Perché l’influenza viene d’inverno?

Secondo una recente ricerca scientifica c'entrano l'umidità, il riscaldamento e lo stare molte ore al chiuso

Tra la fine di gennaio e i primi giorni di febbraio l’influenza stagionale dovrebbe raggiungere il proprio picco anche in Italia, dove si stima che stiano contraendo il virus decine di migliaia di persone ogni giorno. Mentre in Europa l’andamento della malattia procede nella media rispetto agli scorsi anni, negli Stati Uniti l’epidemia di influenza stagionale ha raggiunto picchi notevoli e secondo le autorità sanitarie è la peggiore degli ultimi quattro anni. È iniziata con qualche settimana di anticipo, cogliendo impreparati alcuni Stati, ed è ora molto diffusa e ha riguardato (o sta interessando) decine di milioni di persone.

A parte i casi con complicazioni per le persone a rischio, l’influenza stagionale non è nulla di così grave, ma per tenerne sotto controllo i sintomi e ridurne la diffusione vengono spese ogni anno risorse economiche enormi e difficili da quantificare nel loro complesso. Anche per questo motivo i ricercatori studiano da anni l’andamento dell’influenza stagionale per comprenderne meglio i meccanismi di diffusione e per rispondere, in modo definitivo, a una domanda che si fanno da un sacco di tempo: perché ci si ammala di influenza nel periodo invernale?

La risposta più semplice e intuitiva è perché nella stagione invernale fa più freddo. È naturalmente vero, ma a oggi nessuno studio scientifico ha dimostrato in maniera incontrovertibile che il semplice freddo riduca le nostre difese immunitarie aprendo la strada ai virus influenzali. Un altro filone di ricerche, più promettente, si è invece occupato di studiare quale ruolo abbiano i livelli di umidità nella trasmissione dell’influenza. Nello specifico, un recente studio statunitense condotto da Linsey C. Marr insieme con altri collaboratori del Virginia Tech, ha dimostrato che la diffusione dell’influenza dipende più dalle condizioni degli ambienti interni che da quelli esterni.

Marr spiega nel suo studio, pubblicato a ottobre 2012 sulla rivista scientifica PLOS One, che i virus dell’influenza mantengono meglio le loro caratteristiche nel muco umano. I ricercatori hanno utilizzato del muco, gentilmente donato dal figlio di un mese di Marr, e vi hanno inserito i virus influenzali. Hanno realizzato diversi campioni di questo tipo e poi li hanno esposti all’aria in ambienti con diversi gradi di umidità.

Con questo sistema, i ricercatori hanno scoperto che i virus sopravvivono meglio con un livello di umidità inferiore al 50 per cento, cioè simile a quello che si trova di solito negli ambienti chiusi durante il periodo invernale. La scarsa umidità fa sì che il muco evapori e che i virus possano essere trasportati più facilmente dall’aria. I virus influenzali se la cavano molto bene anche con umidità al di sopra del 98 per cento, cosa che non si verifica certo nelle abitazioni e negli uffici in inverno, ma che è invece tipica dei climi tropicali durante le stagioni piovose. Il virus in quelle condizioni prolifera e si diffonde perché ritrova sostanzialmente all’esterno le condizioni ambientali che trova nel nostro organismo.

I virus influenzali, spiega Marr, hanno invece difficoltà a conservarsi e diffondersi in ambienti in cui l’umidità è compresa tra il 50 e il 98 per cento. Anche per questo motivo in primavera, estate e buona parte dell’autunno il virus influenzale è molto meno diffuso: gli edifici non hanno il riscaldamento acceso e i livelli di umidità (poi molto dipende dalle latitudini) oscillano di norma tra il 50 e il 70 per cento. Quando invece l’aria viene scaldata artificialmente e di conseguenza è più secca i virus influenzali si diffondono con molta più facilità. In una stanza con il riscaldamento tra i 20 e i 26 °C d’inverno fanno praticamente festa.

Naturalmente, ricorda Marr, le cause della diffusione dell’influenza non sono dovute solamente al livelli di umidità. La malattia è un enorme puzzle in cui ogni tassello contribuisce al suo successo, che dura da milioni di anni. Non esiste un solo virus dell’influenza, ma diversi tipi che a loro volta mutano ogni anno, cosa che mette ciclicamente alla prova il nostro sistema immunitario, che impara a essere immune a un virus che l’anno dopo sarà comunque mutato.

Per ridurre le probabilità di prendersi l’influenza, oltre alla regolazione dell’umidità nelle stanze, è consigliabile seguire le classiche raccomandazioni: cambiare spesso l’aria negli ambienti chiusi in cui ci si trova con altre persone (è più probabile che ci si ammali per l’aria viziata che per quella fredda che arriva da fuori), evitare il contatto diretto con chi ha l’influenza, lavarsi di frequente le mani ed evitare di mettersele in faccia troppo spesso, a casa non usare gli stessi asciugamani e oggetti di chi è malato, fare per tempo il vaccino antinfluenzale se si rientra nelle categorie delle persone più a rischio. Chi è malato può rendersi meno contagioso, diciamo, tossendo e starnutendo coprendosi la bocca con la piega del gomito (fossa cubitale) e non con le mani, e può indossare mascherine di stoffa per evitare la diffusione per via aerea della malattia.