso asso dell’epoca, Oswald Boelcke, l’uomo che aveva praticamente inventato i duelli aerei. Sotto la sua guida, Ricthofen divenne un pilota sempre più esperto fino a che cominciò ad avere un buon numero di abbattimenti, tra cui anche quello di un asso inglese, il maggiore Lanoe Hawker.

Boelcke morì nell’ottobre del 1916, a causa di uno scontro in volo con un altro aereo, proprio davanti agli occhi di Richthofen. Boelcke aveva dipinto la punta del suo aereo di rosso e, in parte per onorarlo, Richthofen decise di dipingere gran parte del suo aeroplano di un rosso brillante. Ma c’era anche un altro motivo per quella scelta: il rosso era il colore più visibile sia in cielo che da terra e Richthofen, che era già uno dei piloti migliori dell’aviazione, ma con un numero di vittorie comparabile a quello di molti altri, voleva che fosse facile distinguerlo anche a grande distanza.

La voglia di Richthofen di primeggiare e di farsi notare non era insolita nei piloti da caccia della Prima guerra mondiale. I reggimenti di aviazione altro non erano che i vecchi reggimenti di cavalleria, a cui ai cavalli erano stati sostituiti gli aerei. Quasi sempre per i piloti da caccia era un punto d’onore mantenere in vita questa tradizione cavalleresca. Nel primo scontro aereo della storia, ad esempio, i due piloti si spararono con le loro pistole da ufficiali (all’epoca, agosto 1914, gli aerei non erano ancora armati) e quando terminarono le munizioni tornarono ad avvicinare i due aerei, si salutarono e tornarono entrambi alle loro linee.

Altre volte i piloti lanciavano corone funebri per onorare un avversario appena abbattuto, mentre colpire un aereo costretto all’atterraggio era considerato un gesto inqualificabile. Più o meno da entrambi i lati del fronte i piloti erano chiamati i “cavalieri dell’aria” e spesso i duelli aerei causavano pause nei combattimenti a terra, perché tutti i soldati alzavano lo sguardo per osservare le evoluzioni degli aeroplani.

Lo spirito cavalleresco imponeva, oltre al rispetto dell’avversario, anche una giusta celebrazione delle proprio vittorie. Il Barone Rosso, ad esempio faceva, fondere delle piccole coppe d’argento da un orafo berlinese per ogni vittoria. Sulla coppa faceva incidere la data dell’abbattimento e il tipo di aereo abbattuto. Un giorno, dopo che diverse vittorie non gli furono attribuite dal comando visto che non c’erano testimoni a confermarle, atterrò con il suo aereo sul campo dove era precipitato l’aereo abbattuto, ne staccò l’elica e la portò al comando per dimostrare la sua vittoria.

Nel gennaio del 1917, Richthofen era ormai noto come il Barone Rosso. Il suo primo aereo completamente rosso fu un Albatross DIII, mentre non volò molto sul triplano Fokker che in genere viene associato alla sua immagine: soltanto 12 dei suoi 80 abbattimenti confermati furono fatti con il triplano – le tre ali gli permettevano di acquistare quota molto rapidamente, ma aveva diversi difetti di fabbrica, non era molto veloce ed era meno maneggevole di altri aerei.

Nel corso del 1917, a 24 anni, Barone Rosso divenne il comandante del suo squadrone, il Jasta 11, composto da un trentina di piloti tra cui i migliori assi dell’aviazione tedesca. In poco tempo divennero famosi tra gli alleati come il Flying Circus: in parte perché tutti gli aerei avevano adottato una colorazione brillante simile a quella di Richthofen e in parte per l’abilità e la spericolatezza delle manovre che compivano – i campioni di acrobazie erano Werner Voss e Lothar Richthofen, il fratello di Manfred, mentre lo stesso Barone Rosso era un pilota piuttosto prudente, noto soprattutto per la precisione con la quale sparava.

Il 21 aprile 1918 Richthofen aveva oramai ottenuto 80 vittorie confermate e circa altre 40 non confermate. Quel giorno si era staccato dal gruppo principale della sua squadriglia per inseguire, volando molto basso sul terreno, l’aereo di una giovane recluta canadese. Durante l’inseguimento i due sorvolarono le linee alleate. Circa in quel momento, dall’alto, l’aereo di Ricthofen venne attaccato da un altro pilota, il canadese Arthur Brown. Richthofen evitò l’attacco con una virata e tornò a inseguire il primo aereo per circa due minuti. Ma nel frattempo era stato colpito. L’esercito inglese attribuì la vittoria a Brown, ma studi successivi hanno dimostrato che quasi certamente il colpo che lo uccise era partito da terra.

In quegli ultimi istanti di vita, il Barone Rosso riuscì a concludere un atterraggio controllato subito dietro le linee alleate. Gli inglesi che lo raggiunsero dissero successivamente che lo trovarono ancora vivo. Un medico riferì che le sue ultime parole furono: «Kaputt». Una settimana dopo avrebbe compiuto 26 anni. Il 22 aprile i membri dello squadrone che aveva rivendicato l’abbattimento tennero un solenne funerale e gli ufficiali fecero da guardia d’onore alla sua bara. Sulla tomba posero una placca su cui era incisa la scritta To Our Gallant and Worthy Foe, “al nostro valoroso e degno avversario”.